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Category: Agricoltura

FiBL e IFOAM presentano al BioFach le ultime statistiche in materia di agricoltura biologica nel mondo

L’Istituto di ricerca dell’agricoltura biologica (FiBL) e l’IFOAM hanno presentato al Biofach di Norimberga, conclusosi sabato scorso 16 febbraio,  le ultime statistiche in materia di agricoltura biologica nel mondo. Il 2012 è stato un anno molto importante per il biologico, come dimostrato dalla crescita costante del settore. Per la prima volta infatti è stata superata quota 60 miliardi di dollari totali per quanto riguarda le vendite di biologico a livello internazionale.

Secondo i dati FiBL-IFOAM, l’agricoltura biologica oggi coinvolge circa  1,8 milioni di agricoltori in 162 paesi interessando oltre 37 milioni di ettari di terreni agricoli in tutto il mondo (dato riferito al 2011). Il mercato globale degli alimenti biologici raggiunge oggi la ragguardevole cifra di 62,9 miliardi di dollari, equivalente a circa 45 miliardi di euro, con un incremento di 4 miliardi di dollari rispetto a quanto fatto registrare per il 2010.

Secondo le rilevazioni della società di ricerche di mercato Organic Monitor, il mercato principale è rappresentato dagli Stati Uniti, con 21 miliardi di euro. In Europa, dove sono stati spesi oltre 21,5 miliardi di euro in prodotti bio nel corso del 2012, la Germania detiene il primato di mercato più attento alle produzioni biologiche con vendite pari a 6.6 miliardi di euro, seguita dalla Francia (3,8 miliardi di euro). I paesi con la più alta spesa annuale pro capite sono stati la Svizzera e la Danimarca con più di 160 euro pro-capite.

Passando dai consumatori ai produttori, circa l’80 per cento degli 1,8 milioni di aziende agricole (salite in un anno  dai precedenti 1,6 milioni) sono situate in paesi in via di sviluppo. Come negli anni precedenti, i paesi con il maggior numero di produttori restano l’India (547.591), l’Uganda (188.625), il Messico (169.570) e la Tanzania (145.430), dati questi che rispecchiano quanto riportato in un altro autorevole studio pubblicato recentemente sul bio, il rapporto del Worldwatch Institute intitolato “Organic Agriculture Contributes to Sustainable Food Security” sul quale abbiamo scritto in un altro articolo nella nostra NL.

Dal punto di vista terreni agricoli, alla fine del 2011 erano coltivati secondo il metodo biologico un totale di 37,2 milioni di ettari. La crescita più significativa è avvenuta in Asia, con un aumento di quasi 1 milione di ettari, portando il totale delle coltivazioni biologiche in questa parte del mondo a 3,7 milioni di ettari (+34%  rispetto all’anno precedente). In Europa, campi agricoli bio sono cresciuti  di 0,6 milioni di ettari (+6 per cento): oggi ben 10,6 milioni di ettari sono ora biologici. Su scala globale, i  paesi con i più alti tassi di crescita sono stati la Cina (+510.000 ettari), l’India (+304.266 ettari) e la Spagna (+165.226 ettari).

Un terzo di tutti i terreni bio del mondo si trova è in Oceania (3%), seguita dall’Europa (2%), e dall’America Latina (1%). L’Australia è il paese con la più grande area agricola biologica (12 milioni di ettari, con il 97% di questa superficie utilizzata come pascolo), seguita da Argentina (3,8 milioni di ettari) e dagli Stati Uniti d’America (1,9 milioni di ettari). I paesi con la maggiore quota di terreni bio sul totale dei terreni agricoli sono le Isole Falkland (36%), seguite dal Liechtenstein (29%) e dall’Austria (20 per cento). In ben dieci paesi del mondo la quota di terreni bio è superiore al 10% del totale.

Queste cifre dimostrano che nei paesi in cui l’agricoltura biologica è istituzionalmente ben integrata, vi è una crescita costante del mercato e un’espansione continua delle superfici coltivate a biologico. Questo è particolarmente evidente nel caso dell’Europa, dove molti paesi forniscono una vasta gamma di misure di sostegno al biologico quali  pagamenti diretti, servizi di consulenza, ricerca e azioni mirate di marketing.

I dati qui brevemente riassunti sono stati presentati per il quattordicesimo anno consecutivo al BioFach. Il testo “Il mondo dell’agricoltura biologica in tutto il mondo”, realizzato in collaborazione tra FiBL e IFOAM, contiene relazioni e contributi a cura di  esperti nel settore biologico e riporta i trend emergenti nel settore. Il volume inoltre fornisce specifiche le informazioni sugli aspetti normativi e legislativi. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.organic-world.net.

Fonte: IFOAM, FiBL, Organic World

Il nuovo rapporto del Worldwatch Institute sull’agricoltura biologica

Si intitola “Organic Agriculture Contributes to Sustainable Food Security” l’ultimo rapporto del Worldwatch Institute dedicato all’agricoltura biologica nel mondo e all’impatto di queste pratiche sull’ambiente e la sicurezza alimentare.

Secondo le due autrici, Catherine Ward e Laura Reynolds, nel 2010 l’agricoltura biologica ha riguardato poco meno dell’1% dei terreni agricoli del Pianeta: una percentuale ancora modesta, ma in forte crescita, se si pensa che dal 1999 al 2010 la superficie coltivata a bio è più che triplicata.

Lo studio pone l’accento sull’importanza dell’agricoltura biologica rispetto a due temi fondamentali quali la tutela dell’ambiente e la sicurezza alimentare. Secondo quanto riporta il lavoro delle due ricercatrici, infatti, “l’agricoltura biologica ha il potenziale per contribuire alla sicurezza alimentare sostenibile, migliorando l’assunzione di nutrienti e sostenendo le condizioni di vita nelle zone rurali, riducendo la vulnerabilità al cambiamento climatico e migliorando la biodiversità”.

Molto significativo anche l’impatto del bio per quanto riguarda i consumi energetici: “l’agricoltura biologica – continua infatti lo studio – utilizza fino al 50% in meno di energia da combustibili fossili rispetto all’agricoltura convenzionale e le pratiche comuni, tra le quali la rotazione, l’applicazione di concime ai campi vuoti, e il mantenimento di arbusti perenni ed alberi nelle aziende agricole, stabilizzano anche i suoli e migliorano  la ritenzione idrica. In media, le aziende biologiche hanno il 30% in più di biodiversità, compresi gli uccelli, insetti e piante, di quel che hanno le aziende agricole convenzionali”.

Molto positivi anche i trand internazionali in termini normativi: nel 2010 infatti erano ben 84 i Paesidel mondo che si erano dotati di precisi regolamenti per il settore, ben 10 in più rispetto al 2009. Un dato ancora più rilevante se si considera che la stragrande maggioranza degli agricoltori bio certificati vive nei paesi in via di sviluppo. In cima a questa speciale classifica l’India, con oltre 400.000 agricoltori, seguita dall’Uganda (con oltre 188.000) e dal messico (con oltre 128.000 agricoltori bio). A questi dati poi sono da aggiungere tutti quegli agricoltori non certificati che praticano quotidianamente un’agricoltura sostanzialmente bio (benché non ancora certificata), rappresentati da indigeni, contadini e piccole o piccolissime aziende agricole a conduzione familiare, impegnati sia nell’agricoltura di sussistenza che nelle produzioni legate ai mercati locali.

A livello globale, in realtà, tra il 2009 e il 2010 si è assistito ad una piccola flessione del bio mondiale, calato di circa lo 0,1% complessivo, particolarmente in India e Cina, solo in parte compensate da un ulteriore aumento dei terreni biologici in Europa. Su scala planetaria, l’Australia con 12,1 milioni di ettari resta il continente con la maggiore estensione di terre coltivate secondo il metodo biologico, seguita dall’Europa con 10 milioni di ettari e dall’America Latina con 8,4 milioni. I paesi con il maggior numero di produttori bio certificati nel 2010 sono stati l’India (400.551 agricoltori), l’Uganda (188.625), e il Messico (128.826). Ma l’agricoltura biologica non certificata nei Paesi in via di sviluppo è sistematicamente praticata ogni giorno da milioni di indigeni, contadini e piccole aziende agricole familiari, sia per la sussistenza che per il commercio locale. L’Africa da sola detiene circa il 3% di tutti i terreni certificati bio del mondo, con circa 1 milione di ettari certificati, mentre l’Asia, con 2,8 milioni di ettari, copre il 7% del bio mondiale. Più indietro gli Usa, che ancora segnano il passo rispetto ad una produzione agricola biologica, ma considerando invece le vendite, quella Made in USA risulta una delle più floride in assoluto, con 31,5 miliardi di dollari di fatturato ed una crescita del 9,5% nel corso del 2011, che fa del bio uno dei settori in maggiore crescita anche oltre oceano, a conferma del fatto che in America, come in Europa, i settore del biologico non risente affatto della diffusa crisi economica.

Spiega Laura Reynolds, una delle due autrici nonché ricercatrice presso il Food and agriculture program del Worldwatc: “Anche se l’agricoltura biologica produce spesso un calo dei rendimenti del terreno coltivato di recente in modo convenzionale, è possibile superare le  pratiche tradizionali, specialmente nei periodi di siccità, quando la terra viene coltivata più a lungo in modo biologico. Le pratiche agricole convenzionali spesso degradano l’ambiente sia a lungo termine che a breve, attraverso l’erosione del suolo, l’ eccessiva estrazione di acqua e la perdita di biodiversità”.

Fonte: Sinab, Greenreport

Assosementi: forti preoccupazioni per il vuoto normativo riguardo la certificazione delle sementi

Toni preoccupati quelli espressi da Paolo Marchesini, presidente di Assosementi, l’associazione che riunisce e rappresenta a livello nazionale l’industria sementiera. Secondo quanto si legge in un comunicato stampa dell’Associazione, infatti, a preoccupare è in particolare “il vuoto normativo lasciato dal ministero dell’agricoltura, che in questo settore mette seriamente a repentaglio la tracciabilità e il controllo delle produzioni agroalimentari». In questo modo, continua la nota di Assosementi, “è concreto il rischio che si ripresentino ritardi e disguidi nella certificazione ufficiale delle sementi, dopo i problemi dello scorso autunno, in vista delle nuove semine in Italia”.

Secondo quanto previsto dalla legge, infatti, tutte le sementi delle principali colture agrarie devono essere certificate, e l’intero settore sta attendendo da oltre sei mesi i decreti attuativi del Mipaaf in materia di certificazione di qualità. Il problema è sorto inizialmente nel 2010, con il confluire dell’Ense, l’ Ente nazionale sementi elette, nell’Inran, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, in seguito abolito nell’estate del 2012 nell’ambito della celebre spending review. Con legge 228 del 24 dicembre 2012 la certificazione delle sementi è diventata competenza del Cra, il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, ma manca a tutt’oggi uno specifico assetto operativo. “I consumatori purtroppo ignorano che il seme certificato è il primo anello della filiera agroalimentare ed è il fulcro di un sistema produttivo orientato alla qualità, che viene garantita dall’alta germinabilità e dalla sanità del seme e dalla tracciabilità del raccolto – ha dichiarato Marchesini – Chiediamo che il ministro dell’agricoltura emani con la massima urgenza i previsti decreti attuativi con cui si chiariscano le procedure e le responsabilità del Cra nella certificazione di qualità delle sementi». L’assenza di indicazioni normative precise infatti mette pesantemente a rischio sia la tracciabilità delle produzioni che i controlli di filiera, con conseguenti problemi e danni potenziali non solo per gli agricoltori e le aziende sementiere, ma per l’intero sistema distributivo alimentare.

Fonte: Assosementi, Agrinotizie

Gli anfibi, vittime misconosciute dell’avvelenamento da pesticidi

Oltre alle api e alle falene, cui sono riservati sue brevi approfondimenti sul nostro sito, a certificare una volta di più i danni causati all’ambiente dai pesticidi sono questa volta gli anfibi, animali ben noti a tutti ma a tutt’oggi relativamente poco conosciuti e studiati. Secondo la prestigiosissima rivista Nature, che all’argomento ha dedicato uno specifico Scientific Report, i danni causati alla fase terrestre di questi animali (il cui ciclo vitale comprende almeno, come è noto, una fase larvale acquatica) sono decisamente ingenti. Autori del lavoro ricercatori svizzeri e tedeschi che hanno analizzato l’effetto di sette diversi pesticidi (4 fungicidi, 2 erbicidi e un insetticida)   sugli stadi giovanili della Rana comune europea (Rana tempora ria). Ebbene, utilizzando i prodotti secondo quanto prescritto dall’etichetta, la mortalità registrata è variata dal 100% dopo un’ora al 40% dopo sette giorni. Ovviamente, un effetto tanto drammatico sugli anfibi lascia presagire con ampi margini di ragionevolezza un effetto ancora più eclatante su vasta scala, al punto che i ricercatori arrivano ad ipotizzare che proprio l’esposizione ai pesticidi potrebbe essere la causa principale del grave declino di molte specie di rane, rospi e tritoni. Un nuovo elemento a supporto degli allarmi lanciati dagli studiosi e iniziati con gli studi sui neoncotinoidi e i loro effetti sugli insetti pronubi, e che potrebbe precludere a nuove, più efficienti forme di tutela di questi animali e di restrizione nell’uso incontrollato di pesticidi e più in generale nell’adozione di politiche e strategie più sostenibili in campo agricolo e ambientale. Un ulteriore elemento a supporto di quanti, come Suolo e Salute, hanno scelto un’agricoltura biologica, sostenibile, in cui non sia contemplato l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi. Lo studio è consultabile a questo indirizzo.

Fonte: AIAB, Nature

Cinipede del castagno, il programma 2013 in fase di elaborazione

Il Ministero delle Politiche Agricole e le Regioni stanno congiuntamente lavorando al programma 2013 per la lotta al cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus), noto anche come vespa del castagno. L’insetto, un imenottero di origine orientale, è considerato il più nocivo insetto fitofago al mondo, a causa del rapidissimo deperimento subito dalle piante attaccate, colpite in particolare a livello di germogli e foglie in conseguenza della comparsa di galle da cui il nome comune dell’insetto. Contro il cinipede, molto pericoloso soprattutto per i castagneti da frutto, il programma in fase di elaborazione prevede una specifica azione di lotta biologica attraverso l’utilizzo del parassotoide Torymus sinensis, antagonista naturale del cinipide, il cui uso ha dato risultati incoraggianti anche in Giappone. Già nel corso del 2012 la lotta al cinipede si è concretizzata nella realizzazione di 15 centri di moltiplicazione del Torymus (anch’esso appartenente all’ordine degli Imenotteri) e di oltre 130 lanci mirati a tutela dei castagneti.

Fonte: Coldiretti

Seguimi, io non spreco. Al via la campagna RuraLand destinata ai giovani

RuraLand. Una finestra sul mondo rurale” è la campagna di comunicazione della Rete rurale nazionale, espressione dell’impegno che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha voluto assumere per rafforzare il rapporto tra agricoltura e società, tra istituzioni e strutture educative sul territorio (mondo scolastico e università). Nata nel 2011 come campagna di comunicazione coordinata e integrata promossa dalla Rete rurale, RuraLand raccoglie cinque distinte iniziative destinate a bambini e ragazzi di diverse fasce di età a partire dai 3 anni.

In particolare RuraLand costituisce un progetto promosso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nato con l’intento di raccontare ai giovani il territorio rurale e sensibilizzarli sul tema della tutela del paesaggio e del patrimonio agricolo e forestale, con l’obiettivo di fornire strumenti, spunti e conoscenze in grado di contribuire a sviluppare comportamenti di responsabilità nei confronti dell’ambiente e del territorio.

Su questo solco si inserisce il concorso “Seguimi, io non spreco. La tua immagine per un futuro sostenibile”, che intende sensibilizzare i più giovani sul tema dello spreco in generale, a cominciare da quello delle risorse naturali, dell’energia, della biodiversità. I partecipanti avranno il compito di declinare il tema dello spreco riferendosi ai quattro obiettivi cardine dello Sviluppo Rurale: gestione corretta delle risorse idriche, tutela della biodiversità, risparmio energetico, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Per farlo, potranno scegliere la forma della fotografia o del disegno, che riporti il logo della campagna RuraLand, l’uomo-albero (scaricabile dal sito www.ruraland4.it).

Al concorso può partecipare chiunque non abbia compiuto ancora 40 anni alla scadenza del bando, fissata per il 15 aprile 2013. Per partecipare, è sufficiente accedere all’area riservata all’iniziativa “Premio RuraLand” sul sito web www.ruraland4.it. Ogni partecipante potrà presentare un unico elaborato in formato jpg. A ricevere il premio saranno le prime otto immagini classificate per ciascuna delle due categorie del concorso,  giovani (dai 18 anni in su) e giovanissimi (under 18). La cerimonia di assegnazione dei premi è prevista entro la fine del prossimo mese di maggio. Il testo completo del bando ed i relativi allegati sono scaricabili all’indirizzo www.ruraland4.it. Per ulteriori eventuali chiarimenti a proposito del bando, è possibile scrivere all’indirizzo email ruraland@mpaaf.gov.it.

Fonte: Rete Rurale, FederBio