Suolo e Salute

Anno: 2022

PIATTAFORMA “SERIA”: DATI E SERVIZI PER IL BIO PIEMONTESE

PIATTAFORMA “SERIA”: DATI E SERVIZI PER IL BIO PIEMONTESE

L’obiettivo è fornire servizi di supporto alle decisioni per l’applicazione delle strategie di produzione integrata e biologica

Nasce per l’agricoltura piemontese il progetto ‘Seria’, un sistema integrato di raccolta, elaborazione e diffusione di dati e informazioni da fornire alle aziende e alle strutture impegnate nell’assistenza tecnica del settore.

Scelte a basso impatto

L’obiettivo è fornire servizi di supporto alle decisioni per l’applicazione delle strategie di produzione integrata e biologica, aiutando il comparto a compiere scelte agronomiche e fitosanitarie a basso impatto ambientale che siano a tutela dell’ecosistema, delle risorse naturali e del paesaggio. Ad occuparsi della realizzazione di ‘Seria’ è il Sistema fitosanitario e tecnico-scientifico della Regione insieme a Fondazione Agrion e 3A srl.

«Seria – spiega l’assessore regionale all’agricoltura, Marco Protopapa – mette a disposizione dati agro-meteo, bollettini tecnici suddivisi per le principali filiere produttive ed informazioni tecnico-scientifiche previsionali di supporto alle decisioni che sono di grande utilità pratica per le aziende agricole piemontesi ed il personale tecnico operante in agricoltura».

130 stazioni meteo, 50 aziende pilota

«L’erogazione di questi servizi costituisce base fondamentale per affrontare le sempre più frequenti criticità climatiche e fitosanitarie che colpiscono le nostre colture».

Alla raccolta dei dati partecipano 130 stazioni meteorologiche elettroniche, cinque centri sperimentali sparsi tra le province di Torino, Cuneo e Alessandria, 50 aziende agricole pilota che rappresentano le cinque filiere produttive di orticoltura, viticoltura, corilicoltura, frutticoltura e cerealicoltura. Il progetto, operativamente avviato nel 2020, è finanziato con i fondi europei del Programma di sviluppo rurale 2014 -2020.

LAZIO PRIMA IN ITALIA PER START UP AGRICOLE

LAZIO PRIMA IN ITALIA PER START UP AGRICOLE

L’assessore Onorati: «Grazie ad un uso oculato dei fondi Psr siamo diventati la terza regione nazionale per numero di aziende bio»

«Abbiamo investito grazie ai fondi del programma di sviluppo rurale 1 miliardo e 105 milioni di euro per l’agricoltura del Lazio, conquistando il primo posto in Italia per startup create con 1.930 nuove giovani agricoltrici e agricoltori».

Lo ha reso noto l’assessore all’ agricoltura della Regione Lazio, Enrica Onorati durante la prima tappa del tour Psr Lazio presso il Garum-Museo della cucina a Roma.

«Si tratta di numeri importantissimi, dietro cui c’è la storia del Psr Lazio 2014-2022 e il futuro dell’agricoltura regionale».

Il traino del bio

«Un percorso in cui le misure traino sono state, indubbiamente, quelle destinate all’agricoltura biologica, ai giovani, al benessere animale, investimenti».

«Oltre alle nuove startup, abbiamo infatti sostenuto 2.010 aziende zootecniche e 6.700 aziende biologiche, posizionandoci nel settore bio come terza regione in Italia».

«È evidente che non parliamo solo di numeri ma di linfa vitale. Per chi si alza all’alba per lavorare la terra, accudire gli animali, preservare il territorio, e che difficilmente probabilmente riuscirebbe a sostenere la propria azienda senza i fondi europei, le regioni che attuano i programmi, le organizzazioni, i tecnici, i consulenti a supportarne la conduzione aziendale e guidare l’agricoltore nei percorsi di finanza agevolata».

Le linee guida

I concetti chiave portati avanti dall’amministrazione regionale laziale in agricoltura sono: sostegno ai giovani, ricerca e innovazione, agricoltura di precisione, equa distribuzione del reddito lungo la filiera produttiva, crescita sostenibile in termini di agricoltura biologica e integrata, difesa del valore della produzione e promozione del pregiatissimo made in lazio, maggiore attenzione alle politiche di genere e alla valorizzazione della responsabilità sociale, lotta ai cambiamenti climatici, cibo sano e accessibile a tutte e a tutti.

COLDIRETTI-UNAPROL: PERSO IL 33% DELL’OLIO ITALIANO

COLDIRETTI-UNAPROL: PERSO IL 33% DELL’OLIO ITALIANO

Le stime nel corso della giornata dell’olivo. A causa del clima crolla la produzione Sud nelle Regioni dove va forte l’olivicoltura bio. Un calo non equilibrato dal lieve aumento registrato al Centro Nord

Con il crollo della produzione nazionale di olive (-37%) gli italiani devono dire addio a oltre 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy. Il tutto mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio.

Il dossier

È quanto emerge dal Dossier “2022 fra clima e guerra, nasce l’olio nuovo” di Coldiretti e Unaprol su dati Ismea, diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Ulivo, con iniziative nei mercati di Campagna Amica in tutta Italia.

Secondo l’analisi delle due associazioni, la produzione nazionale del 2022 crolla a circa 208 milioni di chili, in netta diminuzione rispetto alla campagna precedente.

Penalizzate Puglia e Calabria

I cali peggiori si registrano al Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura bio, dalla Puglia alla Calabria, che da sole rappresentano il 70% della raccolta nazionale. In Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si arriva a un taglio del 52% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento, distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale.

L’effetto mitigante dei grandi laghi del Nord

Ma crollano anche la Calabria (-42%) e la Sicilia (-25%). La situazione migliora verso il Centro e il Nord, con il Lazio che registra un progresso del +17% e l’Umbria e la Toscana fanno ancora meglio con +27%, mentre l’Emilia Romagna cresce del +40% e la Liguria del +27%. Incrementi ancora maggiori in Veneto con +67% e in Lombardia che segna un +142% con gli uliveti che si estendono dalle sponde dei laghi, Garda, Como, Maggiore, fino alle valli alpine.

STUDIO LUISS: L’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA AIUTA GLI SPORTIVI

STUDIO LUISS: L’ALIMENTAZIONE BIOLOGICA AIUTA GLI SPORTIVI

Migliori recuperi, riduzione peso corporeo, maggior benessere psico-fisico, migliori prestazioni: i risultati sorprendenti ottenuti dal confronto tra due diversi gruppi di atleti dei team As Luiss Volley alimentati con dieta bio e convenzionale

È stato presentato a Roma lo studio “Alimentazione biologica, performance sportiva e stili di vita” condotto da Sport Luiss Lab (Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli).

Un documento che mostra i benefici che gli sportivi possono ottenere da un piano alimentare personalizzato a base di alimenti biologici e sostenibili.

 

Squadre a confronto

Un gruppo di atleti dei team As Luiss Volley ha seguito un piano nutrizionale a base di alimenti biologici, mentre un secondo gruppo ha seguito le consuete abitudini alimentari, adottando schemi dietetici personalizzati. Dopo appena un mese, entrambi i gruppi hanno ottenuto benefici evidenti. In particolare, la dieta biologica ha portato a risultati sorprendenti. Da migliori recuperi e prestazioni sportive, a una riduzione del peso corporeo, fino a un maggior benessere psico-fisico.

 

Doppio vantaggio

«L’inclusione di alimenti biologici – afferma Stefano D’Ottavio, direttore scientifico Luiss Sport Lab – nella dieta quotidiana degli atleti ha avuto un impatto significativo sulla diversità dei prodotti alimentari consumati e ha incoraggiato la formazione di sane abitudini alimentari». Lo schema di alimentazione più sostenibile utilizzato ha determinato un maggiore utilizzo di alimenti di origine vegetale, con un doppio vantaggio per la salute degli atleti e per quella del pianeta.

GLI OSCAR DELLA SOSTENIBILITÀ A ECOMONDO

GLI OSCAR DELLA SOSTENIBILITÀ A ECOMONDO

Premi a Caviro Extra per l’economia circolare, all’associazione Drago delle Colline metallifere per la tutela del capitale naturale e alla start-up Energy Dome

L’oscar della sostenibilità a tre realtà italiane. Nel corso dell’ultima edizione di Ecomondo a Rimini è stato infatti assegnato il premio Sviluppo Sostenibile 2022, istituito per il dodicesimo anno dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dall’Italian Exhibition Group, con il patrocinio del Ministero della transizione ecologica. Ad essere premiate sono state tre aziende italiane considerate leader della green economy.

Tre settori

Il premio quest’anno ha visto in concorso tre settori, economia circolare, capitale naturale e start up per il clima.

Le tre medaglie d’oro sono andate a:

  • Caviro Extra di Faenza, che trasforma gli scarti della vinificazione in elettricità rinnovabile, per il progetto Il progetto “Legami di vite” che coinvolge nove realtà vitivinicole emiliano-romagnole;
  • Associazione Drago delle Colline Metallifere (Distretto Rurale Agricolo Gastronomico Organizzato) di Marsiliana di Massa Marittima, per un progetto per promuovere l’agricoltura biologica, l’agroecologia, la tutela della biodiversità nelle Colline Metallifere della Toscana;
  • Energy Dome di Milano, per una tecnologia di accumulo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili.

L’impegno nella green economy

«Il premio – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile – è nato per far conoscere e promuovere le migliori pratiche e migliori innovazioni nei vari settori della green economy». «Ogni anno abbiamo visto crescere il numero delle aziende che vi hanno partecipato e la qualità dei progetti: un buon segno di vitalità delle nostre imprese e delle start up che stanno facendo della sostenibilità la loro cifra».

SOSTENIBILITÀ, LA STRADA MAESTRA DELLA CERTIFICAZIONE

SOSTENIBILITÀ, LA STRADA MAESTRA DELLA CERTIFICAZIONE

Per sgombrare il campo da affermazioni false o dubbie, che potrebbero aprire la strada a equivoci e contenziosi, la Commissione europea sta pensando alla necessità di regolamentare le dichiarazioni green in etichetta imponendo la certificazione obbligatoria

La politica agricola comunitaria si tinge di green come non mai. Dal primo gennaio 2023 entra infatti in vigore una nuova Pac fortemente condizionata dalla strategia Farm to Fork dell’European Green deal che mette al centro la sostenibilità come strumento per conciliare sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente.

Un concetto poco definito

La sostenibilità è però ancora un concetto poco definito, mancando a livello normativo un chiaro elenco di requisiti minimi e condivisi, utili per poter rivendicare tale condizione in maniera chiara ed inequivocabile come avviene già per il biologico (unico metodo di produzione la cui cornice è pienamente regolamentata a livello europeo).

Il mensile VVQ, Vigne, Vini & Qualità, in un articolo scritto da Stefano Sequino, dà quindi conto delle riflessioni dell’Esecutivo comunitario sulla necessità di riformare il quadro normativo sulle autodichiarazioni green.

Oggi infatti sono applicati numerosi schemi volontari di sostenibilità caratterizzati da indicatori e obiettivi che, con proprie peculiarità, prevedono un sistema di certificazione affidato ad enti terzi per verificare la conformità dei requisiti indicati dagli standard.

Il rischio greenwashing

Una pluralità di interpretazioni che, secondo la Commissione Ue, non mette al riparo il consumatore dal rischio di essere confuso e condizionato dal bombardamento di indicazioni ambientali poste soprattutto sulle etichette dei prodotti agroalimentari che rischiano di costituire un mero greenwashing.

Uno screening recentemente promosso dalla Commissione in tutta Europa ha messo in evidenza la frequenza di affermazioni di sostenibilità dubbie:

  • nel 50% dei casi il venditore non fornisce informazioni sufficienti per valutare la veridicità dell’affermazione;
  • 37% presenza di formulazioni vaghe e generiche come “cosciente”, “rispettoso dell’ambiente”, “sostenibile” finalizzate a suscitare nei consumatori l’impressione, priva di fondamento, di un prodotto senza impatto negativo sull’ambiente;
  • 59% mancanza di elementi facilmente accessibili a sostegno delle affermazioni di sostenibilità;
  • 42% affermazioni giudicate falsa o ingannevoli dalle autorità preposte, potenzialmente in grado di configurare una pratica commerciale sleale

 

Prove attendibili e verificabili

Alla fine dell’anno scorso la comunicazione 2021/C 526/01 della Commissione europea – documento di orientamento che analizza la direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori – aveva dato ampio risalto al rischio greenwashing, fenomeno definito come una indebita appropriazione di “virtù ambientaliste” finalizzata alla creazione di un’immagine verde.

La Commissione pone quindi l’accento sulla necessità che le dichiarazioni ecologiche in etichetta debbano essere basate su prove attendibili e verificabili, che tengano conto dei metodi e dei risultati scientifici, utili per dimostrare alle autorità competenti l’esattezza e la veridicità di quanto dichiarato. In altri termini, le informazioni sono credibili solo se verificabili: l’onere della prova – precisa il documento – è a carico dell’operatore che rivendica in etichetta indicazioni di sostenibilità.

La strada maestra per sgombrare il campo da equivoci e contenzioni è quella della certificazione e una nuova proposta di direttiva europea punta a migliorare il regime di tutela delle pratiche sleali, vietando l’utilizzo di marchi di sostenibilità che non siano basati su un sistema di certificazione o non siano stabiliti da autorità pubbliche.