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LE BUGIE DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE SULL’AGRICOLTURA BIOLOGICA

LE BUGIE DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE SULL’AGRICOLTURA BIOLOGICA

«L’agricoltura biologica non sfamerà il mondo»?  Per Gianpaolo Usai sul quotidiano L’indipendente è un’affermazione priva di fondamento e di evidenza scientifica

 

L’articolo smonta il mito secondo cui l’agricoltura biologica non potrà sfamare il mondo, definendolo una falsità propagata dai big dell’agricoltura industriale. In realtà, evidenze scientifiche suggeriscono che i sistemi biologici su piccola scala possono essere più produttivi e sostenibili di quelli intensivi: uno studio su Nature Sustainability ha rilevato che le aziende agricole di piccola scala ottengono rese più alte e promuovono la biodiversità.

Usai cita alcuni Presidi Slow Food che valorizzano prodotti locali, tradizionali e sostenibili. Un esempio è “La Granda”: allevatori che producono il cibo per i loro animali che vivono senza stress da sovraffollamento tipico degli allevamenti intensivi, un altro è la Cooperativa “Il Frutto Permesso”, che coltiva mele antiche secondo metodo biologico.

Usai ribalta anche l’idea che il biologico sia “arretrato”: al contrario, la definisce come una delle forme più evolute, perché recupera competenze agrarie tradizionali come la rotazione colturale e rigenera il suolo, utilizzando risorse naturali in luogo degli input chimici.

Sul fronte della produzione, l’articolo ricorda che anche se i rendimenti bio possono essere inferiori, nei nostri Paesi il problema reale non è la scarsità: una parte enorme della produzione agricola viene sprecata (sia per scarti nella filiera commerciale che per sprechi domestici).

Quanto ai costi, molte aziende biologiche riescono a ridurli significativamente: la concimazione diventa più economica utilizzando letame, e l’acquisto di pesticidi è molto ridotto.

Il nocciolo della questione è il profondo impatto ambientale: l’agricoltura convenzionale, con le sue arature e concimazioni chimiche, distrugge la sostanza organica del suolo, liberando CO₂, mentre il biologico, grazie in particolare alla concimazione naturale e alla maggior presenza di sostanza organica, aiuta a sequestrare carbonio e svolge un’azione rigenerativa.

Ma l’appello di Usai è ai consumatori: per cambiare davvero il sistema, è necessario fare scelte consapevoli su cosa mangiamo — al ristorante, nella mensa o al supermercato —, perché “mangiare è un atto agricolo ed ecologico”.

 

Leggi qui l’articolo: https://www.lindipendente.online/2025/11/17/le-bugie-dellindustria-alimentare-sullagricoltura-biologica/

Legumi: la nuova frontiera dell’agricoltura sostenibile e a misura d’uomo

Riscoperta dei legumi, rotazioni, coltivazioni autoctone e revisione amichevole del greening della nuova Pac. Sono questi i punti essenziali, secondo Gaetano Pascale, presidente nazionale di Slow Food, su cui far nascere una nuova frontiera agricola e alimentare votata alla promozione della sostenibilità e della salute dei cittadini. Il passo in più? Chiedere al ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina di blindare gli ecotipi locali, tenendoli così al riparo da un possibile brevetto da parte dell’industria.

Pascale approfondisce l’argomento in una intervista rilasciata ad Agronotizie.

Secondo il presidente di Slow Food, i legumi possono essere un investimento da effettuare nel breve periodo, grazie al loro ciclo produttivo annuale. Attraverso opportuni interventi da parte dei singoli Stati membri a favore delle leguminose, questo alimento potrebbe diventare subito una nuova frontiera alimentare.”Perché è possibile coltivarli in qualsiasi contesto, anche nelle aree più complesse, come le aree di montagna, le colline, i terreni più poveri“, precisa Pascale.

legumi

 

 

 

 

 

 

 

 

L’introduzione dei legumi negli ordinamenti produttivi consente alle aziende di diventare padrone del proprio destino, staccandosi dalla necessità di rifornire le industrie, cosa che porta loro poco profitto.

A patto, però, che si punti sugli ecotipi locali: “Basta fare un piccolo investimento per confezionarli, qualche decina di migliaia di euro consente di far fare il salto di qualità anche ad una piccola impresa. L’operazione ha senso se l’impresa agricola punta su ecotipi locali, che hanno un’identità e un radicamento territoriale forte. Come Slow Food chiediamo modifiche alle misure di greening per accompagnare questo processo. Già oggi il greening chiede alle aziende più grandi di diversificare gli ordinamenti produttivi, noi chiediamo di fare un passo in più: diversifichiamo introducendo ecotipi locali. Se la scelta colturale è quella di avere grano, legumi e ortaggi, noi chiediamo che sia incentivata la coltivazione di grano, legumi e ortaggi che recuperano ecotipi locali”, spiega il presidente di Slow Food.

E in Italia esistono già esempi di aziende agricole che ricavano reddito da ecotipi locali di legumi su tutto il territorio nazionale, attraverso modelli sostenibili sul piano economico e ambientale perché tutti  basati su ordinamenti produttivi misti, incentrati sui legumi e sulle rotazioni.

Il Governo avrebbe già fatto qualcosa per favorire questo cambiamento, attraverso l’approvazione in via definitiva dal Parlamento della legge sulla biodiversità in agricoltura.  Ciò che manca, però, è fare in modo che i semi esistenti, e quindi anche quelli dei legumi, non corrano mai il rischio di essere brevettati e restino sempre nella disponibilità degli agricoltori, di pubblico dominio.

Un discorso da approfondire e portare avanti soprattutto in previsione del 2016, proclamato dalla FAO Anno internazionale dei legumi.

Fonti:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/vivaismo-e-sementi/2015/11/16/legumi-e-sud-quotper-una-nuova-agricoltura-a-misura-d-uomoquot/46288

http://www.leguminosa.it/?jjj=1447753531206