Suolo e Salute

Autore: admin

Pesticidi, un nuovo studio ne sottolinea l’impatto sull’ambiente

Un nuovo studio prova a gettare luce su un argomento di particolare complessità, ovvero la valutazione dell’impatto dei pesticidi sulla biodiversità. A gettare nuova luce sull’argomento ci pensa un nuovo studio dal titolo Pesticides reduce regional biodiversity of stream invertebrates, pubblicato recentemente su Proceedings of the US Academy of Sciences (Pnas) da Mikhail Beketov e Matthias Liess dell’Helmholtz-Zentrum für Umweltforschung (Ufz), Ben Kefford dell’University of Technology di Sydney  e Ralf Schäfer dell’ Institut für Umweltwissenschaften di Landau. Secondo quanto riportato nella ricerca, “la crisi della biodiversità è una delle più grandi sfide di fronte all’umanità, ma la nostra comprensione dei suoi drivers rimane limitata. Così, dopo decenni di studi e di  sforzi di regolamentazione, rimane sconosciuto in che misura e in quali concentrazioni i moderni pesticidi agricoli causino perdite delle specie su scala regionale”.

Il lavoro è stato condotto analizzando l’effetto dell’inquinamento da pesticidi su diversi taxa di invertebrati dei corsi d’acqua di Germania, Francia e Victoria meridionale (Australia). Il dato che emerge è che “i pesticidi hanno causato effetti statisticamente significativi sia sulle specie che e sulla ricchezza della famiglia in entrambe le regioni, con perdite di taxa fino al 42% dei pools tassonomici registrati”.

A preoccupare soprattutto il fatto che i rilievi sul campo in Europa hanno rivelato effetti significativi pur in presenza di concentrazioni accettate dalla normativa vigente. “Le concentrazioni massime legalmente consentite non si proteggono adeguatamente la biodiversità degli invertebrati nei corsi d’acqua”.  “Pertanto – si legge nel lavoro – l’attuale valutazione del rischio ecologico dei pesticidi è inferiore alla necessaria tutela della biodiversità, e sono necessari nuovi approcci che colleghino l’ecologia e l’ecotossicologia».

“Sia in Europa e in Australia, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare notevoli perdite nella biodiversità regionale degli insetti acquatici e di altri invertebrati di acqua dolce. In Europa è stata trovata una differenza di biodiversità del 42% tra le aree non contaminate e quelle fortemente contaminate; in Australia è stato dimostrato con un calo del 27%”.

Un dato particolarmente significativo ha riguardato l’impatto selettivo dei pesticidi su alcuni taxa particolarmente sensibili all’inquinamento, come plecotteri, effimere, tricotteri e libellul, gruppi molto importanti nella catena alimentare: “la diversità biologica negli ambienti acquatici può essere sostenuto solo da loro in quanto garantiscono un regolare scambio tra acque superficiali e sotterranee, fungendo così da indicatori della qualità dell’acqua”, si legge nello studio.

Un allarme ripreso ed enfatizzato dall’ecotossicologo Matthias Liess, che non usa mezzi termini per descrivere la situazione attuale: “L’attuale prassi di valutazione del rischio – sostiene lo studioso – è come un  cieco che guida in autostrada. Ad oggi, l’approvazione dei pesticidi si è principalmente basata sul lavoro sperimentale effettuato nei laboratori e negli ecosistemi artificiali. Per poter valutare correttamente l’impatto ecologico di queste sostanze chimiche i concetti esistenti devono essere validati appena possibile da indagini in ambienti reali. Gli ultimi risultati dimostrano che l’obiettivo della Convention on Biological Diversity Onu per rallentare il declino del numero di specie entro il 2020, è in pericolo. I pesticidi avranno sempre un impatto sugli ecosistemi, non importa quanto siano rigidi i concetti di protezione, ma considerazioni realistiche per quanto riguarda il livello di protezione richiesto per i diversi ecosistemi possono essere effettuate solo se vengono implementati i validated assessment concepts. Nel passato la minaccia per la biodiversità da parte pesticidi è stata ovviamente sottovalutata”.

Fonte: Greenplanet

OGM, un “No” secco da parte degli italiani

La manifestazione della Task force “Liberi da OGM” ha fornito l’occasione per tornare a riflettere sugli organismi geneticamente modificati e sul loro impatto sul consumatore italiano. Un consumatore fortemente contrario al loro utilizzo, come risulta da un’indagine condotta da Ipr Marketing secondo la quale il 76% dei nostri concittadini (quasi 8 su dieci, in pratica) non vuole OGM sulle proprie tavole, con un aumento del “partito anti-OGM” del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

“Con il crescere dell’opposizione degli italiani agli OGM in agricoltura – si legge in un comunicato della Coldiretti, tra le associazioni che hanno aderito alla manifestazione – si riducono ad appena il 10% i favorevoli, ma diminuiscono anche coloro che non hanno una opinione o non rispondono al 14%. Bastano questi dati per spiegare le ragioni della richiesta al governo di esercitare la clausola di salvaguardia che vieterebbe la messa a coltura di piante biotech, formulata dalla task force”, della quale fa parte, tra le altre associazioni, la Coldiretti.

In merito alla clausola di salvaguardia,  la Coldiretti sottolinea che già 8 paesi europei  (Francia, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Polonia, Austria) hanno scelto di adottarla, e che nel nostro paese una mozione votata all’unanimità ha sollecitato analoga adozione del provvedimento da parte di tutti i gruppi parlamentari del senato. Una scelta che non può essere rimandata ancora.

“La non definitiva risoluzione della vicenda OGM – ribadisce Stefano Masini coordinatore della Task force “liberi da OGM” e responsabile ambiente della Coldiretti  – va avanti ormai da troppo tempo e questa deve essere l’occasione per chiudere definitivamente una questione sulla quale cittadini, agricoltori, rappresentanze economiche e sociali, regioni ed il parlamento si sono espressi già tantissime volte”.

Anche per evitare che abbiano spazio vicende come quella recentemente occorsa  in Friuli, con la semina di mais geneticamente modificato. “Gli organismi geneticamente modificati in agricoltura – ricorda la confederazione – non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che e’ il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distinti vita’ e del Made in Italy.

Posizione ripresa anche dalla Cia, la Confederazione Italiana Agricoltori, che in un comunicato ribadisce che “gli OGM sono incompatibili con l’agricoltura italiana, che e’ fortemente legata alla molteplicità di territori e tradizioni e l’omologazione a cui gli organismi geneticamente modificati conducono mette a rischio gli oltre 5.000 prodotti tipici che rappresentano la spina dorsale dell’enogastronomia italiana”.  “Tipico – prosegue la nota – vuol dire sano e di qualità: questo vale soprattutto per il nostro paese che custodisce tra le pieghe del paesaggio rurale un patrimonio di prodotti unici, inimitabili e soprattutto inscindibili dal territorio”, veri punti di forza ed eccellenza del turismo enogastronomico, un comparto che in Italia vale la ragguardevole somma di 5 miliardi di euro l’anno.

Ad oggi, fortunatamente, in Europa gli OGM sono coltivati solamente in cinque paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) on 129mila ettari di mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale comunque minima rispetto alla superficie agricola comunitaria, pari a molto meno dello 0,001 % dei 160 milioni di ettari coltivati in Europa, secondo quanto rivelano le elaborazioni Coldiretti su dati Isaaa. E’ quindi questo il momento giusto perché il nostro Paese ribadisca pienamente la sua contrarietà agli OGM, lavorando al contrario nella direzione della valorizzazione delle grandi eccellenze agroalimentari del Bel Paese.

Fonte: Agrapress

Rush finale per la PAC

 A partire da lunedì 24 la riforma della PAC è al centro del Consiglio Agricolo Europeo, riunito a Lussemburgo sotto la presidenza irlandese. Un consiglio che vede le tre istituzioni comunitarie, Parlamento, Consiglio e Commissione riunite congiuntamente con l’obiettivo di giungere ad un accordo definitivo.

Una formula nuova descritta in maniera incisiva dal Presidente di turno, Simon Coveney, secondo il quale “le tre istituzioni stanno entrando in acque inesplorate

Ad aprire i lavori il Consiglio, che discuterà e valuterà i progressi fatti fino ad ora nei negoziati e farà il punto sulle questioni ancora sul tavolo. A seguire una serie di triloghi nel corso dei quali le delegazioni delle tre istituzioni comunitarie saranno guidate rispettivamente da Cveney, dal presidente della commissione agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro e dal Commissario all’Agricoltura Dacian Ciolos.

Martedì 25 è prevista la sottoscrizione di un accordo da parte del Consiglio che verrà poi sottoposto al vaglio della Comagri mercoledì 26 per l’approvazione finale.

I contatti tra Commissione, Consiglio e Stati Membri sono iniziati già a partire da domenica e il Presidente Coveney non ha nascosto le difficoltà che le delegazioni dovranno affrontare. Sul tavolo resta”una serie di questioni preminenti in tutte e quattro le proposte di regolamento”: la cosiddetta “convergenza interna”, ovvero la distribuzione dei pagamenti diretti all’interno degli stati membri, il greening, le quote zucchero, l’efficacia delle misure di sostegno al mercato, l’amministrazione delle zone sottoposte a vincoli naturali, oltre che una serie di previsioni riguardanti il finanziamento e il monitoraggio.

Malgrado questi ostacoli, Coveney si è detto convinto che “un accordo complessivo sia ormai raggiungibile”, a condizione che tutte le istituzioni coinvolte nel negoziato si dimostrino “all’altezza della sfida”. “Il tempo delle decisioni è arrivato”, ha ribadito il Presidente. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il commento del Presidente Comagri De Castro che ha ribadito la necessità che “consiglio e commissione accettino le richieste dell’europarlamento”.

Fonte: Agrapress

A Roma il 20 giugno la mobilitazione anti OGM

Appuntamento il 20 giugno dalle 14.30 a Roma, di fronte a Montecitorio, per la mobilitazione indetta  dalla Task Force per un’Italia Libera da OGM in collaborazione con Slow Food, allo scopo di chiedere al Governo di esercitare la clausola di salvaguardia per vietare in concreto la messa a coltura di piante geneticamente modificate. Un’occasione che assume un’urgenza anche maggiore alla luce dei recenti fatti occorsi in Friuli, dove un agricoltore ha destinato circa seimila metri quadrati alla coltura di mais OGM. «Quello di giovedì è un giorno cruciale per chi si oppone alla coltivazione di OGM in Italia», ha dichiarato il  presidente di Slow Food Italia Roberto Burdese, che guiderà la delegazione dell’Associazione. «Da anni chiediamo ai diversi Governi di applicare la clausola di salvaguardia. Solo un mese fa il Senato si è espresso approvandola all’unanimità. Adesso spetterebbe ai Ministeri competenti dar seguito a questo importante atto. Invece, dopo la sentenza della Corte Europea, ci ritroviamo in una situazione di vuoto legislativo che ha già dato l’avvio a semine non autorizzate, come accaduto nella primavera 2010: per noi sono atti di provocazione gravissimi».«Per la prima volta le associazioni che fanno parte della Task Force hanno deciso di radunare tutto il fronte del no agli OGM davanti ai luoghi del potere legislativo ed esecutivo, con la convinzione che questo sia un momento decisivo per la salvaguardia della biodiversità italiana, per il nostro patrimonio agricolo, per la sovranità alimentare del nostro Paese e quindi per la nostra stessa economia e cultura. O si agisce adesso, o aumenterà il caos dovuto al vuoto legislativo e alle diverse interpretazioni che questo consente», ha concluso il Presidente Slow Food Italia.

Fonte: Ufficio Stampa Slow Food

Mais OGM in Friuli, piovono le critiche sulle istituzioni

Ha suscitato reazioni veementi e moltissime prese di posizione la notizia di pochi giorni fa della messa in coltura di Seimila metri quadrati di mais Ogm seminati a Vivaro, in Friuli.  Malgrado l’iniziativa sia in aperto contrasto con le disposizioni di due diverse procure e della corte di Cassazione e benché la semina di OGM in campo aperto sia tuttora vietata nel nostro Paese, l’inerzia delle autorità (locali e nazionali) è stata oggetto di pesanti critiche da più parti. Particolarmente incisive le parole di Roberto Burdese, Presidente di Slow Food Italia:

 «È incredibile che il Presidente della Regione non abbia compreso la gravità di un gesto come questo (chiaramente una provocazione, vista la piccola dimensione del terreno seminato) e si sia predisposta la presenza delle forze dell’ordine solo per timore di proteste da parte di fronti non favorevoli agli Ogm», dichiara Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia. «Inoltre, troviamo molto grave, alla luce di quanto è accaduto, che il Governo, benché sollecitato da un voto unanime del Senato, non abbia ancora esercitato la clausola di salvaguardia. C’è un settore della nostra economia che non va male come tutto il resto, ed è l’agroalimentare, con le ricadute positive anche sul turismo. Questo episodio frutto dell’iniziativa di pochi mette a rischio tutto questo patrimonio. Cosa ci vuole perché i politici si decidano a fare il loro dovere?».

 Di tono altrettanto allarmato e stupefatto anche il commento di Carlo Petrini, presidente Slow Food: «Un patrimonio storico come quello delle varietà di mais del nordest subisce oggi un gravissimo attacco con il placet di coloro che dovrebbero tutelarlo per ruolo istituzionale. Si annuncia un reato, si commette sulla pubblica piazza, gli autori lo commentano in conferenza stampa e questo sembra non turbare né le coscienze dei cittadini né il senso del dovere dei politici».

«Oggi il mondo della biodiversità è stato sconfitto dall’ignoranza e dall’ignavia, oltre che dall’incompetenza politica. E questa è la migliore delle ipotesi, perché il sospetto che sia stato sconfitto anche dalla volontà di lucro e dalla potenza delle grandi aziende sementiere è tutt’altro che peregrino. Stupisce che tutto ciò accada nel momento in cui sia la Regione che il Ministero dell’Ambiente sono affidati a esponenti di un partito che dichiara di avere valori antitetici a quelli delle multinazionali dei semi e degli Ogm», rincara la dose Cinzia Scaffidi, direttore del Centro Studi Slow Food.

Fonte: Slow Food Ufficio stampa

Presentata a Legnaro (PD) la Rete Regionale Veneta Bionet

E’ stato presentato martedì 18 giugno a Legnaro (Padova), presso l’aula magna di Veneto Agricoltura il Programma BIONET – Rete regionale per la conservazione e caratterizzazione della biodiversità di interesse agrario. Sono molti e importanti gli enti regionali che hanno dato vita alla Rete regionale: Veneto Agricoltura, Amministrazione provinciale di Vicenza, Università di Padova; Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Centro di ricerca per la viticoltura (CRA-VIT) di Conegliano (Treviso) Istituto Superiore di Istruzione Agraria di Feltre (Belluno), Padova e Castelfranco Veneto (Treviso). Il Programma in rete, coordinato da Veneto Agricoltura, contempla sette distinti Gruppi di lavoro e 34 sottoprogrammi che vedranno il coinvolgimento, per due anni, di tutti gli Enti partecipanti. I gruppi di lavoro lavorare anno alla conservazione e caratterizzazione di numerosissime tra razze e varietà sia animali e vegetali e si distinguono nei gruppi di lavoro bovini, ovini, avicoli, cerealicolo, orticolo, viticolo e foraggere. Tra le varietà oggetto dell’azione dei gruppi, i frumenti Piave e Canove, l’orzo Agordino, l’asparago amaro “Montine”.

Fonte: Biozootec