Suolo e Salute

Anno: 2021

FILIERA LATTIERO CASEARIA: UN PROGETTO PER LA RIDUZIONE DI EMISSIONI

FILIERA LATTIERO CASEARIA: UN PROGETTO PER LA RIDUZIONE DI EMISSIONI

Verrà discussa alla COP26 di novembre, l’iniziativa collettiva per lo sviluppo di basi scientifiche e metodologie, utili contro il cambiamento climatico e plausibilmente estendibili ad ogni sistema di produzione.

Via a “Pathways to Dairy Net Zero” l’iniziativa per accelerare l’azione contro il cambiamento climatico, presentata il 22 settembre 2021, nell’ambito della Climate Week.

Quaranta le organizzazioni coinvolte nel progetto, di cui il 30% responsabili della produzione mondiale di latte. L’obiettivo? Ridurre le emissioni di gas a effetto serra, conservando costante la produzione di alimenti nutrienti e di qualità, per sei miliardi di persone.

Sei i principi alla base dell’iniziativa

1 Mitigazione. Migliorare l’efficienza dei processi per ridurre le emissioni di gas serra.
2 Rimozione di gas serra. Perfezionare le pratiche di produzione che proteggono serbatoi di carbonio, come suolo, foreste, ecc.
3 Miglioramento delle pratiche di gestione. Dell’energia, del letame, dei fertilizzanti ecc.
4 Inset e Offset. Implementare opzioni di riduzione alternative.
5 Misurazione e monitoraggio. Delle emissioni di gas serra, al fine di una pianificazione strategica.
6 Promozione dell’iniziativa a livello globale. Per evidenziare l’iniziativa e il traino del settore lattiero caseario.

Partnership a sostegno del progetto

Alla base dello studio che ha dato avvio alla ricerca, un gruppo di organizzazioni multi-stakeholder unito a rappresentanti della comunità scientifica. Tra questi il: il Rural College scozzese e il New Zeland Agricultural Greenhouse Gas Research Center (entrambi parte della Global Research Alliance on Agricultural Greenhouse Gases); accompagnati dal prezioso sostegno – fornito attraverso dati e analisi -, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Rilevazioni delle analisi e percorsi plausibili

Da una ricerca iniziale effettuata, emerge come il settore lattiero caseario, disponga già – fino al 40% in alcuni sistemi – dei mezzi sufficienti a ridurre una significativa parte delle emissioni. Come abbiamo già visto, uno degli intenti del progetto è proprio quello di ottimizzare l’uso delle risorse, conservandone la produttività. Ma l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha aggiunto all’interno di un rapporto redatto, che la principale sfida per la mitigazione dei gas serra, risiede nella riduzione di anidride carbonica che rimane nell’atmosfera per moltissimo tempo a seguire.

Il rapporto rivela la possibilità da parte dei ricercatori, di concentrarsi sul gas metano: un inquinante certo potente, ma che rispetto ad altri, resta propagato nell’atmosfera per dodici anni. Potrebbe quindi rappresentare una buona opportunità per agire tempestivamente sul cambiamento climatico.

Tra le quaranta organizzazioni a supporto di “Pathways to Dairy Net Zero” vi sono realtà come: Nestle, Danone, Agropur Dairy Cooperative, Arla Foods, La Vida Lactea e moltissime altre.

Il progetto accelererà gli sforzi per il clima già in corso [. . .] per ridurre le emissioni dei prodotti lattiero caseari nei prossimi decenni. Questo settore, ha molto da offrire per guidare questa transizione” ha commentato l’amministratore delegato di Royal FrieslandCampina, Hein Schumacher; anche Presidente della Global Dairy Platform.

Noi riteniamo sia importante, lo slancio dimostrato da parte del settore. Slancio che, se unito a un cambio di paradigma nella modalità di produzione agricola e in particolare nell’investimento al biologico, porterebbe una vera, efficace rivoluzione, per la lotta al cambiamento climatico.

Fonte: Ruminantia

FRUTTA E ORTAGGI: BIOLOGICO VUOL DIRE FIDUCIA

FRUTTA E ORTAGGI: BIOLOGICO VUOL DIRE FIDUCIA

L’ortofrutta traina le scelte dei consumatori consapevoli registrando anche nel biennio 2019-2021 un tasso di crescita complessivo del 9%.

Biologico vuol dire fiducia. Soprattutto nel caso dell’ortofrutta, che continua ad attrarre nuovi consumatori con vendite che crescono ad un ritmo addirittura del 12% tra il 2019 e il 2021 per le orticole, del 7% per la frutta e del 9% per le orticole trasformate nello stesso periodo.

Frutta e ortaggi biologici sono tra le categorie merceologiche maggiormente presenti nella spesa degli italiani.

Il valore di mercato della frutta

Tra le annualità 2019/21 il valore di mercato della frutta è aumentato del 7% arrivando a sfiorare in giugno 700 milioni di euro. Un +10% è stato registrato per la frutta trasformata arrivando ad un dato complessivo di 864 milioni di euro.

Tra i frutti più consumati le banane biologiche, seguono: mele, arance, limoni, pere, noci, pesche, uva, clementine, meloni, kiwi, fragole, mandorle, angurie e albicocche bio. Il Sud Italia, emerge come la zona leader per la vendita di fresco mentre il Nord Ovest si distingue per la vendita di prodotto trasformato.

Canali di vendita della frutta

Dal 2017 cresce del 3,1% la vendita di frutta per la Gdo. La vendita attraverso i canali tradizionali si alza al +14,1%, sorprendente è l’impennata dell’e-commerce al +202,6%.
Nel 2021 invece, supermercati e negozi tradizionali realizzano le vendite maggiori: 165 milioni di euro per quanto riguarda la frutta fresca biologica venduta nei supermercati; 340 milioni di euro, quella fresca venduta attraverso i canali tradizionali.

Il valore di mercato degli ortaggi

Il mercato degli ortaggi bio, realizza una vendita di 644 milioni di euro. Tra il 2017 e il 2021, la crescita ammonta al 6% (tra ortaggi freschi e trasformati). In testa ai prodotti i pomodori, li seguono: zucchine, peperoni, patate, finocchi, melanzane, carote, carciofi, insalate. La zona del Sud Italia, risulta quella più motivata all’acquisto.

Canali di vendita degli ortaggi

Dal 2017 cresce del 14,9% la vendita attraverso la Gdo; i canali tradizionali calano dell’ 1,6%; l’e-commerce, anche nel caso degli ortaggi, aumenta del 211,7%.
Nel 2021 invece, supermercati e negozi tradizionali realizzano le vendite maggiori: 106 milioni di euro per quanto riguarda la verdura fresca venduta nei supermercati; 300 milioni di euro, quella fresca venduta nei canali tradizionali.

Tra il 2016 e il 2021, Meo evidenzia un aumento del prezzo al kg registrato, per alcune tipologie di prodotto. Tra queste: le mele bio (Golden Delicious) che raggiungono la loro impennata nel 2018 e 2019 e i pomodori tondi lisci biologici, più cari tra 2019 e 2020.

Sottolinea infine l’ascesa delle importazioni di prodotti bio, con il +13,1%. All’interno di queste, il 25% del totale è rappresentato proprio da frutta e verdura.

 

Fonte: Italiafruit

Il BIOLOGICO CONQUISTA UNA GIORNATA TUTTA SUA

Il BIOLOGICO CONQUISTA UNA GIORNATA TUTTA SUA

Ogni anno ci sarà in settembre la giornata europea per l’Agricoltura Biologica lo vuole Bruxelles, ed è una delle iniziative previste dal Piano d’Azione dell’UE per promuovere e diffondere l’Agricoltura Biologica tra gli Stati membri.

Il 23 settembre e Ad annunciarlo principali europe: Janusz Wojciechowski – Commissario UE all’Agricoltura, Joze Podgoresk – Presidente di turno del Consiglio UE all’Agricoltura, Benoit Ludgen – Europarlamento.

Una novità incoraggiante, in linea con gli obiettivi del Green Deal.  Un riconoscimento che tiene fede alla scelta intrapresa dall’Europa, verso una transizione agroecologica che pone l’Agricoltura Bio, tra i principali strumenti da promuovere e preservare all’interno dell’Unione.

Wojciechowsi: «Vogliamo sostenere la crescita del settore»

«Non mancano paesi in Europa, che si sono distinti per risultati e storie di successo e che incentivano a un investimento nel settore. Italia e Austria, sono tra questi – sottolinea il Commissario europeo.
Per quanto riguarda la vendita dei prodotti biologici: in Italia, ho potuto riscontrare un’organizzazione di grande efficienza.
»

Podgoresk: «Diventerà il momento per fare il punto sul comparto»

La ricorrenza è stata fortemente desiderata da Ifoam Organics Europe, Federazione europea delle associazioni del biologico. In Italia il comparto biologico ha realizzato un incremento del 5,1% delle superfici coltivate, un aumento del 5% dei consumi interni e il +11% di export bio del Made in Italy.

Lutgen: «Uno strumento utile per sostenere la transizione agroecologica dell’agricoltura europea»

«Oltre a rientrare nelle iniziative previste dal Piano d’Azione europeo sul biologico, la data dedicata, intende essere uno degli strumenti che incoraggia ogni Stato membro a inserire misure a supporto dello sviluppo del biologico, nei Piani strategici nazionali» afferma l’eurodeputato belga.

Mammuccini: «Un’ulteriore conferma della fiducia dell’Europa sul biologico»

«Ora chiediamo al Governo più coerenza legislativa a livello nazionale, per il settore – aggiunge la Presidente di FederBio  -, a iniziare dal Piano Strategico nazionale della PAC, per arrivare a un’approvazione celere della legge nazionale sull’agricoltura biologica (Piano d’Azione Nazionale, compreso).»

D’Elia: «Si tratta di un riconoscimento importante»

«Le parole del Commissario UE all’Agricoltura danno merito del ruolo da battistrada che l’Italia ha svolto fino ad oggi in Europa, in questo settore – evidenzia il Direttore generale di Suolo e Salute – uno sviluppo in cui ha pesato anche il sistema di certificazione, che accompagna con competenza la crescita del biologico da ormai trent’anni, e che dà merito a chi ha saputo, con lungimiranza, immaginare un futuro più sostenibile per la nostra agricoltura, prima ancora che il termine “sostenibilità” venisse inventato

D’Elia richiama alla memoria, figure come Francesco Garofalo, pioniere in questo ambito. Docente di fitoiatria dell’Università di Torino che cinquantadue anni fa fondò l’originaria associazione Suolo e Salute. Figura operativa già all’epoca, con la volontà di diffondere un sistema agricolo diverso, in grado di produrre alimenti sani, nel rispetto dell’ambiente.

«L’augurio  – aggiunge D’Elia – è che la Giornata del Biologico divenga, anche nel nostro paese, l’occasione per affrontare con responsabilità il tema della transizione agroecologica. Portando così a un clima più sereno attorno al bio e diffondendo più consapevolezza sulle motivazioni che portano l’UE ad affidarsi a questo metodo di produzione per realizzare gli ambiziosi obiettivi del Green Deal.»

 

Fonte: Terra e Vita

IL FUTURO DEL CIBO BIO ALLA ORGANIC FOOD CONFERENCE 2021

IL FUTURO DEL CIBO BIO ALLA ORGANIC FOOD CONFERENCE 2021

In programma dal 30 settembre al 1 ottobre a Varsavia. La conferenza può essere seguita in diretta streaming dagli utenti registrati

Via alla Organic Food Conference 2021. La conferenza biennale sugli alimenti biologici di IFOAM Organics Europe si svolgerà dal 30 settembre al 1 ottobre a Varsavia e potrà essere seguita in diretta streaming (per registrarsi cliccare su questo link).

Il focus sulla trasformazione

La nuova edizione dell’evento, lanciata con il motto “Il futuro del cibo biologico” è organizzata in collaborazione con la Pize (Polish Chamber of Organic Food), la Camera Polacca dell’Alimentazione Biologica ed è rivolta soprattutto ai trasformatori di alimenti biologici, i dettaglianti, i commercianti, gli importatori e gli organismi di controllo.

Il programma

Questi gli argomenti in programma:

  • Green Deal europeo. Come raggiungere l’obiettivo del 25% di terreni biologici entro il 2030;
  • I cambiamenti attesi nel nuovo regolamento Ue sul biologico;
  • Packaging dei prodotti biologici, cosa cambia; e
  • progetto ProOrg sulla trasformazione, gli aggiornamenti;
  • in collaborazione con FoodShift2030 verranno presentate delle case history che hanno ispirato modelli di business biologici di successo.

Come nelle precedenti edizioni, i rappresentanti del settore, i politici e i partecipanti avranno l’opportunità di fare rete, condividere le conoscenze e ottenere approfondimenti sullo sviluppo della supply-chain, sulle tendenze del mercato e molto altro.

QUI è possibile scaricare il programma completo. Si tratta di un evento a pagamento con tariffe ridotte per i membri di IFOAM Organics Europe e PIZE, studenti e agricoltori.

Ulteriori informazioni a questo LINK.

Fonte: Sinab

UN BIODISTRETTO CHE COPRE TUTTA LA PROVINCIA DI TRENTO

UN BIODISTRETTO CHE COPRE TUTTA LA PROVINCIA DI TRENTO

Sarà istituito dopo il referendum del 26 settembre. Un sondaggio della società Xyz Field testimonia il grado di consapevolezza dei cittadini della Provincia autonoma: per più del 70% dei trentini fiducia nel biologico

Un unico biodistretto o più di uno? La provincia di Trento ha di recente aggiornato la normativa locale sul biologico. Una riforma (la precedente legge era del 2003) fortemente voluta dall’assessore provinciale Giulia Zanotelli, per recepire le norme europee, promuovere la valorizzazione dell’agricoltura biologica, migliorare il sistema di vigilanza e sostenere i distretti biologici.

Il comitato promotore

Creando le condizioni per costituirne uno nuovo di zecca, il Biodistretto del Trentino, proposto da un comitato di cui fa parte anche Andreas Fernandez, presidente della Commissione consiliare per l’ambiente, l’agricoltura, la mobilità e la vivibilità urbana del comune di Trento.

Il referendum per la sua costituzione è previsto il prossimo 26 settembre e coinvolgerà tutta la popolazione della Provincia autonoma.

Il quesito referendario

l quesito referendario propone: «Volete che, al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi – nel rispetto delle competenze nazionali ed europee – finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti?»

I dubbi, fuori e dentro al bio

Una copertura provinciale totale che rappresenterebbe un precedente unico per il nostro Paese e che ha sollevato qualche dubbio tra gli operatori agricoli trentini non bio, ma anche all’interno dei biodistretti già esistenti (Trento, Valle dei Laghi e Valle di Gresta), che temono di perdere la loro specificità (e il motivo della loro stessa esistenza).

Obiezioni che Fernandez rispedisce al mittente sostenendo: «in gioco c’è il destino, sostenibile o meno, del nostro territorio». «Bio significa anche trovare delle alternative alle monocolture intensive: noi immaginiamo un territorio più attento alla biodiversità che diversifichi la propria produzione, con una particolare attenzione alla salubrità dei processi e alla riduzione dell’utilizzo di trattamenti con agrofarmaci di sintesi».

«Rispetto al resto d’Italia -ribadisce il Consigliere trentino -, dove il biologico sta crescendo, qui siamo ancora molto indietro visto che il bio provinciale non supera il 6% della superficie agraria».

Un recente sondaggio effettuato dalla società Xyz Field ha voluto testare il grado di consapevolezza dei cittadini trentini e, secondo i ricercatori, i risultati indicano «un rapporto molto stretto e profondo con il mondo del biologico per i trentini».

I risultati del sondaggio

Il 66% degli intervistati ha infatti saputo scegliere la corretta definizione di prodotto biologico (“prodotto certificato che si ottiene senza utilizzare fertilizzanti, pesticidi e fertilizzanti chimici e industriali”).

Il grado di fiducia nei confronti del bio è molto alto in Trentino (73%), un dato che si traduce nel pratico con una percentuale che arriva quasi al 68% di persone che acquistano sovente (17,2% ‘sempre’ e 52,5% ‘qualche volta’) prodotti biologici.

Chi acquista biologico in Trentino lo fa principalmente perché ritiene i prodotti “più sani” (nel 63,3% dei casi), di “maggiore qualità” (32,3%), perché “salvaguardano l’ambiente e gli ecosistemi (30,2%) e per il loro “sapore” (19,4%). Interessante analizzare anche le ragioni che spingono al ‘non acquisto’ la percentuale di trentini che compra raramente (14,3%) o mai (16%) prodotti bio: in questa categoria il 44,5% delle persone “non crede nel biologico” ma ben il 23,6% non acquista biologico perché “consuma prodotti del suo orto o dell’orto di amici e parenti”. Importante la percentuale anche di chi non compra bio per il prezzo troppo elevato (22%).

Parlando della transizione verso il biologico poi, i cittadini hanno messo al primo posto per importanza l’idea che «è compito di tutti proteggere l’ambiente». Fondamentale per i trentini anche “tutelare la salute”, “difendere la biodiversità” e “preservare le risorse idriche”.

In tutto per l’analisi effettuata da Xyz Fieldsono state interpellati 600 residente della Provincia Autonoma di Trento che hanno risposto ad un questionario online.

Fonte: il dolomiti

STOP AL SEME IN DEROGA, ALLARME PER CEREALI E LEGUMINOSE BIO

STOP AL SEME IN DEROGA, ALLARME PER CEREALI E LEGUMINOSE BIO

Dal 2022 non sarà più possibile utilizzare seme convenzionale per 17 colture importanti tra cui frumento duro e tenero, ma solo il 5% delle superfici sementiere sono dedicate a queste produzioni. Cia Agricoltori italiani lancia un progetto per favorire gli accordi interprofessionali ma chiede al Mipaaf più impegno nel piano annunciato più di un anno fa

Addio deroga automatica per la semente non certificata bio. Già oggi per erba medica e trifoglio alessandrino non si può più utilizzare seme prodotto con tecniche convenzionali, un vincolo che potrebbe valere dall’anno prossimo per altre 15 colture importanti per la nostra agricoltura bio. Un elenco che comprende frumento duro e tenero, avena, farro, orzo e leguminose come lenticchia e fava, ecc.

Più programmazione

Dall’anno prossimo cambia anche il tempo utile concesso ai sementieri per fornire il materiale di propagazione richiesto. Ora è solo di 5 giorni, un termine talmente stretto da determinare, per l’appunto, una deroga automatica, dal 2022 sarà esteso a un anno, spingendo gli agricoltori ad una migliore programmazione delle semine.

Il problema è che in Italia il seme biologico continua ad essere decisamente insufficiente. Solo poco più del 5% della superficie sementiera nazionale è infatti destinata alle produzioni senza chimica di sintesi. Si tratta di quasi 11mila ettari sui 203mila complessivi riservati all’attività di moltiplicazione del seme. Questo vuol dire che, per la maggior parte delle colture, sono disponibili soltanto poche nuove varietà adatte al bio, spesso decisamente più costose.

Il progetto lanciato al Sana

Difficoltà a cui intendono rispondere Cia-Agricoltori Italiani e Anabio con l’iniziativa “Progetto Sementi Biologiche” lanciato nel corso dell’ultima edizione del Sana di Bologna.

Un’iniziativa che mira a migliorare e accrescere la disponibilità e la qualità di sementi bio, attraverso la promozione di accordi interprofessionali con le ditte sementiere. «Occorre però, spiegano da Cia Agricoltori Italiani, che anche il Ministero delle Politiche agricole faccia la sua parte avviando finalmente il Piano nazionale di ricerca per le sementi biologiche».

Una sfida decisiva

«La strategia Farm to fork – ricorda Federico Marchini, presidente di Anabio – impegna l’Unione europea a raggiungere il 25% di superficie agricola bio entro il 2030. In questo contesto quella delle sementi bio è una delle sfide più importanti».

Per non rallentare la crescita del bio (2 milioni di ettari in Italia per un valore alla produzione di 3 miliardi di euro), bisogna far decollare nello stesso modo il comparto sementiero, per chiudere la filiera e contribuire nel migliore dei modi alla tutela della biodiversità e, quindi, della salute della terra.

Una svolta non più derogabile per guardare con ottimismo alla scadenza del 2036, quando non sarà più possibile fare ricorso al sistema delle autorizzazioni in deroga per nessuna coltura.

Digitalizzare la Banca dati sementi

Anche perché gli strumenti per raggiungere questo obiettivo ci sono: la Banca Dati Sementi, operativa dal 2019 e che al momento contiene 878 varietà, va riformata e digitalizzata. «è però altrettanto necessario -mettono in evidenza da Cia Agricoltori italiani – che il Ministero delle Politiche agricole acceleri sulla definizione e sul finanziamento di un nuovo Piano nazionale per le sementi biologiche, annunciato da oltre un anno, ma ancora bloccato nell’iter amministrativo».