Suolo e Salute

Mese: Giugno 2017

Decreto Legislativo sui controlli del biologico approvato dal CdM: la posizione di Suolo e Salute

 controlli

Comunicato Stampa  n.4/2017   –  28.06.2017

L’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto legislativo recante “disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica” impongono a tutto il settore del biologico ed agli OO.d.c. autorizzati ad operare nello schema di certificazione una seria riflessione sui ruoli e sulle modalità di realizzazione del controllo così come delineati dal testo della norma adottanda.

Se per un verso, infatti, la riforma del D.Lgs 17 marzo 1995 n. 220 era atto necessario, appare fondamentale rivendicare oggi un ruolo da protagonista per gli OO.d.c. autorizzati che sul campo saranno poi chiamati – insieme agli operatori – ad applicare le nuove regole. Non può, quindi, che auspicarsi una concreta e fattiva concertazione tra tutti i soggetti coinvolti.

Da più parti, dopo l’adozione dello schema di D.Lgs., si sono sollevate perplessità su diversi punti della norma: molte sono condivisibili, altre meno pertinenti.
Ed anche Suolo e Salute srl, dal canto suo, ritiene di richiamare l’attenzione del settore su taluni punti davvero preoccupanti.

 Il comma 9 dell’art. 4 del testo approvato in CdM impedisce “… l’attività di controllo sul medesimo operatore per un periodo superiore a cinque anni …”.
La previsione appare illogica atteso che la validità e la efficacia di un sistema di controllo si incentra sulla (e si misura dalla raggiunta) positiva e virtuosa sinergia tra controllato e controllore. Da capire poi come gli OO.d.c. soggetti a migrazioni di migliaia di operatori controllati in ingresso ed in uscita, possano garantire l’efficacia, l’efficienza, la tempistica dei controlli ed il rispetto dei requisiti generali e specifici elencati a titolo esemplificativo, sia dalla ISO/IEC 17065:2012 sia dal Decreto 15 aprile 2013, n. 8799 (stabilità finanziaria, infrastrutture minime, adeguata struttura organizzativa, requisiti del personale, etc). Seri dubbi di costituzionalità, poi, investono la medesima previsione normativa che lede apertamente il caposaldo costituzionale della libertà di impresa; senza dire che l’imposta rotazione attenta chiaramente al principio della libera concorrenza.

Inoltre, stabilita la necessità di mutare o.d.c. ogni quinquennio, la previsione normativa nulla regola e si limita ad un mero auspicio (“… gli organismi di controllo favoriscono il passaggio degli operatori …”) per altro pleonastico dal momento che esiste già una specifica norma che regola il transito ad altro o.d.c. (D.M. n. 10071/2012).

Si deve, ancora, rilevare che non si coglie la necessità di tale drastico intervento sul sistema di certificazione che lo scorso anno – Report ICQRF attività 2016 – presenta un tasso di operatori irregolari del 7,4% con una percentuale di prodotti non conformi pari al 5,7%, ben al di sotto delle altre certificazioni regolamentate che marcano rispettivamente il 20,7% degli operatori ed il 22,9% dei prodotti per le denominazioni di origine dell’area food ed il 35,2% degli operatori ed il 23,6% dei prodotti per i vini, come evidenzia lo stesso report dell’ICQRF.

I dati certificano la sostanziale affidabilità del sistema di certificazione del biologico in atto nel nostro Paese e, quindi, non si riesce a comprendere la ragione di una siffatta normativa.
 L’art. 8 dello schema di D.Lgs. de quo prevede in rubrica “… sanzioni amministrative pecuniarie a carico degli organismi di controllo …” mentre i commi dell’articolo in esame chiaramente fanno riferimento a persone fisiche che svolgano funzioni di “… rappresentanza, amministrazione o direzione dell’organismo di controllo, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia funzionale …”.

La previsione di legge licenziata dal CdM – sul punto – soffre di evidente contraddittorietà ed ambiguità, senza percepire la complessità del processo di certificazione che si articola in tanti processi operativi in successione tra di loro.
La letterale applicazione dei commi dell’art. 8 rischia di comminare una molteplicità di sanzioni a fronte di un unico evento e/o fatti: omissivi o potestativi che siano.

I costi a fronte di sanzioni – per gli OO.d.c. – rischiano, così, di lievitare in maniera esponenziale.

 L’art. 5, comma 2, dello schema di D.Lgs. approvato definisce come documento giustificativo una documentazione probante che sembrerebbe assommare anche i contenuti del certificato di conformità: documento, questo, palesemente non abrogato così come non risultano abrogati gli artt. 6 e 7 del D.M. 18321 del 09.08.2012.

Tutte le questioni qui poste, congiuntamente ai contributi offerti da altri soggetti interessati necessitano di un ampio confronto dei soci Federbio e, soprattutto, all’interno della sua Sezione Soci OO.d.c.
Si auspica che tale confronto possa essere fattivo, propositivo e scevro da ogni preconcetto nei confronti di tutti gli attori di questa mutazione epocale che andrà ad investire – nei prossimi mesi – il sistema dei controlli del biologico in Italia.

 

Mipaaf: 500mila euro per progetti contro lo spreco alimentare

Spreco alimentare: il Mipaaf mette a disposizione 500 mila euro per progetti innovativi volti alla limitazione degli scarti e dei residui dalla ristorazione e dalla filiera agroalimentare.

A darne conferma lo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con un comunicato sul suo sito ufficiale.

Spreco alimentare: i dettagli del bando

Il bando contro lo spreco alimentare prevede lo stanziamento complessivo di 500 mila euro. Ogni progetto ammesso sarà finanziato con un massimo di 50 mila euro.

I progetti dovranno riguardare:

  • il miglioramento del processo produttivo finalizzato alla prevenzione o diminuzione delle eccedenze dei prodotti agricoli, nella raccolta o distribuzione;
  • azioni di ricerca e sviluppo tecnologico per il prolungamento della durata dei prodotti agroalimentari;
  • la creazione di software per l’uso intelligente del magazzino industriale, la limitazione degli sprechi e il recupero delle eccedenze nella ristorazione e nell’ambiente domestico;
  • il recupero e il riutilizzo di sottoprodotti derivanti dalla raccolta, lavorazione o preparazione degli alimenti;
  • il recupero dei prodotti invenduti e destinati a mercati rivolti a fasce meno abbienti;
  • il recupero degli alimenti da destinare agli indigenti, anche attraverso l’ausilio del servizio civile internazionale.

Chi può partecipare al bando

Il bando è rivolto a:

  • enti pubblici, università, organismi di diritto pubblico e soggetti a prevalente partecipazione pubblica;
  • associazioni, fondazioni, consorzi, società, anche in forma cooperativa e imprese individuali;
  • soggetti iscritti all’Albo nazionale e agli Albi delle Regioni e delle Province autonome dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.

I progetti potranno essere presentati entro il 21 luglio 2017.

Spreco alimentare: Italia nona in classifica

Secondo dati WWF, ogni anno, circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono sprecate. Ben un terzo della produzione mondiale e circa quattro volte la quantità di cibo necessaria a sfamare le quasi 800 milioni di persone denutrite sul Pianeta. Nella speciale classifica stilata su 25 Paesi in termini di “Cibo perso e sprecato”, l’Italia occupa il nono posto, anche se nell’ultimo anno sono stati registrati miglioramenti, soprattutto nelle politiche adottate.

«La legge contro gli sprechi alimentari approvata lo scorso anno – ha commentato il Ministro Maurizio Martina –  ha reso più semplici le donazioni, permettendoci di recuperare sempre più cibo in favore degli indigenti. L’Italia ha lavorato tanto in questa direzione introducendo novità importanti come ad esempio il tavolo anti-sprechi che riunisce operativamente istituzioni, imprese ed enti caritativi. Ma c’è ancora molto da fare e questo bando pubblico è uno strumento fondamentale per trovare soluzioni innovative e sostenere la diffusione di buone pratiche. Ci aspettiamo un contributo importante di idee soprattutto dai giovani».

Fonti:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11431

http://www.repubblica.it/solidarieta/cibo-e-ambiente/2017/02/03/news/spreco_alimentare_si_buttano_1_3_miliardi_di_tonnellate_di_generi_prima_ancora_che_arrivino_a_tavola-157492681/

UE raggiunto l’accordo sulla riforma del biologico

Raggiunto l’accordo tra gli Stati membri sulla nuova riforma del comparto biologico.

Dopo tre anni di dibattito, i Paesi Ue si compattano sul nuovo regolamento europeo per la coltivazione e commercializzazione dei prodotti provenienti da agricoltura bio.

Il negoziato è iniziato nel 2014, su una proposta presentata dalla Commissione Europea.Solo due settimane fa, la soluzione appariva lontana, a un passo dal fallimento. Poi, lo stralcio di due punti di disaccordo ha dato nuovo slancio al dibattito.

La proposta era arrivata dal Commissario Ue all’agricoltura Phil Hogan ed era stata ben accolta solo da un pugno di Stati, tra cui Germania, Irlanda e Olanda. Le questioni controverse del dossier riguardavano: i residui accidentali di pesticidi nei prodotti bio e il riconoscimento della certificazione a colture cresciute in particolari condizioni in serra.

L’accordo tra i Paesi UE

L’accordo raggiunto in questi giorni tra Commissione Europea, Consiglio Ue ed Europarlamento prevede un giro di vite sui controlli, effettuati anche per la vendita al dettaglio. Previsti inoltre un ampliamento della tipologia di prodotti che potranno aspirare ad avere la certificazione biologica, un regime di certificazione di gruppo per le piccole aziende agricole e l’applicazione di norme più severe sulle importazioni.

Paesi come il nostro, che prevedono valori limite in vigore per la contaminazione accidentale di prodotti bio da pesticidi non autorizzati, potranno continuare a mantenerli per almeno altri 4 anni dall’entrata in vigore delle nuove regole. La Commissione potrebbe comunque proporre una legislazione specifica sul tema non prima però del 2024.

Le deroghe per la coltivazione in serra, considerate elemento controverso del dossier e richieste da alcuni paesi del Nord Europa, saranno congelate fino al 2030.

C’è chi ritiene che l’accordo segni un risultato di rilievo, ottenuto però sul filo di lana, per l’uscente presidenza UE di Malta.

Il testo ottenuto dal compromesso tra gli attori protagonisti dovrà ora essere approvato dall’Europarlamento e dal Consiglio prima che possa entrare in vigore.
FONTI:

http://www.freshplaza.it/article/92191/I-Paesi-UE-verso-un-accordo-sul-bio-con-il-Parlamento-europeo

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3391

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2017/06/29/bioaccordo-ue-su-riforma-con-piu-controlli-anche-su-import_9ead0011-39ba-434a-88a4-8f0a77d1be35.html

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2017/06/12/agricoltura-ultima-chiamata-per-riforma-ue-biologico_5eeaf774-4988-46fb-af23-ccf7b7a9572d.html

IFOAM propone Scenario 6: la soluzione per uno sviluppo sostenibile in Europa

Nei giorni scorsi, IFOAM UE ha avanzato richieste molto chiare per la formulazione di alternative concrete al futuro dell’Ue.

Lo ha fatto, proponendo uno scenario alternativo intitolato “Scenario 6: un’Europa Sostenibile per i suoi cittadini”.

L’approccio è stato sviluppato in comunione con un ampio numero di associazioni facenti parte di SDG Watch, l’insieme delle organizzazioni non governative dell’Ue che hanno come obiettivo quello di tenere sotto controllo l’attuazione dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030 da parte degli Stati Membri.

Scenario 6: come sviluppare un’Europa veramente sostenibile

L’approccio pensato da IFOAM è una soluzione alternativa al whitepaper lanciato nel marzo 2017 e che descrive i 5 scenari possibili in cui l’Unione Europea potrebbe evolvere entro il 2025.

Lo scenario 6 si inserisce come alternativa concreta ai possibili sfondi già dipinti. L’approccio descrive come l’Europa potrebbe diventare volano per la sostenibilità entro il 2025. E aggiunge un focus particolare sulla realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’accordo sul clima di Parigi.

L’approccio alternativo si inserisce all’interno del Multiannual Financial Framework (MFF) Post-2020. L’obiettivo è quello di ripensare le priorità dell’Ue e la pianificazione del bilancio in modo da favorire lo sviluppo di un’alternativa sostenibile per l’Europa. Uno scenario che dia priorità all’interesse dei cittadini, con una forte attenzione a valori sociali quali democrazia, partecipazione, giustizia sociale, solidarietà.

In un contesto del genere, il benessere ambientale è possibile solo in un contesto che protegga i terreni, l’acqua e l’aria, fornendo cibo sano e nutriente e dove gli effetti dei cambiamenti climatici sono ridotti al minimo.

Questo significa non solo la piena attuazione dell’accordo di Parigi, ma un miglioramento dell’efficienza energetica, un affrancamento economico dalle fonti fossili e una transizione piena ed efficace verso un tipo di energia pulita e accessibile a tutti. Una migliore regolamentazione focalizzata sull’assicurazione e la coerenza di politiche volte allo sviluppo sostenibile, all’occupazione, alla salute e alla sicurezza ambientale.

Uno scenario che offre vantaggi concreti per tutti.

FONTI:

http://www.ifoam-eu.org/en/news/2017/06/20/civil-society-calls-alternative-scenario-future-europe-debate-mff-post-2020-must-be

http://www.ifoam-eu.org/sites/default/files/ngo_policy_6th_scenario_position_20170620.pdf

https://www.sdgwatcheurope.org/

Psr Umbria: 46 milioni destinati ai giovani agricoltori

Psr Umbria: 46 milioni destinati ai giovani agricoltori

Sono oltre 46 i milioni di euro stanziati tra il 2017 e il 2018 previsti dal Psr Umbria e destinati a finanziare nuovi insediamenti, interventi per la trasformazione e commercializzazione, e agriturismi.

Si tratta di un investimento importante, che ha l’obiettivo di sostenere e favorire lo sviluppo di imprese guidate da giovani.

Psr Umbria: le tipologie d’intervento previste dal progetto

Nello specifico, i fondi del Psr Umbria destinati ai giovani constano di 31 milioni e 500 mila euro per il 2017 e 14 milioni e 500 mila euro per il 2018.

Le tipologie di intervento ammesso sono tre.

La prima è finalizzata al sostegno delle azioni previste dalla sottomisura 4.1.1. Si tratta di interventi di trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli. A questa tipologia sono destinati 23 milioni nel 2017 e 7 milioni e 494mila euro nel 2018.

La seconda riguarda la sottomisura 6.1, inerente l’avviamento di imprese da parte di giovani agricoltori, per la quale saranno stanziati fino a 7 milioni nel 2017 e 6 nel 2018.

L’ultima tipologia di intervento, invece, è riferita alla sottomisura 6.4.1 e riguarda gli agriturismi. Il plafond messo a disposizione dal Psr Umbria è in questo caso di 1 milione e 500 mila euro nel 2017 e 1 milione nel 2018.

Il 31 agosto è la data fissata, sia per il 2017 che per il 2018, per formulare le graduatorie di ammissibilità delle domande di sostegno che saranno presentate.

Attualmente per il primo bando di finanziamento per l’avviamento di imprese per giovani agricoltori sono state presentate 254 domande e 126, circa la metà, sono state finanziate

È il futuro della nostra agricoltura ed è giusto – ha dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura Fernanda Cecchini – che il Programma di sviluppo rurale contenga le misure di sostegno adeguate per soddisfare le esigenze dei sempre più numerosi giovani che vogliono investire in questo comparto“.

E la risposta da parte dei giovani è incoraggiante. Nella precedente programmazione 2007-2013, è pervenuto un elevato numero di domande. Di queste, 556 sono state ammesse a finanziamento, 431 delle quali hanno già ricevuto gli aiuti richiesti.

FONTE:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/06/19/umbria-un-psr-che-pensa-ai-giovani/54589

Respinto il ricorso delle multinazionali della pasta contro GranoSalus

Respinto il ricorso delle multinazionali della pasta contro GranoSalus

Il Tribunale di Roma rigetta l’istanza cautelare dei maggiori gruppi italiani produttori di pasta contro GranoSalus.  L’associazione aveva pubblicato una serie di articoli sul grano duro, dal contenuto presumibilmente diffamatorio. L’oggetto delle pubblicazioni: il rischio di una potenziale contaminazione da glifosato, DON e cadmio, nei grani duri esteri importati per produrre la pasta.

I gruppi industriali italiani si erano rivolti al tribunale per provvedere all’eliminazione dei contenuti dal sito web dell’associazione.

Il Test GranoSalus sul grano duro

A febbraio di quest’anno, l’associazione GranoSalus ha condotto una serie di test su 8 grandi marche di pasta italiana. L’obiettivo era verificare la presenza di quattro contaminanti: DON, glifosato, cadmio e piombo.

Secondo quanto affermato sul sito dell’associazione, i test avrebbero rivelato la presenza di 3 dei 4 contaminanti in tutti i campioni analizzati. Due, in particolare, avrebbero superato i limiti di legge.

A seguito della pubblicazione dei risultati, le aziende italiane hanno chiesto al Tribunale di Roma “di emettere in via urgente una serie di provvedimenti volti ad inibire gli effetti di una campagna di informazione che essi ritengono diffamatoria e gravemente lesiva delle rispettive immagini”.

La sentenza

Il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza cautelare delle società per “carenza del necessario fumus boni iuris”. Se da una parte è vero che l’Associazione ha modificato la portata di alcune informazioni, riducendone la gravità e smorzandone i toni con affermazioni ipotetiche, il giudice cautelare, Cecilia Pratesi, ha tuttavia evidenziato nel provvedimento il diritto di cronaca.

Il diritto di cronaca di derivazione costituzionale, non può dirsi ristretto a coloro i quali esercitino professionalmente attività giornalistica, ma deve intendersi potenzialmente esteso a tutti coloro che svolgano attività di manifestazione del proprio pensiero con finalità (anche) informativa”. Queste le precisazioni del giudice, riportate dal sito di GranoSalus.

E si legge ancora: “Il giudice Cecilia Pratesi, inoltre, nell’ ordinanza fa rilevare che ‘è vero che i prodotti analizzati non risultano destinati alla alimentazione per la prima infanzia, ma è vero altresì che il superamento dei limiti dei contaminanti previsti per tale categoria “debole” della popolazione non risulta segnalato, e che i consumatori possono essere interessati alla diffusione di tale informazione, onde evitare che il prodotto venga comunque somministrato ai bambini nei primi tre anni di vita”.

Pronta la risposta di Aidepi (Associazione delle Industrie dei Dolci e della Pasta Italiane), tra coloro che hanno chiesto l’istanza cautelare:

«L’esito di questa causa, non preclude comunque, come evidenziato dal Giudice, la possibilità di proporre reclamo e avvalerci di una tutela risarcitoria nelle sedi opportune. E nei prossimi giorni valuteremo se farlo».

FONTI:

http://www.granosalus.com/2017/06/15/1386/

https://ilsalvagente.it/2017/06/16/tribunale-da-torto-ai-pastai-micotossine-e-glifosato-fanno-dubitare-del-made-in-italy/

http://www.granosalus.com/2017/02/26/lo-dicono-le-analisi-don-glifosate-e-cadmio-presenti-negli-spaghetti/