Suolo e Salute

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AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

Slogan di marketing o vera sostenibilità?

 

Da qualche tempo, per aggiungere confusione al consumatore, al residuo zero, al prodotto locale (km zero), alla non meglio determinata “agricoltura sostenibile” si è affiancata l’”agricoltura rigenerativa”.

Parafrasando il Così fan tutte di Mozart, “Che vi sia, ciascun lo dice; cosa sia, nessun lo sa”: dovrebbe trattarsi di un approccio agricolo che mira a ripristinare e migliorare la salute del suolo, la biodiversità e l’ecosistema, ma l’analisi della Food and Land Use Coalition “Aligning regenerative agricultural practices with outcomes to deliver for people, nature and climate” sulla letteratura scientifica (centinaia di pubblicazioni) e sui documenti di alcune multinazionali agroalimentari già nel 2023 aveva identificato la bellezza di 44 “agricolture rigenerative”, tutte diverse: Bayer ha la sua, Cargill ha la sua, Syngenta ha la sua.  Hanno la loro anche Nestlè, Barilla, Illy, tutte diverse, tutte tagliate su misura.

L’agricoltura no-tillage e le minime lavorazioni sono eccellenti tecniche agronomiche, ma se si affiancano all’uso di erbicidi han poco di eco-sostenibile e di rigenerativo.

Prima sarebbe necessario stabilire di cosa parliamo: naturalmente senza nulla togliere a chi è impegnato davvero nella transizione verso sistemi agricoli realmente sostenibili, ora come ora la massima parte delle autodefinite agriculture rigenerative non fornisce informazioni trasparenti, pertinenti e affidabili ed è grande il rischio che si tratti solo di claim autoreferenziali di marketing.
In ambito ISO è stato istituito un gruppo di lavoro che dovrebbe stabilire una volta per tutte cosa sia davvero “agricoltura rigenerativa”.

Paolo Bàrberi, professore ordinario di Agronomia e coltivazioni erbacee presso l’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, e tra i fondatori di Agroecology Europe, in un acuto editoriale su Terra e Vita n. 17/2025 mette in guardia sul rischio di scrivere regole per l’agricoltura rigenerativa che strizzino l’occhio al marketing più che alla vera sostenibilità.

 

Leggi qui l’editoriale: https://terraevita.edagricole.it/agricoltura-conservativa/lagricoltura-rigenerativa-eviti-il-rischio-greenwashing/

Qui il sito di Agroecology Europe: www.agroecology-europe.org.

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

Rigenerativa: vera sostenibilità o soltanto uno slogan accattivante?



Negli ultimi tempi si parla molto di “agricoltura rigenerativa”, che qualcuno propone come frontiera più avanzata della sostenibilità.

Molti, da Nestlè a Cargill, da Bayer a Corteva, da Barilla a Illy propongono la “loro” agricoltura rigenerativa, ciascuna però diversa dalle altre, cucita su misura alle proprie esigenze e impostazioni, con non poca confusione anche tra i consumatori.

Con l’abituale lucidità ne parla nell’editoriale di Terra e Vita n. 17/2025 Paolo Bàrberi, professore di Agronomia presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove coordina il Gruppo di Ricerca in Agroecologia e ha coordinato il Dottorato Internazionale in Agrobiodiversità.

Esperto esterno per la FAO, la Commissione Europea, EFSA, Masaf e MinAMB, Bàrberi è co-fondatore e vice-presidente di Agroecology Europe e membro del Consiglio Direttivo di AIDA, Associazione Italiana di Agroecologia: al mondo è tra le persone più titolate a fare il punto sulle pratiche agricole sostenibili.

Partendo proprio dalla constatazione che “Non esiste al momento una definizione universalmente accettata di agricoltura rigenerativa, nella scienza e nella pratica, né esiste una normativa di riferimento”, Bàrberi mette in guardia sul rischio di scrivere regole per l’agricoltura rigenerativa che strizzino l’occhio al marketing più che alla vera sostenibilità.

Leggi qui l’editoriale: https://terraevita.edagricole.it/agricoltura-conservativa/lagricoltura-rigenerativa-eviti-il-rischio-greenwashing/