Suolo e Salute

Autore: admin

L’agricoltura biologica come volano di sviluppo per l’economia locale

Una nuova ricerca effettuata per l’Organic Trade Association (OTA) da Edward Jaenicke, economista agrario e professore associato presso la Penn State University, suggerisce che l’agricoltura biologica può avere un impatto positivo sull’economia delle aree in cui è praticata.

All’interno del rapporto, redatto da Jaenicke e intitolato “U.S. Organic Hotspots and their Benefit to Local Economies“, sono state identificate e analizzate 225 contee presenti negli Stati Uniti con alti livelli di attività agricola biologica. Per ognuna di queste contee è stata valutata l’influenza del metodo biologico su reddito medio delle famiglie e tasso di povertà della contea.

L’OTA ha anche creato una mappa interattiva all’interno della quale gli utenti possono inserire un codice postale per verificare se una determinata zona è oppure no ad alto interesse biologico.

Secondo i risultati della ricerca, le contee con livelli più elevati di attività biologica hanno visto aumentare il reddito medio familiare di 2mila dollari e ridurre la povertà di circa l’1,3 per cento.

Rod Sullivan, supervisore dello studio, ha spiegato che questo avviene perché comprare e mangiare a km 0 consente al denaro di circolare, fungendo da stimolo allo sviluppo dell’economia locale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa ricerca indaga sistematicamente gli impatti economici dell’agricoltura biologica“, ha affermato il dottor Edward Jaenicke, facendo notare come  “il crescente interesse del mercato nei confronti dell’agricoltura biologica può essere sfruttato all’interno di una politica efficace per lo sviluppo economico.”

L’economista ha iniziato a interessarsi al biologico perché era curioso di conoscere l’effetto che le scelte dei consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità e alla sicurezza degli alimenti, possonono avere sulle economie locali.

L’agricoltura biologica ha già ampiamente dimostrato di apportare benefici alla salute e all’ambiente. Questa ricerca dimostra che il metodo biologico può anche garantire un maggiore benessere finanziario delle famiglie che abitano nelle aree in cui è praticata.

I responsabili politici hanno ora una ragione in più, quella economica, per decidere di sostenere l’agricoltura biologica.

L’Organic Trade Association (OTA) è la voce più autorevole all’interno del settore biologico negli Stati Uniti, e rappresenta oltre 8.500 aziende presenti in tutti e 50 gli Stati.

Fonti:

http://www.farms.com/ag-industry-news/study-suggests-organic-agriculture-improves-local-economies-027.aspx

http://ota.com/sites/default/files/indexed_files/OTA-HotSpotsWhitePaper-OnlineVersion.pdf

http://www.press-citizen.com/story/news/2016/05/26/study-johnson-county-iowa-organic-food-hot-spot/84998026/

 

Allevamenti biologici: dove ogm e antibiotici sono banditi

In questi ultimi anni si sente sempre più parlare, anche in Italia, di carne biologica e allevamenti biologici.

L’allevamento biologico è una pratica fortemente legata alla terra, esercitata nel pieno rispetto dell’ambiente e degli animali, secondo norme ben precise stabilite dall’Unione Europea.

All’interno di questi allevamenti, gli animali vengono alimentati con foraggi freschi o secchi o con mangimi biologici. Qui, sono banditi i farmaci e gli antibiotici a effetto preventivo di cui, soprattutto negli ultimi anni, si è fatto abuso all’interno degli allevamenti intensivi.

Così, il rispetto per l’animale, alla base della regolamentazione di un allevamento bio, si traduce inevitabilmente in benessere per l’uomo.

Nel 2014, gli allevamenti biologici presenti in Italia hanno fatto registrare numeri importanti, sintomo di un andamento di mercato che premia chi opera in maniera sostenibile: 4.806.887 animali, tra pollame (3.490.702), ovini (757.746), bovini (222.924), 146.692 (arnie con api), caprini (92.647), suini (49.900) ed equini (12.970) – oltre altri animali (20.336) – con una crescita di circa il 15% sull’anno precedente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paolo Carnemolla, Presidente di FederBio, spiega: “Sempre più consumatori scelgono latte, uova e carne biologica, sinonimo di benessere per gli animali e per l’uomo. Allevare con metodo biologico significa offrire agli animali spazi appropriati in stalla o all’aperto, alimentazione fresca o secca  preparata con ingredienti bio. Nel rispetto della loro natura gli animali non vengono “spinti” alla produzione esagerata. Ma non solo: il bio non prevede l’impiego di antibiotici o di farmaci a effetto preventivo e questo ha un inevitabile beneficio per il consumatore. La scelta del bio comporta sì costi più elevati, ma con benefici estremamente palesi e importanti per il benessere dell’uomo. L’auspicio è che sempre più consumatori, consapevoli e sensibilizzati, scelgano il bio come garanzia di alimentazione sana”.

Solo molto tardi, l’Unione Europea ha iniziato a far analizzare gli intestini degli avicoli al macello provenienti dagli allevamenti intensivi, trovando percentuali di batteri resistenti agli antibiotici preoccupanti. Batteri che i consumatori si ritrovano nel piatto perché le linee di macellazione non proteggono integralmente dalla contaminazione.

L’allevamento biologico, quindi, offre al consumatore la possibilità di prendersi cura di sé stesso, anche in vista dell’aumento di questi batteri, dovuto in parte proprio all’abuso che l’industria della carne fa dei medicinali all’interno degli allevamenti tradizionali.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1028

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/29/report-allarme-batteri-resistenti-agli-antibiotici-dagli-allevamenti-intensivi-arrivano-in-tavola/2778153/

Mille miliardi di nematodi per contenere la Popillia japonica

Un milione di euro per combattere la Popillia Japonica attraverso metodi biologici. È a quanto ammonta la cifra stanziata dalla regione Piemonte per il contenimento dell’insetto.

La Popillia japonica è un piccolo scarabeo di origine asiatica che si nutre di una grande varietà di specie vegetali erbacee, arbustive o arboree. Nell’estate 2015, a seguito del piano di monitoraggio e contenimento attuato dal Settore Fitosanitario, sono stati catturati circa 8 milioni di adulti.

Al fine di contenere quanto più possibile le popolazioni di Popillia, il Piemonte ha  deciso di rafforzare gli interventi diretti sia contro le larve sia contro gli adulti, sperimentando tecniche di lotta biologica e microbiologica, tra cui l’impiego di nematodi entomoparassiti.

Proprio alcuni giorni fa, il Piemonte ha concluso la prima fase di trattamenti finalizzati al contenimento del coleottero, durante i quali sono stati distribuiti sui prati permanenti dell’area interessata oltre millemiliardi di esemplari del nematode Heterorhabditis bacteriophora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli interventi, realizzati sul territorio dall’Istituto piante da legno e ambiente (Ipla), sotto la guida del Settore fitosanitario regionale, si sono resi obbligatori a seguito di un decreto di lotta ministeriale. Il trattamento ha interessato circa 440 ettari di territorio, concentrati nei comuni della provincia di Novara, in particolare Bellinzago Novarese, Oleggio e Pombia.

Altri comuni in cui è stata rinvenuta la presenza della Popillia nel 2015 sono Cameri, Galliate, Marano Ticino, Mezzomerico, tutti territori che si trovano all’interno dell’area del Parco naturale del Ticino. Ed è proprio per salvaguardare la biodiversità che si è scelto di trattare l’insetto con metodi biologici.

Terminata questa prima fase di contenimento, durante i mesi estivi, ne inizierà un’altra a carico delle larve  della Popillia.

A breve sarà avviata la campagna di cattura massale degli adulti, verranno intensificati i monitoraggi in campo sulla capacità e velocità di espansione dell’insetto e saranno controllati tutti i siti a rischio.

Fonti:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/05/30/piemonte-mille-miliardi-di-nematodi-contro-la-popillia-japonica/49010

http://www.regione.piemonte.it/agri/area_tecnico_scientifica/sviluppo_agricolo/dwd/2015/aiuto/cobipo.pdf

La certificazione agroalimentare aiuta le imprese del settore

certificazione agroalimentare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Certificazione agroalimentare : finalmente possiamo parlare di notizie positive che possono farci guardare con ottimismo al futuro. Le imprese certificate della filiera agroalimentare italiana durante gli anni della crisi hanno incrementato la quota di fatturato per l’export del +9%, passando dal 27% nel 2007 al 36% nel 2014 e quella imputabile direttamente ai prodotti certificati al 70%, superando l’80% per circa metà delle imprese in possesso di certificazione Bio, o DOP e IGP. E’ quanto emerge da una serie di studi realizzati dall’Osservatorio “Certificazione e qualità nella filiera dell’agroalimentare“, realizzato da Accredia in collaborazione con il Censis. Il 41,6% delle imprese certificate prevede un fatturato in crescita nel prossimo triennio, mentre per l’84% la certificazione posseduta ha permesso di migliorare la reputazione aziendale e valorizzare il prodotto, per l’80% ha consentito di aumentare la sicurezza e i controlli, per il 62% di relazionarsi meglio con i clienti e per il 58% di incrementare il fatturato.

Il concetto di “certificazione accreditata” è ormai radicato, con l’adozione da parte di un numero crescente di organizzazioni pubbliche e private degli strumenti di valutazione della conformità: certificazioni, ispezioni, prove e tarature, che vengono assicurate al mercato da organismi e laboratori “accreditati”. Il controllo sull’attività di tali operatori è garantito in ogni Paese europeo dalla competenza degli enti di accreditamento, cui organismi e laboratori accedono sulla base della scelta volontaria di conformarsi alle norme tecniche (es. ISO), ovvero della determinazione obbligatoria di leggi nazionali e sovranazionali, come nel caso di regolamenti e direttive europee.

Inoltre l’altro studio Accredia-Censis “La certificazione come strumento di semplificazione amministrativa“, le imprese ispezionate sono passate da oltre 30mila nel 2009 a poco più di 220mila nel 2014 e i controlli sulla sicurezza sul lavoro da parte del ministero del Welfare, dell’INSP, dell’INAIL e dei nuclei speciali dei Carabinieri, nel periodo 2009-2014 si sono ridotti del 27% e il numero degli ispettori preposti è diminuito dell’11%: la spending review e l’indebolimento delle competenze tecniche hanno reso sempre più difficile per le pubbliche amministrazioni svolgere un’efficiente azione preventiva di controllo. In questo senso, la certificazione volontaria sopperisce almeno in parte a questo deficit.

Negoziati sul nuovo regolamento biologico: il parere di IFOAM

Il 24 maggio, il Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, Phil Hogan ha presenziato al dibattito con i membri del Parlamento Europeo sul processo di revisione del regolamento biologico. Durante la riunione, il relatore del dossier, l’eurodeputato Martin Häusling, ha fornito un aggiornamento dei negoziati in corso.

In occasione di questo importante appuntamento, IFOAM UE ha diffuso un comunicato stampa, all’interno del quale ha espresso il proprio parere in merito ai negoziati e alla loro utilità per il settore.

Secondo di Christopher Stopes, presidente della Federazione: “I pareri del Consiglio e del Parlamento non sono così diversi, quindi non è chiaro il motivo per cui il processo stia richiedendo così tanto tempo. Inoltre, essi sono sostanzialmente d’accordo sui punti più critici: entrambe le istituzioni hanno respinto chiaramente il concetto di una soglia per le sostanze non autorizzate e sono d’accordo sul mantenere gli specifici requisiti di controllo biologico nel regolamento sul biologico, piuttosto che spostarli sulla normativa orizzontale dei ‘controlli ufficiali’“.

Stopes ha anche tenuto a precisare che, visto che i co-legislatori sono vicini a trovare un accordo, la Commissione dovrebbe svolgere un ruolo da mediatore nel dibattito. Nonostante il processo sia stato avviato con l’obiettivo di portare migliorie e sviluppo all’interno del settore, dopo 4 anni però, continuano a rimanere incertezze sulle regole che gli operatori dovranno applicare e che mettono a rischio gli investimenti. “Invece di sostenere il settore biologico europeo, il processo di revisione lo sta minando “, ha concluso il presidente di IFOAM.

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Jan Plagge, vicepresidente della Federazione, ha aggiunto che gli agricoltori biologici lavorano duramente per difendere i propri raccolti dalle sostanze utilizzate nell’agricoltura tradizionale. Il 95% dei prodotti spruzzati nei campi confinanti e coltivati tradizionalmente, infatti, è consentito dalla legislazione europea. Per questo, secondo Plagge, gli agricoltori biologici non devono essere puniti per la contaminazione causata dai vicini o per quella presente nell’ambiente, anche perché una soluzione del genere potrebbe minare la coesistenza tra diverse tipologie di operatori.

Secondo Eduardo Cuoco, direttore IFOAM UE: “Mancano ancora i benefici tangibili dati dall’opportunità di utilizzare il nuovo regolamento come strumento per lo sviluppo del biologico. Invece di prolungare la discussione sulle soglie e sul sistema di controllo, avremmo accolto maggiormente, ad esempio, un dibattito sui nuovi requisiti per aiutare gli operatori biologici a migliorare le loro prestazioni ambientali“.

Fonte:

http://www.ifoam-eu.org/en/news/2016/05/23/press-release-constructive-approach-needed-organic-regulation-negotiations

 

Rinnovo Glifosato: Comitato tecnico decide di non votare

Alla fine, il tanto atteso voto degli Stati membri sulla proposta della Commissione Ue di rinnovare l’utilizzo del glifosato per altri nove anni (invece dei 15 inizialmente proposti) non c’è stato.

Alcuni Paesi hanno infatti ritenuto non soddisfacente la nuova proposta della Commissione. Così. Di fronte al No deciso di Italia e Francia e alla possibile astensione di Germania, Svezia, Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Austria e Grecia il Comitato tecnico ha deciso di non votare, rinviando nuovamente la decisione.

La notizia è stata accolta con soddisfazione dalla Coalizione italiana #StopGligosato.

L’Italia, assieme ad altri paesi europei, è stata determinante: il nostro Governo ha assolto al meglio il suo compito, che è quello di salvaguardare in primo luogo la salute dei cittadini e dell’ambiente”, ha commentato Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione, composta da 38 associazioni ambientaliste, agricole e della società civile.

glifosato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il risultato è stato ottenuto anche grazie alla grossa mobilitazione dei cittadini (sono stati oltre 1,4 milioni gli europei che hanno firmato la petizione di Avaaz contro il rinnovo della sostanza) e alle numerose associazioni che si sono attivate per evitare un consistente rischio contro la salute e “per dare valore a un nuovo modello agricolo sostenibile come quello dell’agricoltura biologica”.

E tutto, continua Mammuccini, “nonostante l’arrivo due giorni fa di quelle che abbiamo già definito ‘affrettate’ pezze di sostegno da parte di un panel di esperti OMS e FAO che non confermava la cancerogenicità del glifosato nella dieta – senza poter escludere peraltro né altri danni per la salute umana né danni per tutte le persone che usano professionalmente il glifosato – un blocco importante di Paesi hanno tenuto conto del principio di precauzione. Si tratta di uno dei principi ispiratori delle leggi europee. Ed è senza dubbio una norma di buonsenso: se ci sono anche solo fondati dubbi che una sostanza possa danneggiare irrimediabilmente la salute delle persone e del Pianeta, occorre almeno sospenderne l’uso”.

Bene anche l’impegno del Governo e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che ha mantenuto con fermezza la propria posizione contraria all’autorizzazione della sostanza. “Ora chiediamo all’esecutivo di ribadire questa sua posizione anche a livello nazionale, con il Piano glifosato zero annunciato dal Ministro Martina, avviando anche un serio controllo sulla contaminazione ambientale e degli alimenti“, ha concluso a portavoce della Coalizione.

Nel frattempo, la Francia ha già fatto sapere che, qualsiasi sia la decisione finale presa dalla Commissione Ue, vieterà il glifosato sul proprio territorio.

Non si è fatta attendere la reazione della Monsanto, la multinazionale che produce il RoundUp, uno degli erbicidi più diffusi al mondo contenente appunto questa sostanza. La multinazionale ha accusato le autorità UE di prendere decisioni senza alcun validità scientifica, avvertendo che gli agricoltori europei pagheranno un prezzo alto per il divieto di utilizzare tali pesticidi.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1024

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-05-23/monsanto-suo-fiore-all-occhiello-e-roundup-glifosato-sotto-riflettori-ue-112712.shtml?uuid=ADak3WN

http://www.theguardian.com/environment/2016/may/20/monsanto-weedkiller-faces-recall-from-europes-shops-after-eu-fail-to-agree-deal

http://www.greenstyle.it/pesticidi-glifosato-commercio-europa-luglio-2016-194730.html