Suolo e Salute

Mese: Maggio 2022

UNA FILIERA DELLA BIRRA AGRICOLA 100% LOCAL E BIO

UNA FILIERA DELLA BIRRA AGRICOLA 100% LOCAL E BIO

A Cibus firmato il protocollo d’intesa tra Cia-Agricoltori e Unionbirrai uniti per fare crescere un settore in grado di dare risposte convincenti alle aree interne del nostro Paese

Fare sistema per difendere le attività brassicole artigianali, creando un legame diretto fra birrifici indipendenti e aziende agricole per la produzione di specialità legate al territorio.

È l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato alla fiera Cibus tra Cia-Agricoltori Italiani e Unionbirrai che dà il via a una collaborazione sinergica tra i due protagonisti di questo comparto giovane e dinamico, ovvero l’agricoltore e il mastro birraio.

I numeri del settore

Già dal 2015 al 2022 le imprese produttrici di birra artigianale sono arrivate a 1.253 unità (+93%), con un incremento di occupati pari al 31%. Un comparto che oggi vale il 4% del mercato nazionale per una produzione di 500 mila ettolitri l’anno, di cui il 20% in biologico per un fatturato di oltre 250 milioni di euro.

La differenza tra artigianale e agricola

Protagonisti di questa crescita, i birrifici agricoli (21% del settore), che rispetto agli artigianali garantiscono una percentuale di produzione di orzo in proprio. Un trend che va favorito incentivando lo sviluppo di filiere locali. Dopo un normale approvvigionamento estero di materia prima, ora si punta ad una marcata caratterizzazione territoriale; un’opportunità per le aziende che possono coltivare cereali per la maltazione, valorizzandoli rispetto agli abituali mercati delle commodity; per chi produce birra, invece, di scommettere sull’unicità del prodotto e non solo perché artigianale.

Verso la definizione di nuove Dop

«L’agreement formalizza una partnership importante in particolare per la valorizzazione della filiera – commenta il direttore generale di Unionbirrai, Vittorio Ferraris – dalla produzione delle materie prime alla trasformazione, al prodotto finito».

Secondo il presidente Cia, Dino Scanavino: «La creazione di distretti brassicoli territoriali con un proprio disciplinare di produzione può aprire la strada della denominazione di origine protetta anche al mondo della birra e questo darebbe maggior valore alle produzioni agricole e potrebbe essere occasione di sviluppo e recupero per tante aree interne o marginali del nostro Paese».

«CHI ATTACCA IL BIOLOGICO, VUOLE COLPIRE L’ITALIA»

«CHI ATTACCA IL BIOLOGICO, VUOLE COLPIRE L’ITALIA»

Lo afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini stigmatizzando l’intervento del Ceo di Syngenta Erik Fyrwald che in un’intervista a un quotidiano svizzero ha chiesto «lo stop dell’agricoltura biologica».

«L’attacco della multinazionale Syngenta al biologico colpisce direttamente l’Italia». Coldiretti non usa mezzi termini contro la “sparata” della società dell’agrochimica acquisita nel 2017 dal colosso cinese ChemChina.

La “sparata” di Fyrwald

In un’intervista rilasciata al quotidiano svizzero The Neue Zürcher Zeitung (“Il nuovo giornale di Zurigo”, clicca qui per accedere alla versione digitale) l’amministratore delegato Erik Fyrwald aveva infatti invocato lo stop del biologico perché «è dannoso per il clima e determina un maggiore uso del suolo».

Nell’intervista il Ceo di Syngenta si è spinto a dire che «le rese dell’agricoltura biologica possono essere inferiori fino al 50% e la conseguenza indiretta è che le persone muoiono di fame in Africa, perché stiamo mangiando sempre più prodotti biologici».

Una semplificazione tutta da dimostrare, un’evidente forzatura a cui risponde il presidente di Coldiretti Ettore Prandini: «Viviamo in un’economia di mercato dove a decidere cosa produrre non può essere di certo la cinese Syngenta».

Speculare sulla guerra

Speculare sulla crisi ucraina per invocare il ritorno a un modello iperintensivo che ha mostrato tutti i suoi limiti non è un modo razionale per rispondere al rischio di carenze alimentari nei Paesi in via di sviluppo e può diventare un boomerang per Paesi sensibili al tema della sostenibilità della produzione agricola come l’Italia. Dove anche il gruppo con sede a Basilea in Svizzera si è impegnato negli ultimi anni investendo in soluzioni a basso impatto come biostimolanti e agenti di biocontrollo autorizzati nel biologico.

«L’intervento di Fyrvald – continua Prandini – è offensivo per un modello produttivo come quello dell’Italia, leader europeo nel numero di imprese agricole bio con ben 70mila produttori  ed oltre 2 milioni di ettari coltivati».

Il caso Verisem

«Un parere inopportuno – mette in evidenza il presidente – perché espresso dal massimo esponente della multinazionale del settore dell’agro-industria, specializzata nella produzione di mezzi tecnici per l’agricoltura e nelle attività nel campo delle sementi, acquistata nel 2017 per 43 miliardi di dollari dal colosso cinese ChemChina, il quale nel frattempo si è unito con Sinochem, dando vita a una holding petrolchimica da 150 miliardi di dollari».

«Un intervento che arriva -sottolinea – dopo il tentativo fallito dalla multinazionale cinese di acquisire in Italia la ditta sementiera Verisem, per la quale ha ricevuto lo stop dal Governo italiano attraverso l’espressione della golden share riservata alle attività strategiche come appunto la produzione di semente».

Coldiretti ricorda che l’Italia ha dato il via libera alla legge sul biologico ed è impegnata ad elaborare il relativo piano strategico, oggi i prodotti bio finiscono nel carrello della spesa di quasi due italiani su tre (64%) con le vendite totali che nell’ ultimo decennio sono più che raddoppiate tanto che nel 2021 hanno sfiorato il record di 7,5 miliardi di euro di valore, tra consumi interni ed export.

«Nessun passo indietro sulla sicurezza alimentare»

«Oggi l’agricoltura italiana è la più green d’Europa, con 316 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 526 vini Dop/Igp, 5333 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, ha la leadership nel biologico e nella biodiversità ma anche il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari».

«Un Paese come il nostro – conclude Prandini – non può accettare passi indietro sulla sicurezza alimentare: l’aumento quantitativo delle produzioni deve essere ottenuto solo salvaguardando con azioni concrete aziende agricole e stalle».