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Category: Agricoltura

I pesticidi in agricoltura: dossier di Legambiente sull’Emilia Romagna

I pesticidi in agricoltura: dossier di Legambiente sull’Emilia Romagna

Infuria il dibattito in Europa sul rinnovo all’autorizzazione per l’impiego del glifosato. E nel frattempo sempre più cittadini scelgono il bio per la propria alimentazione. Malgrado ciò, i pesticidi in agricoltura sono ancora oggi considerati imprescindibili per un sistema produttivo efficiente.

Ma quali sono i loro effetti, sulla salute umana e sui suoli agricoli? Esistono delle alternative e quali sono?

A queste domande risponde un seminario di Legambiente.

I pesticidi in agricoltura: il dossier Legambiente

Si è svolto ieri mattina nella Sala Silentium di vicolo Bolognetti a Bologna il seminario di Legambiente intitolato “Pesticidi nell’ambiente, quali effetti, quali sistemi di monitoraggio, quali pratiche agricole”. Durante l’evento sono intervenuti esperti in materia, azienda agricole che mettono in atto best practice sostenibili e senza pesticidi, rappresentanti istituzionali che hanno deciso di mettere al bando sostanze come il glifosato, tra cui Guido Spinelli e Michelle Mazzetti dell’ARPA Toscana, regione dove l’erbicida è stato di recente messo al bando.

Tra gli interventi più interessanti, anche se poco confortanti, la presentazione da parte di Legambiente Emilia Romagna del dossier che mette in luce la presenza e gli effetti dei pesticidi nella regione.

L’indagine ha raccolto i dati ufficiali 2015-2016 sulla qualità delle acque superficialie sul consumo di pesticidi in agricoltura. Legambiente conclude che “la presenza dei pesticidi nelle acque è ubiquitaria, con mix di decine di sostanze contemporaneamente che permangono molto a lungo nell’ambiente”.

In particolare, nel dossier vengono individuate criticità in specifiche località: Bologna, Parma, Piacenza, Ravenna e Ferrara le aree più colpite. Legambiente passa quindi a elencare i corsi d’acqua dove sono stati registrati superamenti dei limiti di legge della media annua di concentrazione dei pesticidi totali: Torrente Sillaro (BO), il Cavo Sissa Abate (PR) e Po di Primaro (FE). Anomalie sono state riscontrate anche al Torrente Arda (PC), al Canale Destra Reno (RA) e in altri corsi d’acqua a Ferrara e Ravenna. Questo se prendiamo in esame il 2016.

Per il 2015, invece, i punti di attenzione sono:

  • Canale Emissario (MO)
  • Cavo Parmigiana-Moglia (MO)
  • Torrente Samoggia (BO)
  • Canale circondariale gramigne Fosse a Comacchio (FE)
  • Canale Lorganaad Argenta (FE).

I pesticidi in agricoltura impiegati in Emilia Romagna

L’analisi di Legambiente si sofferma poi sulla quantità di pesticidi impiegati in agricoltura, nella Regione. Se la media nazionale delle vendite di sostanze per ettaro di SAU (Superficie Agricola Utilizzata) è pari a 4,6 kg/ettaro, in Emilia Romagna si registrano dati nettamente al di sopra: 7,6 kg/ettaro (annualità 2014).

La buona notizia è che l’utilizzo della chimica in agricoltura è comunque in calo. La sostanza attiva, a livello regionale, è diminuita di circa il 20% dai primi anni 2000, in concomitanza con una riduzione nazionale. Crescono al contempo le superfici bio, in aumento del 44% tra il 2013 e il 2017, per un totale di 11,3% sulla SAU.

Il report è stato inoltre incentrato sulla quantità di sostanze rilevate. Nel biennio considerato, sono stati più di 60 i principi chimici individuati nelle analisi. Almeno una di tali sostanze è stata rilevata, almeno una volta, nel 90% delle centraline di monitoraggio. Sui due anni analizzati, i campioni in cui si riscontrano prodotti fitosanitari sono stati tra il 53 e il 56% del totale.

Malgrado il dato sia preoccupante di per sé, fa riflettere che non tutti gli erbicidi e i pesticidi usati in agricoltura siano monitorati. Manca, per esempio, “un’indagine sistematica sul Glifosato”, scrive Legambiente.

Le centraline hanno individuato anche sostanze proibite da diversi anni: nel 2016, per esempio, sono state rinvenute tracce di Atrazina (bandita dal 2004) e di Diuron (proibito nel 2007). Dato che “richiederebbe una forte attenzione rispetto agli effetti che l’uso di queste sostanze possono avere nel lungo termine: segnala che le sostanze in uso oggi potrebbero avere effetti anche a lungo termine sulla salute”.

Le conseguenze dei pesticidi su terreni e api

Ultimi dati rivelati, non per importanza: gli effetti a lungo termine che i pesticidi in agricoltura hanno sui terreni e sulla popolazione degli insetti impollinatori. Nel dossier, infatti, apprendiamo che il 50% dei terreni pianeggianti regionali “ha un contenuto di sostanza organica inferiore al 2%” e sono quindi a rischio desertificazione. Conseguenza, spiegano da Legambiente, di “un modello agricolo fortemente legato alla chimica di sintesi e poco attento alla conservazione delle caratteristiche biofisiche del terreno”.

Per quanto riguarda le api, i dati rivelati sinora sono ancora parziali. Le analisi condotte da CONAPI e riportati nel dossier riguardano un primo stralcio, che sarà ampliato successivamente.

In ogni caso, le notizie non sono ottimiste:

«Le analisi – leggiamo –evidenzianoconcentrazioni di pesticidi elevati sui campioni di api, con valori Imidacloprid fino a 0,77 mg/kg riscontrate a Carpi».

Imidacloprid, uno degli insetticidi nicotinoidi, considerati tra i più pericolosi per gli insetti impollinatori.

I pesticidi in agricoltura: quali alternative

Alla luce dei dati raccolti, Legambiente propone anche una serie di misure per fronteggiare la crisi ambientale in corso. “È necessario – scrivono dall’associazione – puntare sempre più su pratiche agricole meno impattanti”.

Durante l’evento sono state indicate due linee d’azione:

  • Diffusione di pratiche agricole e di gestione del verde alternative e sostenibili;
  • Applicazione di un sistema di monitoraggio sempre più puntuale di tali sostanze nell’ambiente e approfondimentodei loro effetti reali.

In particolare, Legambiente propone l’aumento della quota di superficie coltivata con metodo biologico. “O comunque promuovendo forme locali di agricoltura che non impoveriscono il suolo e fanno a meno della chimica”, spiegano gli attivisti.

Per l’Emilia Romagna, tale strategia deve tradursi nel “100% di agricoltura biologica nel medio periodo, con un passaggio intermedio al 20% entro il 2020”. Uno sforzo che, oltre a essere agito dalle istituzioni regionali, dovrebbe partire “anche dal mondo dell’agroalimentare e in particolare dalle filiere di qualità”.

Un ruolo centrale, in questo senso, è affidato al Psr, che per l’Emilia Romagna può contare su 1,2 miliardi di euro. Fondi che serviranno per contribuire direttamente agli agricoltori bio, ma anche per offrire loro assistenza tecnica e formazione sui metodi di agricoltura biologica.

Legambiente chiede infine una stretta sull’erbicida glifosato:

«Per quanto riguarda il Glifosato è necessario arrivare ad una sospensione del pesticida a tutti i livelli come misura cautelativa per la salute pubblica, ed evitare di incentivarne l’uso attraverso i PSR.Chiediamo inoltre un’analisi specifica sul Glifosato».

FONTI:

https://www.legambiente.emiliaromagna.it/2017/11/02/dossier-pesticidi-emilia-romagna/

http://www.feder.bio/agenda.php?nid=1244

http://www.feder.bio/files/2055.pdf

http://www.suoloesalute.it/anche-la-toscana-verso-lo-stop-al-glifosato/

Horizon 2020: pronto un miliardo di euro per l’agricoltura

Horizon 2020: pronto un miliardo di euro per l’agricoltura

Uno sforzo senza precedenti per mettere gli agricoltori alla guida dell’innovazione”. Con queste parole, il commissario all’agricoltura Phil Hogan ha descritto le nuove call di Horizon 2020 che prevedono uno stanziamento complessivo di circa un miliardo di euro.

L’obiettivo della misura è di promuovere l’innovazione del comparto agricolo, in direzione di una maggiore sostenibilità ambientale, coinvolgendo in particolar modo gli imprenditori più giovani. Ecco in cosa consistono le nuove call.

Horizon 2020 e agricoltura: gli obiettivi

Gli obiettivi del programma Horizon si rifanno all’approccio strategico di lungo periodo, approvato dall’Ue nel 2016, nell’ambito della ricerca e dell’innovazione in agricoltura. Tra le priorità qui indicate, troviamo:

  • Protezione dell’ecosistema
  • Nutrimento del suolo
  • Valorizzazione delle risorse genetiche
  • Adattamento al climate change

I progetti finanziati avranno inoltre il fine di lanciare la prossima generazione di attori rurali, affinché siano meglio connessi, più green e più predisposti alla circolarità dell’economia.Attraverso i finanziamenti, l’Ue intende rendereil settore agricolo più smart, più resiliente e maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale.

Horizon 2020: sostenibilità e trasformazione digitale

Come accennato, il programma europeo Horizon 2020 mette sul tavolo circa un miliardo di euro per agricoltura e aree rurali nel triennio 2018-2020. I fondi sono ripartiti in due macro-aree.

La maggior parte, circa 753 milioni, arriveranno nell’ambito della call su Food security e sostenibilità ambientale. Le principali linee di intervento in tal senso saranno costituite da:

  • 112 milioni per interventi dedicati alla cooperazione internazionale con Cina e Africa, sempre nell’ambito agricolo;
  • 75 milioni per progetti di ricerca per la gestione dei suoli;
  • 45 milioni per progetti riguardanti la mitigazione dei cambiamenti climatici.

La seconda macro-area d’interesse riguarderà invece gli investimenti per rendere le aree rurali più giovani, più smart, più green e maggiormente inclini alla circolarità. Per tale ambito, che prende il nome di RUR (ruralrenaissance, rinascimento rurale), il programma Horizon 2020 prevede uno stanziamento di 263 milioni di euro, di cui 100 da dirottare sulla sperimentazione nelle filiere innovative basate sull’economia circolare.

Un evento per saperne di più sulle call di Horizon 2020

A Bruxelles, dal 14 al 17 novembre 2017, si terrà una Infoweek sul Societal Challenge 2 del programma Horizon. In tale sede, sarà possibile ottenere maggiori informazioni sulle opportunità di ricerca e innovazione messe a disposizione per agricoltura e sviluppo rurale.

Sul sito della comunità europea, è inoltre disponibile il Programma di lavoro 2018-2020 di Horizon. In particolare, il Capitolo 9 – dedicato agli ambiti food, agricoltura, silvicoltura, bioeconomia – è disponibile a questo link: http://ec.europa.eu/research/participants/data/ref/h2020/wp/2018-2020/main/h2020-wp1820-food_en.pdf

Per partecipare al programma, infine, è possibile visitare il Portale dedicato: http://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/home.html

FONTI:

http://www.freshplaza.it/article/94710/UE-dal-programma-Horizon-2020-un-miliardo-di-euro-per-la-ricerca-in-agricoltura

https://ec.europa.eu/info/news/european-commission-announces-eu1-billion-funding-more-sustainable-agriculture-food-and-rural-development_en

 

Fertilizzanti organici: il Parlamento Ue favorevole alla diffusione

Fertilizzanti organici: il Parlamento Ue favorevole alla diffusione

343 voti favorevoli, 252 contrari e 59 astensioni. Con questi numeri il Parlamento europeo ha approvato un progetto per una nuova regolamentazione dell’utilizzo dei fertilizzanti organici.

Non solo. Rivisti anche i limiti all’utilizzo del cadmio e l’impiego di materiali riciclati per produrre fertilizzanti.

Ora il Parlamento dovrà trovare un’intesa con i Paesi membri per l’approvazione definitiva.

Fertilizzanti organici: alternativa green ma poco utilizzata

Ad oggi, appena il 5% dei rifiuti organici è riciclato come fertilizzante. Una percentuale che, secondo l’Ue, potrebbe arrivare almeno al 30%, in modo da sostituire i concimi materiali esistenti. Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma che nasce dalla volontà di offrire un’alternativa più sostenibile e pulita agli agricoltori.

Secondo le stime della Commissione, in Europa i produttori sono oggi costretti a importare più di 6 milioni di tonnellate di fosfati naturali. Almeno un terzo di tale quota – 2 milioni di tonnellate – potrebbero invece essere recuperati da fanghi di depurazione, rifiuti biodegradabili, farine animali o letame. La strada verso il riciclo di tali sostanze è in questo caso ostacolata dalla disomogeneità delle norme tra i diversi Paesi dell’Unione: per i produttori è infatti complicato vendere e utilizzare i fertilizzanti organici nel mercato unico, perché per farlo dovrebbero adeguarsi di volta in volta alle norme previste nei singoli paesi.

Attualmente, infatti, le regole comunitarie sui fertilizzanti riguardano quasi esclusivamente quelli convenzionali, che hanno un’origine minerale o chimica. Basti pensare che solo la metà dei concimi attualmente commercializzati in Ue rientrano nelle previsioni del regolamento in vigore.

Fertilizzanti organici: il nuovo regolamento Ue

In attesa dell’entrata in vigore definitiva, proviamo a capire cosa prevede il nuovo regolamento Ue in materia. Una volta stabilito il consenso tra i Paesi membri, le istituzioni comunitarie si impegneranno a:

  • Promuovere l’impiego di materiali riciclati per produrre nuovi fertilizzanti. Si ridurrà così la quota importata dai Paesi terzi, stimolando inoltre la cosiddetta economia circolare;
  • Si faciliterà l’accesso al mercato dei fertilizzanti organici, dando ad agricoltori e consumatori una più vasta possibilità di scelta, in modo da promuovere l’innovazione green;
  • Saranno stabiliti nuovi criteri per i concimi a marchio CE, per garantire qualità, sicurezza e rispetto dell’ambiente;
  • Nuovi obblighi di etichettatura saranno previsti per informare gli utilizzatori sul tipo di sostanze impiegate;
  • Ai produttori che non intendono conformarsi alle nuove direttive europee, sarà comunque garantito l’accesso ai propri mercati nazionali di appartenenza.

Nella discussione presso il parlamento di Bruxelles sono infine emerse nuove possibili restrizioni per l’utilizzo del cadmio, metallo pesante contenuto nei concimi a base di fosfati minerali. Dal momento che la sostanza può rappresentare un pericolo per l’ambiente e la salute, potrebbero essere presto introdotti dei limiti più stringenti.

Da qui a 6 anni, il contenuto del metallo nei fertilizzanti potrebbe essere ridotto dai 60 a 40mg/kg.Nel giro di 16 anni, invece, la limitazione dovrebbe arrivare a 20 mg/kg. La Commissione aveva in realtà proposto rispettivamente 3 e 12 anni per l’introduzione dei nuovi limiti, ma il Parlamento ha deciso di prevedere un periodo di adeguamento più lungo.

Le reazioni

Soddisfatto il principale relatore del nuovo regolamento,Mihai Ţurcanu, membro rumeno del PPE:

«Questa proposta fa parte del pacchetto sull’economia circolare e amplia la gamma di fertilizzanti che possono essere ottenuti da prodotti secondari. Contribuirà inoltre a migliorare l’etichettatura e a ridurre gli oneri amministrativi per i produttori e gli agricoltori. Vogliamo avere prodotti più sicuri e ridurre la quantità di metalli pesanti nei nostri fertilizzanti. Il nostro dovere è fornire ai cittadini prodotti sicuri ad un prezzo accessibile».

Dall’Italia si levano invece voci critiche. In particolare, Assofertilizzanti ritiene “eccessivamente restrittivi” i nuovi limiti per il cadmio, al punto che potrebbero “fortemente ledere gli equilibri all’interno del settore”. Francesco Caterini, presidente dell’associazione, ha commentato:

«Fin dall’inizio dell’iter legislativo del nuovo regolamento, Assofertilizzanti ha sempre invitato le istituzioni europee ad adottare nelle proprie scelte un approccio basato sulle evidenze scientifiche».

FONTI:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/fertilizzanti/2017/10/30/fertilizzanti-le-novita-del-regolamento-ue/56179

http://www.europarl.europa.eu/news/it/agenda/briefing/2017-10-23/8/aumentare-l-uso-di-fertilizzanti-organici-nell-ue

http://www.cna.it/cna/unioni/agroalimentare/notizie/parlamento-europeo-vota-promuovere-luso-di-fertilizzanti-organici#.Wfhl8GjWy1s

Origine del pomodoro: arriva con decreto l’obbligo in etichetta

Origine del pomodoro: arriva con decreto l’obbligo in etichetta

Dopo latte e riso, anche l’ origine del pomodoro finisce in etichetta. I Ministri dell’Ambiente, Maurizio Martina, e dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, firmano il decreto interministeriale che sancisce l’obbligo in etichetta di indicare l’origine dei prodotti derivati dal pomodoro.

Come nei casi citati, nella prima fase di attuazione è previsto un periodo di sperimentazione. Due anni nel corso dei quali conserve e concentrato di pomodoro, così come i sughi e le salse composti per almeno il 50% da derivati del pomodoro, dovranno prevedere l’origine in etichetta.

Le diverse misure approvate sull’obbligo di origine in etichetta nascono da un’esigenza espressa dai cittadini. Secondo un’indagine svolta dal Ministero delle politiche agricole sul proprio sito web, l’82% dei cittadini italiani considera infatti importante conoscere l’origine delle materie prime. In ballo, infatti, ci sono gli standard di sicurezza alimentare e trasparenza.

Vediamo le ultime novità.

Origine del pomodoro: tutte le novità del decreto

Come nei casi citati di riso e prodotti lattiero-caseari, anche per il decreto sull’ origine del pomodoro c’è una sorta di “data di scadenza”. Il governo italiano, infatti, sottolinea ancora una volta come l’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento 1169/2011 Ue non sia ancora pienamente attuato.

La norma comunitaria prevede infatti i casi obbligatori in cui vanno espressamente indicati in etichetta il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario dei prodotti agroalimentari. Ma gli atti di esecuzione del regolamento, che ne darebbero piena attuazione, non sono ancora stati emanati. I decreti italiani, dunque, decadrebbero nel caso in cui la Commissione approvasse definitivamente tali provvedimenti.

Nel frattempo, scopriamo le novità introdotte dalla normativa italiana.

Derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere, obbligatoriamente, in etichetta queste diciture:

  • Paese di coltivazione del pomodoro;
  • Paese di trasformazione del pomodoro.

Solo nel caso in cui tutte le operazioni avvengano nel nostro Paese, allora potrà utilizzarsi la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Se invece le due fasi, coltivazione e trasformazione, avvengono in più territori, i produttori possono utilizzare una delle seguenti diciture:

  1. Paesi UE
  2. Paesi NON UE
  3. Paesi UE E NON UE

Tali indicazioni saranno poste in etichetta in punti evidenti, in modo tale da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili.

Origine del pomodoro in etichetta, Martina: “Norma da estendere in Ue”

Maurizio Martino, ministro alle Politiche Agricole, ha commentato l’adozione del provvedimento lanciando un nuovo appello alla Comunità europea:

«Rafforziamo il lavoro fatto in tema di etichettatura in questi mesi – ha dichiarato – Come ho ribadito anche oggi al Commissario europeo Andriukaitis crediamo che questa scelta vada estesa a livello europeo, garantendo la piena attuazione del regolamento europeo 1169 del 2011. Il tema della trasparenza delle informazioni al consumatore è un punto cruciale per il modello di sistema produttivo che vogliamo sostenere. L’Italia ha deciso di non attendere e fare in modo che i cittadini possano conoscere con chiarezza l’origine delle materie prime degli alimenti che consumano. Soprattutto in una filiera strategica come quella del pomodoro, l’etichetta aiuterà a rafforzare i rapporti tra chi produce e chi trasforma».

Origine del pomodoro in etichetta: favorevoli i produttori

Molti sono stati i pareri favorevoli al decreto interministeriale, anche da parte dei produttori.

Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari, ha sottolineato come “l’obbligo di etichettatura sia un ottimo strumento per la tutela dell’eccellenza Made in Italy”. Ribadisce inoltre l’importanza dei controlli:

«Bisogna alzare i livelli di controllo nel settore agroalimentare. C’è ancora una fetta di irriducibili delinquenti che sfuggono e raggirano i controlli con pesanti penalizzazioni per i lavoratori e per le imprese che rispettano le regole. Non possiamo condannare chi rispetta le regole a pagare ingiusti tributi economici e reputazionali per colpa di chi alimenta lavoro nero e caporalato».

Positivo anche il parere di Coldiretti che spiega come l’etichettatura d’origine obbligatoria sia una strada ormai “tracciata per tutto quello che arriva sugli scaffali”. Mauro Tonelloparla, presidente dell’associazione per l’Emilia Romagna, rivendica l’approvazione come un “successo dell’azione Coldiretti per contrastare l’incremento di pomodoro cinese sulle tavole italiane”.

Per Antonio Ferraioli, presidente di Anica, il decreto “completa il percorso già avviato dalle aziende Anicav in materia di trasparenza e sicurezza alimentare, rendendo obbligatorio ciò che volontariamente, nella quasi totalità dei casi, le imprese già fanno”.

Soddisfatta anche Simona Caselli, assessore regionale all’Agricoltura in Emilia Romagna e presidente Areflh:

«Garantire la provenienza e il processo di lavorazione del pomodoro significa tutelare i consumatori e dare ulteriore valore ad una filiera che, nella nostra regione, rappresenta un’importante realtà produttiva».

FONTI:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11834

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41656/non-solo-fresco/indicazione-dorigine-sui-derivati-del-pomodoro-coro-di-si

Carta di Bergamo: è il bio la strada per garantire il diritto al cibo

Agricoltura biologica come modello per garantire il diritto al cibo entro il 2030 e sostenibilità per salvare 500 milioni di persone dalla fame.

Sono queste, in sintesi, le priorità emerse durante il G7 Agricoltura.Priorità che trovano diretta connessione con la Carta di Bergamo.

I principi presenti nel documento sonofinalizzati a garantire il rispetto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica del sistema agricolo e alimentare.

Carta di Bergamo: il cammino ‘verde’ per garantire il diritto al cibo

La Carta di Bergamo è frutto dell’accordo tra tutti i Ministri presenti al G7.

Tra le priorità espresse nel documento, la protezione dei suoli e della biodiversità, la maggiore trasparenza nella determinazione del prezzo degli alimenti, la riduzione dello spreco alimentare, la difesa dei redditi degli agricoltori dalle crisi climatiche ed economiche.

I principi contenuti nella Carta di Bergamo sono frutto del dialogo e delle proposte avanzate dai protagonisti internazionali dell’agricoltura biologica, tra cui anche FederBio. Una dichiarazione comune che fa del bio lo strumento capace di rispondere alla grande sfida del diritto al cibo.

«A due anni da EXPO Milano 2015, le ragioni economiche, sociali e ambientali che rendono il modello agricolo biologico l’innovazione per rispondere alle grandi sfide globali sono ancora più evidenti. Così come è ancora più evidente l’urgenza di soluzioni efficaci e di lungo periodo alle crisi climatiche che impattano sull’agricoltura e quindi sulla sicurezza alimentare. È altrettanto evidente che il biologico è la più autentica espressione del modello agricolo italiano, che valorizza la biodiversità e opera secondo regole internazionali e di tracciabilità. Non posso dunque non rilanciare al ministro Martina la sfida positiva di una collaborazione fattiva su questo versante, in continuità con quanto abbiamo fatto assieme a Bergamo durante la settimana che ha preceduto il vertice dei ministri del G7 agricolo». Queste le parole di Paolo Carnemolla, presidente di FederBio.

Gli impegni della comunità mondiale

Ci sono cinque importanti priorità, individuate durante il summit a cui hanno partecipato i rappresentanti dei più potenti Paesi Mondiali, che possono essere attuate attraverso i punti esplicitati nella Carta di Bergamo.

La prima è difendere i redditi dei produttori agricoli, soprattutto i piccoli produttori, dai disastri climatici.

Il secondo punto è favorire l’aumento della cooperazione agricola in Africa, dove il 20% della popolazione non vede garantito il diritto al cibo.

La terza priorità è aumentare la trasparenza nella formazione dei prezzi e la difesa del ruolo degli agricoltori nelle filiere. Soprattutto nei casi di crisi di mercato e volatilità dei prezzi.

Attuare efficaci politiche volte a combattere lo spreco alimentare e, infine, favorire attraverso azioni concrete la tracciabilità e lo sviluppo di sistemi produttivi legati al territorio.

In tutto questo, spiega il Ministro Maurizio Martina, «il ruolo della cooperazione agricola sarà decisivo per raggiungere questo traguardo, perché la maggioranza delle persone che soffrono la fame vive in aree rurali. La fame è una questione prima di tutto agricola. Per questo abbiamo deciso di aumentare gli sforzi per favorire la produttività sostenibile in particolare in Africa, attraverso la condivisione di buone pratiche per aumentare la resilienza e accompagnare lo sviluppo delle comunità locali».

I punti della Carta di Bergamo

La Carta di Bergamo è chiara: per garantire il diritto al cibo a tutti, favorendo un modello agricolo sostenibile, è necessario sostenere a livello internazionale alcuni punti essenziali.

Come inserire e sostenere la transizione al modello produttivo biologico nelle strategie politiche messe in campo dai vari Paesi del mondo.

Per questo, il bio deve essere considerato un approccio efficace ed efficiente per contrastare il cambiamento climatico e garantire la fertilità dei suoi agricoli.

In ambito scientifico, normativo e commerciale, è importante favorire la cooperazione, al fine di consentire l’adozione delle best practice, aumentare le garanzie di integrità del mercato, sulla base di standard che rispondano ai principi dell’agricoltura biologica.

Il dialogo internazionale, soprattutto nei Paesi in ritardo di sviluppo, deve essere una priorità. In tale contesto, l’agricoltura biologica deve diventare una possibilità allettante ed economicamente praticabile, soprattutto da parte dei giovani. Un bene comune, per la tutela e salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio rurale.

La Carta del Biologico di Bergamo è consultabile al link: http://www.feder.bio/files/2045.pdf

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1232

http://www.feder.bio/files/2045.pdf

http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/10/15/news/g7_agricoltura_bergamo-178352010/?refresh_ce

 

Ifoam lancia la guida gratuita per le politiche pubbliche di sostegno al bio

La guida ha lo scopo di diffondere e favorire le politiche pubbliche in materia di agricoltura sostenibile.

Sostenere la diffusione e l’efficientamento dell’agricoltura biologica, coinvolgendo nel processo istituzioni locali e nazionali. È questo l’obiettivo di IfoamOrganics International, che ha lanciato il “Global Policy Toolkit on Public Support to OrganicAgriculture”.

Si tratta di un supporto per i rappresentanti delle istituzioni, che contiene specifiche policy da implementare, con esempi concreti e anche una serie di provvedimenti da non adottare per scongiurare un impatto negativo sull’agricoltura bio. Il Toolkit è gratuito ed è possibile scaricarlo sul sito di Ifoam.

Politiche pubbliche per il bio: la guida di Ifoam

«I risultati di questo studio unico nel suo genere sono inestimabili per i sostenitori del biologico, per i policy-maker e per tutti coloro che desiderano veder crescere l’agricoltura sostenibile nei propri Paesi».

Così Andre Leu, presidente di IFOAM – Organics International, presenta la guida che l’organizzazione ha messo a disposizione dei rappresentanti istituzionali di tutto il mondo. Per un periodo di più di due anni, IFOAM ha raccolto e catalogato esperienze di politiche pubbliche di successo in più di 80 Paesi. Ne è emersa una panoramica di tutti i provvedimenti che hanno supportato, più o meno efficacemente, il percorso dell’agricoltura biologica nelle diverse nazioni.

«Abbiamo realizzato questo toolkit per riempire un vuoto di conoscenza. Ora i policy-maker possono apprendere di più, non solo sul perché dovremmo tutti supportare l’agricoltura biologica, ma anche su come possono riuscirci», spiega Markus Arbenz, Direttore Esecutivo di Ifoam – Organics International.

La guida si è resa necessaria nel momento in cui i consumatori e la società civile hanno cominciato a sostenere l’agricoltura bio come percorso efficace verso una società e un modello di produzione più sostenibili. Non solo dal punto di vista ambientale: le pratiche bio sono ormai note per i loro benefici sociali ed economici. I governi, seguendo questo trend, hanno cominciato sempre di più a sostenere il biologico. È quindi importante condividere i programmi di successo per sostenere questo percorso di conversione:

«In tutto il mondo, organizzazioni, politici e ministri, sono alla ricerca di nuove idee per implementare politiche pubbliche in favore del bio. Lo studio, e il toolkit che ne consegue, ci permettono di compiere un grande passo in avanti nella creazione di policy che aiutano lo sviluppo della coltivazione e del mercato biologici», conclude Paul Holmbeck, direttore di OrganicDenmark e uno tra gli autori del report.

Global Policy Toolkit: consigli ed esperienze per politiche pubbliche sostenibili

La guida è suddivisa in diverse sezioni. C’è una prima parte, chiamata main report, che raccoglie le guide linea per supportare l’agricoltura biologica. In prima battuta, questo report serve a introdurre il tema: perché nasce il toolkit, perché ha senso sostenere il biologico e una breve storia sulle politiche pubbliche in tema.

Si entra poi nel vivo del tema: gli autori propongono piani strategici per il bio, di livello sia locale che nazionale, entrando poi nello specifico delle singole misure che è possibile implementare. L’ultimo capitolo invece elenca tutte quelle policy che potrebbero avere un impatto negativo sul settore: sussidi pubblici per l’uso di pesticidi chimici, concessioni per la coltivazione di OGM e così via.

Ifoam ha inoltre realizzato un form da compilare per guidare istituzioni e governi nelle specifiche situazioni del proprio Paese. Tutte le misure contenute nel main report, infatti, non possono essere implementate insieme. E potrebbero inoltre essere poco efficaci in determinati contesti. Questo secondo tool è quindi necessario per valutare nello specifico la situazione del Paese che ne fa richiesta.

Ulteriore strumento: una presentazione in powerpoint, utile per i sostenitori del bio per incoraggiare governi e istituzioni ad adottare politiche pubbliche di sostegno al settore.

FONTI:

https://www.ifoam.bio/en/news/2017/09/22/launch-policy-toolkit-highlighting-public-support-organic-agriculture-over-80

http://www.ifoam.bio/en/global-policy-toolkit-public-support-organic-agriculture

http://www.ifoam.bio/sites/default/files/policy_toolkit_main_report.pdf