Suolo e Salute

Anno: 2017

Decreto controlli nel bio: le aziende italiane scrivono a Martina

Dopo le proteste delle organizzazioni del settore anche le aziende italiane leader nel mondo del bio si mobilitano.

Continua a far discutere il decreto legislativo emanato dal Ministero delle Politiche Agricole, in materia di controlli sulla produzione agricola e agroalimentare biologiche.

In 71 hanno indirizzato una lettera al ministro Maurizio Martina. Nella missiva, elencati tutti i punti controversi della nuova norma, articolo per articolo.

Aziende italiane bio contro il decreto: “È mancata concertazione”

Tanti i nomi illustri che hanno deciso di sottoscrivere la missiva. Da Alce Nero ad Almaverde Bio. Da Granarolo a Terremerse. Sono in tutto 71 le aziende italiane del comparto biologico che hanno espresso “preoccupazione” per le conseguenze del decreto legislativo sui controlli nel comparto:

«Le disposizioni presenti in questo decreto – scrivono le imprese – rischianoseriamente di ottenere effetti contrari a quelli prefigurati, sia in termini di maggiore efficacia dei controlli, sia di tutela dei consumatori, sia di efficienza procedurale ed operativa».

I brand lamentano poi la mancanza di coinvolgimento nell’iter legislativo da parte del Ministero:

«Siamo rimasti negativamente sorpresi anche dall’assenza di concertazione con le organizzazioni d’impresa che, lungo la filiera, rappresentano il punto di vista e l’interesse degli operatori economici del settore, essendo convinti che un confronto in questo senso avrebbe potuto dare un contributo rilevante ad un miglioramento reale dello stato attuale delle cose».

I sottoscrittori ricordano infine come “il mercato dei prodotti biologici sia disciplinato in ambito comunitario”. Un aspetto evidentemente sottostimato dal Ministero:

«Intervenire in modo così pesante sulle regole del solo nostro Paese – scrivono – rischierebbedi compromettere la competitività delle nostre Aziende in ambito internazionale».

Tutti gli articoli da rivedere secondo le aziende italiane bio

In definitiva, il parere delle aziende bio è “sostanzialmente non positivo”. Vengono quindi illustrate “modifiche sostanziali” al provvedimento, elencate nella missiva punto per punto:

  • L’articolo 4, comma 4, prevede che gli organismi di controllo richiedano una nuova autorizzazione ogni 5 anni. Una previsione che “aumenterebbe inutilmente i costi di sistema”.
  • L’articolo 4, comma 6, lettera d, disciplina invece il conflitto di interessi. Qui le aziende italiane ritengono “eccessiva, eccessivamente generica e sostanzialmente negativa la previsione” del decreto. Chiedono quindi di favorire la partecipazione agli Organi di Controllo da parte “di organizzazioni di imprese, di cooperative, di consorzi, di associazioni”, purché “aperte e caratterizzate da solide pluralità di operatori, tra loro anche concorrenti”.
  • L’articolo 4, comma 9 impone invece il cambio periodico degli Organismo di Controllo. Una disposizione che “graverebbe oltremodo sulle imprese, riducendone la competitività sia in ambito nazionale, sia sui mercati internazionali”.
  • Gli articoli 8, 10 e 11, rendono inoltre “eccessivamente gravose” le sanzioni pecuniarie per i contravventori.
  • L’Allegato II al punto A, infine, obbliga gli Organismi di Controllo a dotarsi di strutture in ogni regione dove controllano più di 100 operatori. Un punto che andrebbe “eliminato” dal decreto perché “genererebbe oneri certi e rilevanti, con conseguenti aggravi in termini di costi per le imprese, senza effettivi benefici in termini di efficacia dei controlli”.

FONTI:

http://www.greenplanet.net/decreto-sui-controlli-le-aziende-leader-del-bio-scrivono-al-ministro-martina

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41253/dal-biologico/bio-caro-ministro-le-scriviamo

http://www.agroter.net/ftp/ItaliafruitDaily/lettera_aziende-bio.pdf

La Francia mette al bando glifosato e Roundup: lo stop entro 7 anni

La Francia ha detto no. A partire dalla fine dei 5 anni di governo di Emmanuel Macron, il Paese transalpino metterà definitivamente al bando il glifosato.

Uno stop che si estenderà a tutti i possibili utilizzi e quindi anche all’agricoltura. Sarà vietato anche il Roundup, l’erbicida Monsanto che contiene il formulato.

La decisione è stata annunciata negli scorsi giorni dal governo francese presieduto da Edouard Philippe.

Roundup: la messa al bando tra 5-7 anni

Entro “la fine del quinquennio” del presidente Emmanuel Macron, il glifosato e tutti i prodotti in commercio che lo contengono – tra cui il Roundup – saranno “vietati in Francia”. È questo l’annuncio che il governo francese, presieduto dal premier Edouard Philippe, ha effettuato nelle ultime ore.

La dichiarazione è tratta da un’intervista al portavoce del governo, CristopheCastaner, intervistato da Bfm-Tv. Dopo le dichiarazioni del portavoce è arrivata però una parziale smentita del Ministro dell’Agricoltura StéphaneTravert. Una smentita non sulla sostanza dell’annuncio, quanto sui tempi: lo stop potrebbe arrivare in un periodo di 5-7 anni.

Al di là delle tempistiche, la direzione è ormai tracciata.

L’annuncio arriva malgrado l’opposizione degli agricoltori francesi. Nei giorni scorsi, infatti, la Federazione nazionale dei sindacati degli agricoltori (FDSEA, Fédérationnationaledessyndicats d’exploitantsagricoles) era scesa in piazza per contrastare la scelta dell’amministrazione Macron di non appoggiare il rinnovo dell’autorizzazione all’erbicida in sede europea.

La sua politica uccide l’agricoltura francese”, dichiarava DamienGreffin, presidente della FDSEA.

Malgrado le proteste, il governo va avanti per la propria strada. Il glifosato è stato già vietato dal primo gennaio di quest’anno nelle aree aperte al pubblico. L’uso privato sarà invece proibito nel 2019. Entro il 2024, dovrebbe arrivare il bando definitivo, per tutti gli usi. Quindi anche in agricoltura, dove prodotti come il Roundup vengono utilizzati abbondantemente.

Il governo Castaner ha giustificato la scelta, che coinvolge anche altri formulati chimici oltre al glifosato, parlando di “rischio per la salute pubblica”. Oltre al divieto, l’esecutivo annuncia un investimento di 5 miliardi di euro per lo sviluppo di prodotti alternativi.

Lo studio

L’annuncio del governo francese arriva in un momento caldo per l’erbicida. A breve ci sarà infatti il voto in sede europea per il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del prodotto. Non solo: Glifosato e Roundup sono stati al centro delle polemiche negli ultimi giorni a causa di uno studio commissionato dall’organizzazione governativa GénérationsFutures, che ha richiesto ad alcuni laboratori diindividuare la presenza dei formulati in alcuni prodotti alimentari in commercio.

Seppur limitata a circa 30 prodotti, l’indagine ha dimostrato una presenza diffusa di glifosato all’interno dei cibi commercializzati Oltralpe: il 53,3% dei campioni analizzati è risultato infatti contaminato.

Le analisi, pubblicate su tutti i giornali francesi lo scorso 14 settembre, hanno dimostrato la presenza del formulato in:

  • 7 cereali per la colazione (sugli 8 analizzati)
  • 7 legumi su 12
  • 2 tipi di pasta su 7

Sul fronte delle concentrazioni, i dati relativi ai legumi paiono particolarmente rilevanti:

«Non tanto da provocare intossicazioni acute – spiega lo studio –maquanto basta per contaminare a poco a poco l’apparato digestivo e dunque il nostro organismo».

Roundup e glifosato: il rinnovo in Europa

Come accennato, la decisione arriva a pochi giorni dal pronunciamento europeo sulla proroga all’autorizzazione del glifosato. Il voto definitivo sulla materia dovrebbe arrivare il prossimo 5 ottobre. La scadenza dell’autorizzazione arriverà il 31 dicembre di quest’anno: se rinnovata, l’autorizzazione all’impiego di Roundup e simili arriverà al 2027, con una proroga di 10 anni.

La Francia era già intervenuta nel dibattito sul tema, a inizio settembre:

«La Francia – annunciava un funzionario del Ministero dell’Ambiente –voteràcontro la riautorizzazione del glifosato, visti i dubbi che restano circa la sua pericolosità».

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3495

http://www.repubblica.it/ambiente/2017/09/25/news/la_francia_dice_no_al_glifosato_divieto_fino_al_2022-176470139/

http://www.askanews.it/video/2017/09/22/stop-glifosato-agricoltori-francesi-in-piazza-macron-ci-uccide-20170922_video_17574132/

http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/francia-glifosato-alimenti-cibo

http://www.lifegate.it/persone/news/fine-glifosato-in-francia

http://www.suoloesalute.it/francia-glifosato-votera-no-al-rinnovo-ue/

Ecco i corsi gratuiti Accademia Bio: l’offerta formativa per l’Emilia Romagna

corsi gratuiti accademia bio
Informiamo che i nuove iscrizioni ai corsi gratuiti Accademia Bio di Federbio sono partite. Da fine ottobre cominceranno i primi corsi. Nel sito www.accademiabio.it sezione Emilia Romagna potrai trovare altre informazioni oltre il catalogo dei corsi.

Sono corsi indirizzati esclusivamente per aziende agricole, possono partecipare titolare, dipendenti e collaboratori famigliari.

Nel catalogo trovate i corsi specialistici in Agricoltura Biologica di Orticoltura, Frutticoltura, Cerealicoltura, Viticoltura, Zootecnia e Biodinamica. Cosi come il corso specializzato a migliorare le vostre capacità e modalità di vendita.

Ecco le specifiche di alcuni corsi gratuiti Accademia Bio

Orticole Bio (29 ore) Gratuito

Il corso fornisce competenze specifiche nell’applicazione del metodo biologico alle colture orticole. L’imprenditore agricolo potrà conoscere in dettaglio le pratiche agronomiche dalla preparazione/gestione del suolo alla raccolta, cosi come conoscere le diverse colture e varietà orticole per la scelta, preparazione e gestione del piano agronomico aziendale

Frutticoltura Bio: Gestione aziendale e pratiche agronomiche (29 ore) Gratuito

Il corso fornisce competenze specifiche nell’applicazione del metodo biologico alla frutticoltura. Corso progettato per conoscere come gestire un frutteto biologico come nuovo impianto ma anche per la conversione al biologico. Saranno date informazioni sulle principali pratiche colturali, di gestione dei suoli, di difesa, potatura, raccolta. Il corso prevede una analisi delle principali varietà frutticole per orientare alla migliore scelta per l’impianto frutticolo bio.

Cerealicoltura Bio: Risoluzione delle problematiche e gestione coltivazione (16 ore) Gratuito

L’ obiettivo del corso è sviluppare processi concreti per la risoluzione delle problematiche pratiche, con riguardo al controllo delle malerbe e delle fitopatologie, e per la scelta delle migliori pratiche agronomiche profittevoli della cerealicoltura biologica, con riguardo particolare alla fertilizzazione e all’introduzione di materiale genetico alternativo. Cosi come indicazioni su varietà antiche.

Zootecnia Bio: la gestione di un’azienda zootecnica secondo metodo biologico (20 ore) Gratuito

Il corso presenta i principi normativi della gestione biologica di un azienda zootecnica. E’ dedicato alla gestione di allevamenti bovini (latte e carne), ovi-caprini e avicoli. E’ previsto un FOCUS dedicato alla gestione di un allevamento secondo i principi della medicina veterinaria omeopatica. Infine si tratterà del sistema di controllo e certificazione nazionale applicato a questa tipologia di azienda

CLICCA QUI PER SCARICARE IL PROGRAMMA COMPLETO

Accademia Bio è un progetto di Federbio (Federazione Italiana di Agricoltura Biologica) Participando al corso di Federbio puoi avvicinare la tua azienda ai servizi di Federbio per la promozione e sviluppo della tua azienda.
Le iscrizioni chiudono il 5 ottobre. Sono previste edizioni in tutte le provincie della Emilia Romagna,  le date saranno concordate con gli scritti. I corsi sono di pomeriggio/sera una volta a settimana.
Se avete bisogno di maggiore informazione scriveteci o chiamare al 392 6542057 o iscrivere a accademiabio@federbioservizi.it

Ogm in Italia: l’Ue impone di eliminare il divieto di coltivazione

Ogm In italia

Ogm in Italia: presto potranno essere nuovamente coltivati? Lo scorso 13 settembre, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato illegittimo un decreto interministeriale con cui si vietava la coltivazione di organismi geneticamente modificati nel nostro Paese.

La decisione è arrivata nell’ambito della vicenda giudiziaria di Giorgio Fidenato, agricoltore friulano che aveva deciso, diversi anni fa, di coltivare una variante geneticamente modificata di mais. Una decisione presa senza le dovute autorizzazioni.

Ora gli organismi comunitari sembrano dare ragione a Fidenato, ma la vicenda non è così chiara. Ecco cosa sta succedendo.

Ogm in Italia: il divieto di coltivazione nel 2013

Il decreto interministeriale annullato dalla Corte di Giustizia si riferiva nello specifico alle coltivazioni di mais Mon810, brevettato dalla Monsanto.

La legge si era resa necessaria in seguito a una serie di episodi avvenuti tra il 2009 e il 2010 in Friuli-Venezia Giulia. Qui, Fidenato ha iniziato infatti la semina del mais ogm, in alcuni campi di sua proprietà. Un’attività che avrebbe poi causato la contaminazione dei campi circostanti. Secondo il Corpo Forestale, infatti, i terreni adiacenti risultavano contaminati da “inquinamento genetico” fino al 10%.

Dopo una serie di interventi, anche da parte di Organizzazioni no profit come Greenpeace, i campi dell’agricoltore sono stati posti sotto sequestro. FIdenato era stato inoltre condannato a pagare una multa di 25mila euro.

Decisione a cui il coltivatore si è opposto, dando il via nel 2011 a una battaglia legale, che è arrivata fino alla Corte di Giustizia europea. Una battaglia che l’imprenditore agricolo ha proseguito anche in campo.

Nonostante l’assenza di un’autorizzazione, infatti, Fidenato ha continuato a piantare Mais ogm in Italia, sia nel 2012 che nel 2013. Attività che ha proseguito fino all’intervento definitivo del governo. L’allora Ministro delle Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo, insieme a Lorenzin e Orlando, firmarono infatti un decreto che poneva il divieto di coltivazione per il Mon810. La decisione fu giustificata dai rischi che gli ogm avrebbero posto alla biodiversità.

La decisione dell’Ue

Il 13 settembre scorso è arrivata infine la sentenza della Corte di Lussemburgo che ha dato ragione all’agricoltore, dichiarando illegittimo il divieto di coltivazione di mais ogm in Italia.

Le autorità comunitarie sostengono che “non vi erano nuove prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza richieste”, che hanno poi portato al divieto.

La Corte si è però spinta oltre, sostenendo l’illegittimità del principio di precauzione: «Il principio di precauzione, che presuppone un’incertezza sul piano scientifico in merito all’esistenza di un certo rischio, non è sufficiente per adottare tali misure».

Per poter vietare gli Ogm in Italia, dunque, si dovrebbe dimostrare con certezza la loro nocività.

Ogm in Italia: non è detta l’ultima parola

Secondo Coldiretti, non si dovrebbe però dare per scontata la reintroduzione delle coltivazioni Ogm in Italia. Le ragioni possono essere raccolte in tre punti.

Innanzitutto, esiste una direttiva europea del 2015 che dà la possibilità agli Stati membri di limitare o vietare del tutto le coltivazioni di ogm sul proprio territorio. Direttiva che supera, già di per sé, il decreto interministeriale italiano del 2013.

In secondo luogo, il 76% dei cittadini italiani è contrario all’introduzione del biotech nei campi.

Infine, esiste una volontà istituzionale molto forte nel tutelare il Made in Italy. Punto, quest’ultimo, sostenuto con forza da Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti:

«Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy».

FONTI:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/13/ogm-la-corte-europea-contro-litalia-non-puo-vietare-le-coltivazioni-geneticamente-modificate/3854262/

http://www.ilfoglio.it/cibo/2017/09/13/news/chi-e-l-agricoltore-che-ha-sfidato-il-paese-del-no-e-ha-vinto-152061/

http://www.minambiente.it/comunicati/nuova-direttiva-europea-su-ogm-pubblicata-su-gazzetta-ufficiale

CBM Italia Onlus: “Con l’agricoltura bio aiutiamo 12mila disabili in India”

Seicento villaggi coinvolti, quasi 12mila persone con disabilità tirate fuori dall’esclusione sociale e messe al lavoro: sono questi i numeri straordinari che raccontano una realtà di solidarietà e sviluppo imperniata esclusivamente sulla filiera agroalimentare biologica.

I dati e i racconti di questa realtà sono forniti da CBM Italia, Onlus da decenni impegnata nell’assistenza e nell’inclusione di persone con disabilità, in particolare non vedenti e ipovedenti.

Il progetto è stato avviato nel 2014 nel Madya Pradesh, regione con il più alto tasso di povertà in India. E ha puntato tutto sulla creazione di una filiera biologica, dalla coltivazione al confezionamento, coinvolgendo cooperative e gruppi locali.

CBM Italia e India, i numeri di un successo

I dati sono stati snocciolati sul sito ufficiale di CBM Italia. Il progetto “Inclusive Livelihood Initiative Ujjwal”, partito 3 anni fa, ha dato lavoro a 11.625 persone con disabilità. Il 66% di loro sono uomini, il 34% donne. In totale, sono stati 602 i villaggi coinvolti, coprendo 5 distretti e coinvolgendo in tutto 36mila membri delle comunità rurali locali.

I numeri sono un dato importante, ma da soli non bastano a spiegare l’importanza di un’iniziativa di questo tipo. Basti pensare, infatti, che nella rigida organizzazione sociale indiana, i disabili occupano spesso gli ultimi gradini. Queste persone inoltre vivono nel Madya Pradesh, in comunità già emarginate ed estremamente povere.

Il 97% di loro ha poi un livello di istruzione molto basso. Più della metà (il 54%) ha meno di 40 anni. Come abbiamo accennato CBM Italia si rivolge in particolar modo a persone con disabilità. Nel progetto indiano, sono state coinvolte quindi persone ipovedenti, autistiche, con problemi visivi e uditivi, o disabilità motorie/intellettive.

Come si è riusciti a ottenere risultati tanto importanti in una situazione così complessa? Grazie alle tecniche di agricoltura biologica, applicate su vasta scala. Nel progetto sono state coinvolte cooperative locali, come la Naman Seva Samiti, e gruppi di auto-aiuto.

La produzione messa in atto ha riguardato soprattutto due alimenti, centrali nella cucina indiana: le spezie e i legumi, in particolare i ceci. Le comunità locali sono state coinvolte in ogni aspetto della produzione: dalla semina, alla coltivazione, passando dalla raccolta, fino al confezionamento.

Grazie alla capacità produttiva raggiunta dalle cooperative, e alla qualità degli alimenti prodotti, il progetto ha attirato l’attenzione di organizzazioni e aziende biologiche locali e non solo. Al punto che CBM Italia sta valutando la possibilità di distribuire i prodotti del Madya Pradesh anche nel nostro Paese.

Storie di riscatto

«Abbiamo visto tante belle storie – spiega Dinesh Rana, CBM India, in un’intervista con AdnKronos – perché da ormai 5 anni lavoriamo con le persone con disabilità, grazie ai programmi sui mezzi di sostentamento, per l’educazione e per la salute. Abbiamo assistito a tanti cambiamenti nelle loro vite, nella loro società».

È la storia di Bangesh, per esempio, e di sua moglie Sima: colpiti entrambi da poliomelite, come racconta il Corriere, oggi possono sostenersi rivendendo le spezie prodotte nei villaggi. O di Darmen che, senza il braccio sinistro, perso durante un lavoro precedente, oggi può coltivare i campi. È soprattutto la storia di persone come Mungilal: donna, musulmana, a causa di un problema genetico, i suoi figli sono nati tutti con un ritardo mentale. Fino a pochi anni fa non aveva il coraggio di uscire di casa: era per lei una vergogna questa sua condizione. Oggi gestisce una sartoria, direttamente dalla propria abitazione.

Ma sono tante le storie di riscatto nate grazie ai progetti di agricoltura bio di CBM Italia. Progetti che hanno radicalmente rivoluzionato il modo di lavorare degli agricoltori locali:

«Quando abbiamo iniziato il progetto – spiega Shirshir Kumar, presidente della Cooperativa Naman Seva Samiti – i contadini erano dipendenti dai prodotti chimici. Oggi invece conservano le risorse idriche, proteggono la terra, conservano i semi tradizionali, non prendono più soldi in prestito e sono molto felici».

FONTI:

http://sociale.corriere.it/india-nella-terra-del-riscatto-dove-12mila-disabili-producono-e-vendono-spezie-bio/

http://www.adnkronos.com/sostenibilita/risorse/2017/09/18/spezie-legumi-sapore-del-riscatto-sociale_jQxnONrUaQJKD5T8ptgjwK_amp.html

https://www.cbmitalia.org/i-nostri-progetti/progetti-di-educazione-e-formazione/india-inclusive-livelihood-betul/

 

Calamità naturali, l’allarme Confesercenti: “22mila PMI danneggiate in 5 anni”

calamità naturali

Migliaia di persone coinvolte, decine di migliaia di attività economiche messe in ginocchio, miliardi investiti per la ricostruzione delle aree colpite.

Le calamità naturali che colpiscono il nostro Paese – frane, alluvioni, terremoti – sembrano abbattersi con sempre maggiore intensità. Colpa di uno sviluppo sempre meno sostenibile, che erode il suolo di larga parte del Paese, e dei cambiamenti climatici in atto.

Ma non tutto è perduto, la soluzione c’è: ridare vigore all’attività agricola, recuperando importanti terreni alla coltivazione e alla riforestazione. E dando maggiore importanza al ruolo degli imprenditori e dei lavoratori del settore.

Ecco la fotografia dei rischi sismico e idrogeologico in Italia e la soluzione proposta da Coldiretti.

Non solo imprese agricole: tutti i danni delle calamità naturali

È facile immaginare come i fenomeni meteorologici estremi – la siccità registrata in questo 2017 in Italia, per esempio – possano gravemente danneggiare le imprese agricole. Ma le calamità naturali che fronteggiamo ogni anno hanno arrecato grossi problemi anche a negozi, bar, ristoranti. Per non parlare di capannoni, fabbriche, botteghe artigiane. Negli ultimi 5 anni, spiega Confesercenti, sono state almeno 22mila le imprese affette da tali fenomeni.

È il dissesto idrogeologico a creare i maggiori grattacapi. 12mila PMI, infatti, sono state danneggiate da alluvioni, esondazioni e smottamenti causati dalle precipitazioni. Sono inoltre 10mila le piccole e medie imprese rimaste vittime di terremoti. Il danno stimato dall’Ufficio economico di Confesercenti è stato pari a circa 700 milioni di euro.

«Il tema delle calamità naturali nel nostro Paese – scrive l’associazione in una nota – è in generale collegato alla difficoltà strutturale della prevenzione dei rischi e del corretto utilizzo del territorio, che rimanda all’altrettanto evidente difficoltà a programmare l’uso delle risorse e del territorio stesso. Inoltre, per ciò che riguarda la specificità dei danni al tessuto economico-produttivo, la modalità dei rimborsi alle imprese si ferma ai soli danni materiali. Per le imprese, ad esempio, non viene considerato in alcun modo il danno economico, costituito dalla perdita di valore aggiunto diretto ed indiretto, che può protrarsi per più anni. E spesso è necessario molto tempo anche per ottenere il rimborso».

Rischio sismico e idrogeologico: fenomeni in crescita

Confesercenti snocciola poi alcuni dati che dimostrano come sia il rischio sismico, che quello idrogeologico, sia in severo aumento nel nostro Paese.

Sono oggi 7mila i comuni presenti in aree a elevato rischio idrogeologico: l’85% del totale, per una superficie pari al 10% del territorio italiano. La popolazione esposta a tale rischio è quindi salita a 5,8 milioni di persone. Dal secondo dopoguerra a oggi, sono registrate più di mille frane, in 900 località, e 700 inondazioni. Sono 9mila le vittime, tra morti, feriti e dispersi.

Non va meglio per il pericolo sismico. I comuni a rischio in questo caso sono 3mila, che coprono un’area pari al 44% del territorio nazionale. Sono 21,8 milioni le persone che vivono in aree a elevato rischio sismico.

A testimoniare il peggioramento delle condizioni del Paese, i fondi statali stanziati per far fronte alle calamità naturali. Dal 1944 al 1990, la spesa media è stata pari a circa 2,8 miliardi di euro l’anno per interventi successivi a terremoti, frane e alluvioni. Dal 1991 al 2009, la cifra media è salita a 4,7 miliardi l’anno. Dal 2010 al 2014, abbiamo assistito a un ulteriore aumento: più di 6 miliardi l’anno.

Complessivamente, il nostro Paese ha speso più di 240 miliardi di euro per fronteggiare tali disastri naturali: il 74,6% per i danni da terremoto, il 25,4% per il dissesto idrogeologico.

Calamità naturali: le responsabilità di uno sviluppo insostenibile

C’è un disastro nel disastro, che sta colpendo l’Italia: quello del consumo di suolo. Se le calamità naturali non possono essere evitate, sarebbe almeno il caso di prevenire i danni maggiori, aumentando l’estensione della superficie agricola e forestale, ostacolando cementificazione e abbandono. È quanto suggerisce Coldiretti, presentando uno studio sul tema, puntando il dito su un modello di sviluppo scorretto:

«Sviluppo che ha provocato un irresponsabile consumo di suolo – spiega Roberto Moncalvo, presidente nazionale dell’associazione – con la scomparsa di oltre un quarto della terra coltivata (-28%). Negli ultimi 25 anni in Italia sono rimasti appena 12,8 milioni di ettari di superficie agricola utilizzata».

Secondo gli ultimi dati, sono stati consumati in Italia 23mila chilometri quadrati di suolo: 3 metri quadrati al secondo. Si tratta del 7,6% del territorio nazionale (dati: Ispra).

«Su questo territorio meno ricco e presidiato si abbattono i cambiamenti climatici, con le bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Il tutto spesso aggravato anche “a monte” dall’assenza di una politica forestale e di gestione del reticolo idrografico».

Per fronteggiare le calamità naturali, occorre quindi “difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione e dall’abbandono”. Per riuscirci, è necessario l’impegno “da parte delle amministrazioni a tutti i livelli”. In particolar modo, l’obiettivo deve essere quello di riconoscere “il ruolo dell’attività agricola dal punto di vista sociale, culturale ed economico”.

FONTI:

http://italiafruit.net/DettaglioNews/41150/in-evidenza/calamita-naturali-in-aumento-i-numeri-dellemergenza

http://www.confesercenti.it/blog/imprese-confesercenti-negli-ultimi-5-anni-da-calamita-naturali-danni-gravi-per-22mila-pmi/

http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/natura/2017/09/15/maltempo-coldiretti-senza-la-campagna-litalia-affoga_99cf82fb-5492-4508-a031-5984a96cad7c.html