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IMPRESA VINICOLA: I VALORI ALLA BASE DELL’ETICA DELLA NUOVA IMPRENDITORIA UNDER 40

IMPRESA VINICOLA: I VALORI ALLA BASE DELL’ETICA DELLA NUOVA IMPRENDITORIA UNDER 40

I giovani produttori di vino puntano sulla sostenibilità, rendendola una priorità alla base dell’impostazione della loro attività; priorità da esercitare a partire dal quotidiano.

A confermarlo è AGIVI – Associazione Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani, all’interno di un sondaggio che indaga l’attitudine dei suoi associati verso l’universo green.

Riduzione della chimica a sostegno delle energie rinnovabili, riciclo, selezione dei fornitori declinata in chiave sostenibile, mobilità elettrica, acquisizione di certificazioni riconosciute, queste le scelte alla base dell’etica della nuova imprenditoria under 40.

Per il 94% dei giovani intervistati, la sostenibilità è un fattore determinante per essere competitivi a livello di mercato; il 65% valuta migliore la scelta di un packaging a ridotto impatto ambientale; circa 7 imprenditori su 10 dichiarano di avere delle certificazioni di tipo green per i loro prodotti.

Ma non finisce qui, poiché circa 7 intervistati su 10 afferma di selezionare i propri fornitori in base alla sostenibilità delle loro proposte e l’83% delle aziende di avere in corso o già ultimati, piani relativi a un progetto di sostenibilità. Infine il 57% degli imprenditori intervistati pensa di investire in mezzi commerciali ad alimentazione ibrida o elettrica oppure in colonnine di ricarica.

Violante Gardini Cinelli Colombini, presidente di Agivi, racconta di come la proposta relativa al sondaggio sia venuta dal continuo riscontro della crescente curiosità sul tema green, al punto di decidere di indagare la ricaduta di questo valore sulle scelte imprenditoriali.

Il sondaggio, aggiunge, ha coinvolto in 3 casi su 4, associati appartenenti ad aziende di famiglia. L’età media di chi ha partecipato si colloca tra i 25 e i 39 anni e per quanto riguarda la media dei dati di fatturazione, si aggira intorno ai 7,9 milioni di euro; con circa 1,6 milioni di bottiglie prodotte l’anno.

Un riscontro complessivo rispetto a una generazione, in questo caso rappresentante di uno specifico comparto; che però possiamo dire, spinga con forza verso una decisa svolta green.

Fonte: Terra e Vita

UN CARRELLO SEMPRE PIÙ GREEN

UN CARRELLO SEMPRE PIÙ GREEN

La sostenibilità è ormai un tema comune che sta accogliendo sempre più consenso nei consumatori.

Proprio su questo argomento si affaccia lo studio dell’Osservatorio Immagino, realizzato da GS1 Italy, che in collaborazione con Nielsen, ha studiato l’evoluzione del carrello dei consumatori.
Il paniere dei prodotti con slogan collegati alla sostenibilità ha superato le 21mila referenze, con un giro d’affari totale che sfiora gli 8 miliardi di euro.

A dominare le vendite, con un fatturato di 3,6 miliardi di euro, troviamo i prodotti con claim riconducibili alla gestione sostenibile nella fase produttiva e nel packaging. Nei 12 mesi del rilevamento sono emersi questi slogan:

  • “meno plastica” (+21,0%)
  • “biodegradabile” (+11,7%)
  • “CO2 (+19,1%)
  • “riduzione impatto ambientale” (+13,5%)
  • “sustainable cleaning” (+0,4%)

 

Al secondo posto, con un fatturato di 2,4 miliardi euro, troviamo le etichette che rimandano a un’agricoltura più vicina all’ambiente:

  • biologico
  • “senza Ogm”
  • “100% ingredienti naturali”
  • “senza antibiotici”
  • “filiera/tracciabilità

 

Si aggiungono altri dati che confermano la crescita nei comparti “senza antibiotici”, “ingredienti 100% naturali” e nei prodotti attenti alla responsabilità sociale, come Fairtrade.

 

Fonte: myfruit.it

Foto di Alexas_Fotos da Pixabay 

AGRICOLTURA BIOLOGICA: UN TOCCASANA PER L’AMBIENTE, IL CONSUMATORE E L’AGRICOLTORE

AGRICOLTURA BIOLOGICA: UN TOCCASANA PER L’AMBIENTE, IL CONSUMATORE E L’AGRICOLTORE

Uno studio di France Strategie (istituzione autonoma francese) afferma che l’agricoltura biologica è il modello più performante sia sul piano ambientale che economico. Tale istituzione, nel raccogliere i dati, ha preso in esame diversi aspetti che hanno riguardato:

  • Le esternalità positive dell’agricoltura biologica
  • I sistemi agroambientali e climatici
  • I valori ambientali
  • L’impatto degli agrofarmaci

Nello studio emerge chiaramente un quadro noto, e cioè che se da una parte il minor utilizzo di mezzi tecnici di sintesi induce a un minor resa e a una maggiore forza lavoro, dall’altra parte troviamo un risparmio nei costi relativi ai fertilizzanti e ai prodotti fitosanitari e al maggior prezzo di commercializzazione dei prodotti biologici. Inoltre è stato dimostrata una maggiore solidità del modello bio rispetto all’agricoltura convenzionale, con rese più stabili e con un valore più elevato nel tempo. Lo studio ha riguardato 23 casi reali, e nei risultati non si è tenuto conto delle sovvenzioni pubbliche a favore del settore bio.

Per approfondimenti sullo studio e sulla comparazione economica tra il biologico e il convenzionale si rimanda all’articolo.

 

Fonte: il salvagente.it

Foto di Pexels da Pixabay

Bentazone: arriva il no del Parlamento Europeo

Il Parlamento euRécolte du blé :  moissoneuse et tracteurropeo di Strasburgo, con 361 voti a favore, 289 contrari e 28 astenuti, ha approvato una risoluzione non vincolante sull’utilizzo del bentazone. L’autorizzazione all’impiego dell’erbicida scade il prossimo 30 giugno 2017 e la Commissione europea intende rinnovarla fino al 2032.

Con la sua decisione, il Parlamento non interviene direttamente nella procedura di autorizzazione delle sostanze chimiche. Ecco perché il parere non è vincolante. Di conseguenza, la Commissione Ue potrebbe decidere in autonomia di proseguire nell’iter autorizzativo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra le ragioni del no la mancanza di conferme certe sulla non-nocività della sostanza, per l’uomo e l’ambiente.

Bentazone: i dubbi dell’Efsa

Non usa mezzi termini Michele Rivasi, vicepresidente del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, intervenuto sulla recente pronuncia dell’organo legislativo comunitario:

Alla Commissione Europea non importa nulla di nessuno. In un rapporto del 2015, l’Efsa (Autorità per la sicurezza alimentare europea) sottolineava l’insufficienza di dati sufficienti per pronunciarsi chiaramente sulla caratteristica di perturbatore endocrino del bentazone. L’Autorità affermava inoltre che la sostanza è tossica per la riproduzione e che era stato osservato, nei ratti, un ritardo nello sviluppo del feto”.

Rivasi sottolinea inoltre come il bentazone possa facilmente penetrare nelle falde acquifere.

La risoluzione approvata dal Parlamento europeo contiene esplicitamente alcuni dei dubbi che l’Efsa ha sottolineato nella sua valutazione. Sono due gli elementi da considerare.

Primo. L’EFSA ha proposto di classificare il bentazone tra le sostanze tossiche per la riproduzione della categoria 2.

Secondo. L’Autorità, per i parlamentari europei, dovrebbe approfondire ulteriormente le proprie ricerche in merito prima di procedere con il rinnovo dell’autorizzazione da parte della Commissione. Dovrebbe infatti coinvolgere degli esperti “in materia di tossicologia sui mammiferi, residui, destino e comportamento ambientale ed ecotossicologia”. L’obiettivo di tale procedimento è di “adottare una conclusione con la quale determina se la sostanza attiva bentazone”  risponde ai requisiti previsti dai regolamenti europei sugli effetti delle sostanze attive sull’ambiente, sulla biodiversità e sull’ecosistema.

Bentazone: produzione e impiego

Il bentazone (o bentazon, bendioxide) è una molecola utilizzata nella produzione di erbicidi chimici. Viene prodotta dalla Basf, il colosso tedesco della chimica, azienda con sede a Ludwigshafen, nella Renania.

Gli erbicidi che se ne ricavano sono impiegati dopo l’emergenza della coltura e delle infestanti. È un prodotto ad azione di contatto, non volatile: non danneggia quindi le colture praticate nei pressi della parcella trattata.

Il prodotto viene frequentemente utilizzato su diversi tipi di coltivazioni: soprattutto riso, mais e frumento.

FONTI:

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2016-0443+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/istituzioni/2016/11/23/pesticidi-europarlamento-chiede-stop-a-bentazone_8468efb8-419e-4e8e-8fb4-f44269fbbd3c.html

http://www.repubblica.it/ambiente/2016/11/23/news/pesticida_bentazione_europarlamento-152636765/

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.2903/j.efsa.2015.4077/epdf

http://fitogest.imagelinenetwork.com/it/sostanze-attive/bentazone/30

Dai pesticidi e fertilizzanti chimici all’agricoltura biologica: il miracolo indiano di Kedia

Agricoltura biologica, un sistema completamente autonomo e sostenibile dal punto di vista energetico, rimozione quasi completa di pesticidi e fertilizzanti chimici, valorizzazione degli antichi saperi degli agricoltori: è questo il progetto che un gruppo di agricoltori, insieme a Greenpeace, sta portando avanti nel Bihar, stato dell’India conosciuto per l’arretratezza e l’estrema povertà. Una zona che potrebbe rinascere grazie all’esempio dei contadini del villaggio di Kedia.

Tutto è partito nel 2013, quando Greenpeace ha avviato l’iniziativa ‘Living Soil’ (suolo vivente) in diverse parti del Bihar, per informare le persone sull’impatto negativo di pesticidi e fertilizzanti. Ai coltivatori veniva proposto un modo di pensare diverso: la strada della sostenibilità. I residenti di Kedia si sono mostrati da subito entusiasti all’idea e sono riusciti, nel tempo, a riportare speranza a tutto il settore agricolo indiano. Negli ultimi anni, infatti, il Paese vive una profonda crisi che sta devastando vite e campi coltivati; difficoltà nate anche a causa di un programma governativo, il BGREI Bringing Green Revolution to Eastern India (Portiamo la Rivoluzione Verde in India), che avrebbe aumentato l’utilizzo di agenti chimici nei campi.

Kedia è la dimostrazione che c’è ancora speranza, se si persegue un modello di sviluppo sostenibile.

kedia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli ultimi 3 anni, i coltivatori locali hanno avviato forme di produzione biologica utilizzando il vermicompost e diverse soluzioni naturali per aumentare la fertilità del terreno e allontanare i fitofagi: tutti i pesticidi sono stati già eliminati, mentre l’utilizzo di fertilizzanti chimici è stato ridotto del 70%.

L’aspetto più straordinario è che la resa dei terreni non è diminuita, o lo ha fatto in maniera marginale. La produzione di grano è rimasta la stessa, così come quella di cipolle e patate. Qualche differenza è stata riscontrata in alcuni campi di riso, con una leggere diminuzione della produzione.

Il programma della ‘Green Revolution’ aveva lasciato in eredità un sistema agricolo guasto, costringendo i coltivatori ad accettare il pesante sfruttamento delle risorse naturali, invece di lavorare in armonia con l’ambiente naturale, come hanno sempre fatto nella loro storia”, ha spiegato Ishteyaque Ahmed (Greenpeace), che ha seguito l’avventura del villaggio fin dall’inizio. “Da quando abbiamo avviato questo cambiamento a Kedia, siamo stati testimoni dei bellissimi risultati della collaborazione rispettosa ed equilibrato tra la natura, gli agricoltori e gli strumenti messi a disposizione dal Governo”.

In meno di 20 mesi, i coltivatori locali hanno costruito quasi 300 unità per la produzione di vermicompost, creato un combustibile da biomasse (usato in cucina) utilizzando 11 diversi tipi di piante, raccolto letame e urine dal bestiame per realizzare pesticidi naturali e trasformato gli escrementi umani in fertilizzanti. Grazie all’utilizzo di tecniche tradizionali e biologiche, il progetto Kedia è riuscito anche a creare un terreno che trattiene maggiormente l’acqua, attenuando l’impatto della devastante siccità che la regione ha sofferto negli ultimi mesi.

Rajkumar Yadav, uno degli agricoltori coinvolti, ha spiegato che il progetto gli “ha permesso di ridurre significativamente i costi di produzione”. Non solo: “Ora siamo certi di essere protetti dagli effetti dannosi dei prodotti chimici che avremmo usato in alternativa”, ha raccontato.

Il progetto Kedia non smette di affrontare nuove sfide. Nei giorni scorsi, Ishteyaque Ahmed e Greenpeace India hanno avviato una raccolta fondi online per installare un sistema di immagazzinamento a freddo, completamente alimentato dal fotovoltaico, per aumentare le capacità di conservazione dei prodotti agricoli del villaggio. Ad oggi, più del 40% degli alimenti coltivati in India deve essere buttato a causa della carenza di siti di immagazzinamento: gli abitanti di Kedia stanno cercando una strada sostenibile per ovviare anche a questo problema.

FONTI:

http://www.merinews.com/article/from-droughts–chemical-fertilisers-to-thriving-organic-agriculture-kedias-journey-with-greenpeace/15918476.shtml&cp

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/The-Kedia-Model-Is-Here/https://greenpeaceindia.ketto.org/fundraiser/support-indias-farming-future?utm_campaign=kedia&utm_source=greenpeace-india&utm_medium=facebook&utm_content=post

http://timesofindia.indiatimes.com/city/patna/Bihars-Kedia-village-an-iconic-success-story-in-the-Eco-Agri-Revolution/articleshow/52606587.cms

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/Greenpeace-Launches-Food-For-Life-Campaign-On-World-Environment-Day-/

http://www.greenpeace.org/india/en/Blog/Community_blogs1/hope-in-bihar/blog/56283/

 

FederBio: l’agricoltura biologica e la via per raggiungere un equilibrio produttivo

In queste ore, a Parigi, si sta svolgendo il vertice dei ministri dell’Agricoltura dei Paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

L’incontro, che sarà avrà come tema centrale “politiche migliori per arrivare ad un sistema alimentare mondiale produttivo, sostenibile e resiliente”.

In occasione del vertice OCSE, FederBio ha emesso un comunicato stampa in cui evidenzia le potenzialità dell’agricoltura biologica come modello di sviluppo equilibrato per il futuro.

Come spiega Paolo Carnemolla, presidente della federazione: “L’agricoltura biologica, sostenibile e innovativa, rappresenta la via per raggiungere un equilibrio produttivo, economico e ambientale per il futuro. Come evidenziato nella Carta del Bio che attraverso il Forum Internazionale del Biologico abbiamo presentato in EXPO, quando si parla di innovazione per la sostenibilità è evidente il ruolo che gioca il biologico: innovazione agricola e alimentare per la sostenibilità che è anche innovazione organizzativa sul versante della rappresentanza del nuovo ruolo economico e sociale dell’agricoltura”.

Il concetto è ribadito da Stefano Bocchi, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, che evidenzia come la sfida da affrontare sia articolata in due punti, altrettanto essenziali per il benessere della Terra e dei suoi abitanti: assicurare il cibo adeguato e accessibile per una popolazione in crescita e salvaguardare le risorse naturali in un’ottica di reale sostenibilità.

Campo di grano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma come spiega bene Bocchi, “nei decenni passati, il paradigma della rivoluzione verde ha portato a considerare solo il primo obiettivo. Si sono in molti casi ottenuti risultati interessanti di aumento delle produzioni, ma sono cresciuti fortemente gli impatti sulle risorse. L’agricoltura biologica, proposta come innovazione di sistema aziendale e agricolo, è stata generata nell’ambito delle scienze sistemiche. Con essa ci si propone di sperimentare soluzioni che assicurino non solo la produzione di beni e/o l’offerta di servizi eco-sistemici, ma anche il mantenimento della qualità delle risorse locali (acqua, aria, terreno, biodiversità, paesaggio, lavoro)“.

Nel suo intervento, Bocchi fa riferimento anche a un recente articolo di rassegna bibliografica pubblicato sull’importante rivista scientifica Nature Plants che descrive i risultati di ricerche e sperimentazioni condotte negli ultimi 30 anni, applicando i principi e le tecniche dell’agricoltura biologica.

L’articolo, spiega, costringe a superare tutti i luoghi comuni, molto diffusi, secondo cui l’agricoltura biologica sia scarsamente competitiva e svantaggiosa; nonostante questo, “a fronte di una crescita costante della domanda, di un aumento del numero di aziende biologiche non esiste un riscontro in proporzionali incrementi di impegno da parte dei settori della ricerca, della comunicazione/formazione/educazione, dell’organizzazione dei mercati, del mondo dei controlli e certificazioni. È quindi auspicabile una nuova food policy che, ispirata dai principi dell’agro-ecologia, affronti questi molteplici aspetti in modo integrato. Una food policy che quindi inizi a coniugare i concetti di dieta sostenibile con quelli di sicurezza alimentare e ambientale”.

Fonte:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1008#sthash.r9mfzzkg.dpuf