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Agricoltura bio: anche in serra aiuta l’ambiente. Lo studio

serraBuone notizie dalla Cina. La produzione agroalimentare che segue i dettami del metodo biologico offre importanti vantaggi ambientali, sempre.

Anche quando questa avviene in serra. Una ricerca, pubblicata sul Journal of Cleaner Production, mostra tutti i benefici. Scopriamoli insieme.

Agricoltura bio in serra: l’esperimento cinese

La massiccia urbanizzazione in corso negli ultimi anni nelle regioni settentrionali della Cina ha avuto un importante (e negativo) impatto ambientale su tutto l’ecosistema. Soprattutto, il massiccio ricorso alle tecniche di agricoltura intensiva in serra, e quindi a tutti i prodotti tradizionali impiegati, ha causato numerosi problemi ambientali. Le autorità locali hanno quindi promosso il consumo e la produzione di alimenti biologici, per ovviare al problema.

Un team di 4 ricercatori internazionali, provenienti da due università cinesi (Università Agricola Cinese e Accademia Cinese delle Scienze di Pechino), dall’Università di Manchester e dalla Humboldt di Berlino, hanno effettuato una valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) delle colture in serra di pomodori a Pechino, sia con metodo convenzionale, che con metodo biologico. L’obiettivo? Valutarne l’impatto ambientale.

Biologico in serra: i risultati del test

In breve, i ricercatori hanno concluso che il biologico ha dimostrato significativi vantaggi ambientali. Nello specifico, il team di studiosi ha stabilito che le produzioni bio hanno un indice di impatto ambientale più basso del 54,87%.

I risultati migliori sono stati ottenuti riguardo l’ecotossicità acquatica, l’eutrofizzazione – la modificazione dell’equilibrio ecologico di un ambiente acquatico – e l’ecotossicità del suolo.

Sul primo parametro considerato, il bio ha ottenuto un indice migliore (più basso, quindi) del 56,39% rispetto all’agricoltura convenzionale. Sul secondo criterio, si è attestato invece al 37,87%. Sul terzo, infine, il livello è stato ancora più basso: -59,45% del bio in serra rispetto ai metodi intensivi.

«I risultati dell’analisi dell’LCA suggeriscono una valutazione ambientale positiva del trend di produzione e consumo bio attualmente in atto nella Cina urbana», spiegano i ricercatori. «Tuttavia, occorre ancora considerare le implicazioni che accompagnano il nuovo trend riguardo la catena di distribuzione, così come la più grande domanda di terreni implicita al sistema bio. Maggiori sforzi andrebbero inoltre implementati per aiutare gli agricoltori biologici a ridurre l’eco-tossicità dei terreni provocata dall’utilizzo del letame».

FONTI:

http://www.sinab.it/bionovita/cina-vantaggi-ambientali-del-biologico-anche-quando-serra

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0959652615018156

Riforma bio: ancora rinviata l’approvazione della norma UE

Nuova fumata nera per la riforma del settore biologico europeo.

Il voto era atteso per il 31 maggio scorso, a poco più di un mese dalla scadenza della presidenza di turno maltese che molto aveva puntato sull’approvazione del testo. Ma non c’è stato niente da fare.

Dopo i fallimentari semestri olandese e slovacco, la riforma del settore bio vede ancora una volta allontanarsi la conclusione definitiva.

Il problema nascerebbe dalla enorme vastità della materia. Come ha spiegato Stephen Meredith, membro del ramo belga di IFOAM, a EUObserver, la regolamentazione proposta prova ad armonizzare delle regole che riguardano tutto, “dai campi alla forchetta”:

«Il mondo bio copre praticamente qualsiasi aspetto della produzione alimentare: dai raccolti, ai sistemi di controllo, alle importazioni, fino all’acquacoltura. Riguarda aspetti come l’etichettatura, la rivendita, tutto! È una regolamentazione molto complessa».

“Riforma rinviata senza nessuna spiegazione”

I parlamentari europei hanno espresso tutto il proprio disappunto sul rinvio in una missiva, inviata al Consiglio dei ministri europeo. La presidenza maltese avrebbe infatti annullato la votazione “senza dare nessuna spiegazione”. Gli eurodeputati chiedono quindi “una risposta chiara sulle ragioni del rinvio, perché si torni quanto prima alle trattative”.

Martin Hausling, relatore per la riforma del biologico del Parlamento di Bruxelles, chiede alla Commissione Ue che “si prenda una nuova iniziativa in occasione del Consiglio dei ministri dell’agricoltura dell’Ue in programma per il prossimo 12 giugno a Lussemburgo”.

Anche se è molto difficile che questo avvenga, i parlamentari europei spingono affinché le nuove norme vengano approvate entro il 30 giugno prossimo, termine ultimo prima della scadenza del mandato maltese.

Riforma biologico: disattese le speranze della vigilia

A pochi giorni dalla decisione della Presidenza di turno, il commissario europeo all’agricoltura, Phil Hogan, mostrava ottimismo. Al termine della riunione dei ministri dell’Agricoltura dei Paesi membri, svoltasi a Malta il 23 maggio, dichiarava: “C’è un accordo al 95%. Il 5% restante è un po’ difficile”.

La difficoltà principale riscontrata? Trovare un compromesso sulle soglie per il ricorso ai pesticidi, quali sementi utilizzare, la produzione bio in serra e il complesso rapporto tra produzione e sfruttamento del suolo.

FONTI:

https://euobserver.com/economic/138057

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3355

http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2017/05/24/agricoltura-hogan-su-riforma-bio-accordo-ue-al-95_610a008f-da8d-424c-8069-9b96a7e2943a.html

Import selvaggio di riso asiatico: pressing italiano in UE per bloccarlo

La crisi del riso italiano è nota. Nelle ultime 5 campagne, i prezzi si sono praticamente dimezzati. Un disastro, se consideriamo che l’Italia è la principale produttrice europea del cereale: 1,8 milioni di tonnellate ogni anno, 4mila aziende, 234mila ettari coltivati.

La responsabilità sarebbe da attribuire all’import dai Paesi extra-Ue.

Il problema sarebbe nato con l’Eba, l’accordo “EverythingButArms” che l’Unione Europea ha siglato nel 2009 con 49 Paesi cosiddetti Pma (Paesi meno avanzati). L’abbattimento dei dazi ha consentito quindi un import selvaggio in tutto il continente. Nel 2016, sarebbero arrivati dai Pma, circa 1,4 milioni di tonnellate di riso.

Per porre un freno a questo afflusso massiccio, il governo italiano ha chiesto all’Unione Europea di applicare la clausola di salvaguardia. L’obiettivo? Fermare le importazioni a dazio zero, soprattutto dalla Cambogia.

“Stop all’import selvaggio”: la proposta italiana all’UE

Per correre ai ripari, il Ministero dello Sviluppo Economico, insieme al Ministero delle Politiche Agricole, si è mosso sia a livello nazionale che comunitario. Il 23 maggio scorso, si è tenuto un incontro presso il MISE con una rappresentanza della filiera risicola nazionale, guidata da Paolo Carrà, presidente dell’Ente risi. In quell’occasione, i rappresentanti del dicastero avevano confermato la propria disponibilità a chiedere all’UE l’attivazione della clausola di salvaguardia, per fermare l’import a dazio zero dalla Cambogia.

Una risolutezza confermata anche dal Ministro per le Politiche Agricole, Maurizio Martina. Quest’ultimo, in una nota diffusa ad aprile, si diceva pronto “a integrare il dossier già aperto con la Commissione per rinnovare la richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia”.

In una nota dei giorni scorsi, l’Ente Risi conferma la richiesta italiana all’UE:

«Alla riunione del 23 maggio al Ministero dello sviluppo economico – leggiamo – abbiamo avuto la conferma della determinazione con cui il Governo italiano pone la questione e della serietà con cui Bruxelles la prenderà in esame. È ormai certo che si attiverà la procedura della richiesta, anche se la questione non è destinata a risolversi in poche settimane, perché si tratta di un iter complesso sotto il profilo tecnico».

La domanda ora è: la richiesta sarà accolta? Secondo quanto rivela La Stampa, la Commissione sembra intenzionata ad andare avanti con la politica “Everything but Arms”. Una valutazione che si basa sul fatto che nell’ultima campagna agricola, l’import dai Pma si sarebbe ridotto del 6%. Per l’Ente Risi, però, la flessione è dovuta esclusivamente al rialzo dei prezzi internazionali, che ridurrebbe la convenienza di esportare in UE.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3352

http://www.lastampa.it/2017/05/23/italia/cronache/agricoltura/crisi-del-riso-europeo-vertice-a-roma-sulle-importazioni-a-dazio-zero-LXUNtYNmmJ8NkZ9eWLtueJ/pagina.html

Riso, il Ministro Martina annuncia: “Introdurremo obbligo per l’indicazione di origine in etichetta”

Giornata mondiale dell’Ambiente, FederBio: “Tuteliamo la natura con il bio”

Giornata mondiale dell’Ambiente, FederBio: “Tuteliamo la natura con il bio”

Nel 1972, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Un appuntamento, che cade ogni anno il 5 giugno, per sensibilizzare governi, aziende e cittadini sulle tematiche ambientali. In particolar modo, il focus è incentrato sull’inquinamento, sul problema della sovrappopolazione e sul riscaldamento globale.

Lo slogan di quest’anno è stato “I’m With Nature” e, attraverso i social media e i canali online, le persone di tutto il mondo sono state invitate a condividere foto e video dei propri luoghi preferiti immersi nella natura, utilizzando gli hashtag #WithNature e #WorldEnvironmentDay.

In occasione dell’edizione 2017, FederBio – la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica – ha lanciato un appello per fare del biologico l’agricoltura del futuro. Si tratta, infatti, della sola tecnica agricola che consente tutela del suolo, della biodiversità e del benessere umano.

Bio “alleato dell’ambiente”

FederBio mette in luce la necessità di un’agricoltura attenta alla preservazione dell’ambiente e propone l’agricoltura biologica come valido alleato per la tutela dell’ambiente e della sicurezza alimentare degli italiani”.

Da questo presupposto parte l’appello di FederBio. La federazione sottolinea quali sono i benefici del modello di produzione agricola senza agenti chimici:

  • Qualità dell’ambiente
  • Incremento della produttività a medio e lungo termine
  • Riduzione dell’irrigazione necessaria e quindi del consumo d’acqua
  • Diminuzione dell’inquinamento nelle acque
  • Riduzione potenziale di gas serra pari a 5.1-6.1 GT (miliardi di tonnellate)

Una conversione globale ai metodi di gestione biologica trasformerebbe l’agricoltura da principale fattore di cambiamento climatico ad attività a impatto climatico zero”.

I limiti del modello industriale

Accanto ai benefici del modello bio, la nota elenca i rischi correlati ai metodi di coltivazione tradizionali, o industriali.

224 sono i pesticidi ritrovati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in oltre il 60% delle acque superficiali e in oltre il 30% di quelle profonde”, leggiamo. “Dalle rilevazioni condotte nel 2015 da ARPA, ASL e Istituti Zooprofilattici, è emersa la presenza di pesticidi nel 66.1% della frutta e nel 30,9% degli ortaggi”.

Al centro del dibattito, anche il tanto temuto glifosato, potente erbicida “sulla cui cancerogenicità le autorità competenti hanno espresso pareri discordi, che è stato riscontrato nelle urine del 100% delle 14 donne incinte”.

L’agricoltura industriale sarebbe inoltre la prima responsabile dell’inquinamento atmosferico del pianeta.

Carnemolla: “Il bio come unica alternativa in difesa dell’ambiente”

Oltre i benefici ambientali, la nota sottolinea anche i benefici per la salute dei consumatori. Un report scientifico del Parlamento europeo, pubblicato lo scorso anno, ha evidenziato che il consumo di prodotti bio è correlato alla riduzione del rischio di malattie allergiche e obesità, nonché a una diminuzione degli effetti negativi degli insetticidi sullo sviluppo cognitivo e neurologico dei bambini. Gli alimenti biologici presentano inoltre un quantitativo inferiore di cadmio rispetto a quelli convenzionali e una maggiore quantità di acidi grassi omega3, benefici per l’organismo. Il ricorso alle tecniche bio permetterebbe infine la riduzione del grave problema della somministrazione di antibiotici agli animali, causa dell’antibiotico-resistenza, vera e propria emergenza per la salute.

Vogliamo cogliere l’occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente per evidenziare come l’agricoltura biologica rappresenti la vera alternativa all’agricoltura industriale e per sottolineare come il nostro Paese sia sempre più cosciente delle potenzialità e dei benefici associati al metodo bio. L’Italia è il sesto Paese al mondo per superficie sottratta all’uso dissennato della chimica in agricoltura, il nono per incidenza dell’agricoltura biologica rispetto a quella complessiva e per tasso d’incremento delle superfici biologiche. Una consapevolezza e un’attenzione che passa anche attraverso le scelte dei consumatori, nell’ultimo anno l’83% delle famiglie italiane ha acquistato almeno un prodotto bio (AssoBio/Nielsen)”, conclude Paolo Carnemolla, presidente FederBio.

FONTE:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1179

Giornata Mondiale dell’Ambiente 2017: tutte le cose da sapere

Soldi alle amministrazioni che usano il biologico nelle mense scolastiche

Il governo vara un fondo per le amministrazioni locali che certifichino la provenienza biologica dei prodotti utilizzati all’interno delle mense scolastiche.

L’emendamento segue altre disposizioni in materia ambientale che negli ultimi anni hanno favorito l’uso del biologico. Come la legge n. 221/2015 che stabiliva che il 15% e il 40% dei prodotti utilizzati nella ristorazione collettiva dovessero essere biologici.

Roberto Zannoni (AssoBio): «Il biologico di interesse nazionale»

La misura è stata salutata con entusiasmo da Zannoni, presidente di AssoBio, una delle associazioni di riferimento per le imprese operanti nel biologico:

«Lo stesso testo unico sull’agricoltura biologica attualmente in discussione nel nostro parlamento riconosce la produzione biologica come attività di interesse nazionale con funzione sociale e sancisce che lo Stato debba favorire e promuovere ogni iniziativa volta al suo sviluppo. È l’unico settore produttivo che può vantare tali riconoscimenti, cui ora, finalmente, si affiancano misure di promozione che ne rafforzeranno lo sviluppo».

Positivo anche il giudizio di Paolo Carnemolla di Federbio, altra associazione di riferimento del biologico in Italia.

«L’emendamento incentiva i comuni a incrementare la presenza di prodotti biologici nelle mense, che dovranno essere certificate proprio come sono certificate e sottoposte al sistema di controllo europeo le 53mila aziende agricole biologiche italiane che coltivano nel rispetto dell’ambiente senza utilizzare nemmeno un grammo di concimi, erbicidi, insetticidi e anticrittogamici chimici di sintesi e le 7mila imprese che trasformano i loro prodotti di qualità senza coloranti, conservanti e altri inutili additivi», spiega il presidente.

Biologico:  emendamento necessario

L’emendamento è necessario in una situazione in cui le condizioni ambientali sono sempre più compromesse. Feder.bio riprende i dati dell’istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale. Viene fuori un quadro preoccupante in cui in oltre il 60% delle acque superficiali e in oltre il 30% di quelle profonde si trovano 224 pesticidi diversi, in prevalenza diserbanti. E il 37% degli alimenti consumati in Italia contiene residui di pesticidi.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1175

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/istituzioni/2017/05/24/a-scuola-arrivano-le-mense-biologiche-certificate_26aa0254-ab55-4223-90b1-9fe483d76aa8.html

http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2017/05/25/scuola-arrivano-mense-biologiche_o22NeapY05EPaHa2bWfExL.html

 

 

Grano duro italiano: la formula del rilancio al DurumDays di Foggia

Le semine del grano duro italiano in calo (-8,3%). Il valore della produzione attesa è di 4,5 milioni di tonnellate per una superficie di 1,27 milioni di ettari coltivati.

A Foggia, al DurumDays, sono state divulgate le previsioni della campagna 2017/2018 sulla semina e produzione di frumento duro in Italia, elaborati dalla società di ricerca Areté.

Grano duro: export a +6,7%

Durante l’incontro, che ha unito per la prima volta tutti gli attori della filiera di grano duro e pasta italiani, sono stati presentati anche altri dati più incoraggianti. Le stime Areté infatti preannunciano anche un aumento dell’export (+6,7%), che dovrebbe raggiungere i 4,8 milioni di tonnellate.  A livello internazionale, insieme al calo stimato in Nord America (al -29% del Canada si aggiunge il -19% degli Usa) e a un calo del -1,04% per la produzione dell’UE a 28, spicca in controtendenza solo il dato del Nord Africa, dove la produzione è prevista crescere del 49%.

Alleanza delle Cooperative Agroalimentari: «Manca l’aggregazione dell’offerta»

L’incontro è stata anche l’occasione per riflettere sui problemi del comparto del grano duro e cercare soluzioni. Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari ha spiegato che “il sistema del grano duro è ancora poco aggregato (lo è appena il 50% del comparto”. Secondo Mercuri è proprio la mancanza di una vera e propria aggregazione dell’offerta a mettere a rischio la produzione del grano duro italiano.

Grano duro: il conto deposito non è una soluzione adeguata

Nel suo intervento Mercuri ha sollevato anche il “nodo” del conto deposito che a suo parere è una formula contrattuale ormai vecchia. Serve per il presidente “una soluzione più adeguata ai tempi, un approccio più moderno e imprenditoriale al mercato:

«La cooperazione sta lavorando per un sistema aggregato innovativo, in grado di muovere dal concetto di cooperazione a un sistema di organizzazione di prodotto dove la materia prima non solo non viene più conferita in conto deposito, ma entra a far parte di un sistema di produzione di filiera attraverso programmi di coltivazione e commercializzazione»,  ha concluso Mercuri.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3344

http://www.agenparl.com/cereali-mercuri-alleanza-coop-prioritario-piano-nazionale-settore/

https://www.durumdays.com/