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14 MILIONI DI ETTARI BIO ENTRO TRE ANNI, IL PIANO DI CONVERSIONE INDIANO VA AVANTI

14 MILIONI DI ETTARI BIO ENTRO TRE ANNI, IL PIANO DI CONVERSIONE INDIANO VA AVANTI

La necessità di spezzare la dipendenza dall’import di fertilizzanti e input chimici sempre più introvabili e costosi spinge il Governo di Nuova Dehli a rafforzare il piano di conversione lanciato nel 2015

Il biologico può contribuire alla sicurezza alimentare globale? A dispetto delle calunnie delle lobby europee anti-bio, l’India ci crede e continua a puntare su questo modello di produzione low input proprio per risolvere problemi di food security molto più pressanti dei nostri, dovendo assicurare la disponibilità di cibo per oltre 1,4 miliardi di persone.

Tre anni per realizzare il piano

Siamo infatti a tre anni dalla conclusione del “Paramparagat Krishi Vikas Yojana (PKVY)” piano di sviluppo del bio lanciato nel 2015 e che prevedeva, attraverso specifiche sovvenzioni e facilitazioni, di arrivare al 10% di sau bio, ovvero 14 milioni di ettari, entro 10 anni. Oggi solo il 3% della superficie arabile del grande paese asiatico, pari a oltre 4,3 milioni di ha, corrisponde a questa definizione (vedi le cifre aggiornate qui), ma le forti tensioni internazionali sul prezzo e sulla disponibilità di fertilizzanti chimici spinge il governo indiano a intensificare gli sforzi in questa direzione. Uno impegno rafforzato dalla necessità d spezzare il legame tra la sicurezza alimentare interna e l’importazione di input produttivi dall’estero e alleggerire così le crescenti tensioni sulla bilancia commerciale.

Una voce emergente

In un recente intervento Sujit Jain, rampante rappresentante della nouvelle vague dei giovani imprenditori seriali indiani, Amministratore Delegato e Presidente di Netsurf Communications e di una galassia di altre società da 100 milioni di dollari, voce emergente nel panorama della comunicazione indiana per i suoi scritti persuasivi sulla vendita diretta, spezza una lancia in favore della necessità di un maggiore impegno nella realizzazione del Pkvy.

«La capacità dell’India – dice – di convertire al bio ulteriori 10 milioni di ettari nei prossimi 3 anni potrebbe essere messa in discussione, ma la nostra Nazione ha sicuramente il potenziale per sostenere questa ambizione».

L’importanza dell’India per il bio

Quello che capita a New Dehli ha un’importanza decisiva per il movimento mondiale del bio. Non solo per il peso economico e agricolo di questo paese Brics, ma anche per il suo ruolo storico. È infatti proprio studiando all’inizio del secolo scorso le tecniche di agricoltura estensive adottate dagli agricoltori indiani che Sir Albert Howard, botanico e fitopatologo inglese, ha scoperto l’importanza del compost e degli ammendanti organici e di una gestione più naturale nell’abbassare i danni delle malattie del suolo sui raccolti, gettando le basi dell’agricoltura biologica assieme a Rudolf Steiner e Eve Balfour.

Punti di forza e di debolezza

Secondo Sujit Jain i vantaggi del biologico in India sono:

  1. Raccolti di maggior valore sia in termini di maggiori entrate per gli agricoltori che di fertilità della terra.
  2. La possibilità di corrispondere alla crescente sensibilità del mercato interno e estero sul tema della sostenibilità;
  3. Maggiore autosufficienza delle comunità locali per il minore ricorso a fertilizzanti e input esterni, con effetti positivi sull’equilibrio biologico dei suoli.

L’importanza della certificazione

Dall’altro lato della bilancia l’imprenditore indiano mette la difficoltà iniziale a convertirsi e a cambiare metodo di produzione, in assenza di un sistema di formazione assistenza tecnica evoluto. «Ma la crescente domanda di bio che caratterizza anche il mercato indiano e gli sgravi finanziari per gli agricoltori potrebbero essere una grande motivazione per passare al bio».

Altro elemento critico per Jain è la certificazione: «tutti gli sforzi compiuti dagli agricoltori e dal Governo possono risultare vani se non si diffonde un sistema affidabile per convalidare la qualità biologica delle produzioni. La certificazione è importante perché assicurerebbe ai produttori un alleato in grado di  sostenere tecnicamente ed emotivamente i produttori nell’impegno verso l’agricoltura biologica».

“Accettazione e valore dei fertilizzanti riciclati nell’agricoltura biologica”: incontro a Bruxelles

“Accettazione e valore dei fertilizzanti riciclati nell’agricoltura biologica”: incontro a Bruxelles

Il 12 dicembre 2017 l’IFOAM UE, insieme alla piattaforma europea per il fosforo sostenibile (ESPP), terrà una riunione a Bruxelles rivolta a tutti gli interessati del settore il cui argomento è “Accettazione e valore dei fertilizzanti riciclati nell’agricoltura biologica”.

Diversi gli argomenti che saranno affrontati durante il workshop: la necessità di input di fosforo in agricoltura biologica, la coerenza ecologica dell’utilizzo di sostanze nutritive di riciclaggio nell’agricoltura biologica e l’accettabilità, per il movimento dell’agricoltura biologica, distributori di alimenti biologici e consumatori,  di diversi materiali secondari e prodotti riciclati.

Proposte di relatori, invitati o contributi sono benvenuti, così come poster, i cui titoli devono essere indicati al momento della  registrazione.

I dettagli del programma e della sede verranno inviati in seguito, in prossimità della data dell’evento, direttamente da ESPP.

Per partecipare, è possibile registrarsi QUI

Se si desidera presentare un contributo o un poster, si prega di contattare info@phosphorusplatform.eu

Fonte 

Psr Puglia, 60 mln per aziende agricole. Obiettivi: innovazione e sostenibilità

Pubblicato sul Bur Puglia del 28 luglio 2016, il bando dell’Operazione 4.1.A del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, intitolato: “Sostegno per investimenti materiali e immateriali finalizzati a migliorare la redditività, la competitività e la sostenibilità delle aziende agricole singole e associate”. Punti chiave dell’avviso la modernizzazione e il potenziamento delle imprese agricole pugliesi, da raggiungere attraverso l’abbattimento dei costi di produzione e la diversificazione produttiva. Obiettivo: accrescere la competitività e la sostenibilità delle aziende agricole locali.

Alla misura sono destinati 60 milioni di euro, a cui potranno accedere singoli imprenditori o agricoltori aggregati in organizzazioni di produttori, cooperative agricole o reti di imprese, purché con almeno 5 aziende agricole consorziate. La richiesta dovrà riguardare investimenti nel campo dell’innovazione tecnologica o l’introduzione nel processo produttivo di nuovi impianti.

L’avviso”, spiega Leonardo Di Gioia, assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia, “ha l’obiettivo di migliorare redditività, competitività e sostenibilità delle aziende agricole pugliesi, sostenendo linnovazione tecnologica, attraverso l’introduzione di impianti, macchine, attrezzature e sistemi che migliorino la qualità dei prodotti e riducano i costi di produzione”.

psr puglia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un occhio particolare sarà dedicato al biologico e alla sostenibilità ambientale delle imprese:

Si tratta di investimenti finalizzati alla diversificazione colturale delle produzioni agricole regionali”, prosegue l’assessore Di Gioia. “Migliorando sostenibilità ambientale delle attività produttive aziendali, questo intervento consente di realizzare impianti di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili come biomasse e mirati al risparmio idrico e all’efficientamento delle reti idriche aziendali”.

Nel dettaglio, nel bando sono previsti sostegni per l’implementazione di impianti a energia rinnovabile, l’ammodernamento o la costruzione di nuovi fabbricati rurali agricoli e zootecnici, acquisto o leasing di nuovi macchinari, sistemi o attrezzature, compresi impianti informatici e nuovi software. Tutte le innovazioni presentate dovranno avere come obiettivo la riduzione nel lungo periodo dell’uso di fertilizzanti e fitofarmaci, favorendo modelli di sviluppo sostenibili.

È possibile presentare domanda a partire dalle ore 12 del 5 settembre e fino al 31 ottobre 2016, accedendo al portale del Sian (Sistema informativo agricolo nazionale). Le domande rilasciate dal portale dovranno essere inviate tramite Pec all’indirizzo competitivitaziendale.psr@pec.rupar.puglia.it entro e non oltre le ore 12,00 del 10 novembre 2016.

Sul portale del Psr Puglia è possibile scaricare tutta la modulistica necessaria per la partecipazione al bando: http://svilupporurale.regione.puglia.it/portal/pls/portal/PSR_PORTALE.DYN_NEWS_VIEW.show?p_arg_names=id_news&p_arg_values=658

FONTI:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2016/08/05/puglia-imprese-agricole-piu-efficienti-con-60-milioni-dal-psr/49899

http://svilupporurale.regione.puglia.it/portal/pls/portal/PSR_PORTALE.DYN_NEWS_VIEW.show?p_arg_names=id_news&p_arg_values=661

Dai pesticidi e fertilizzanti chimici all’agricoltura biologica: il miracolo indiano di Kedia

Agricoltura biologica, un sistema completamente autonomo e sostenibile dal punto di vista energetico, rimozione quasi completa di pesticidi e fertilizzanti chimici, valorizzazione degli antichi saperi degli agricoltori: è questo il progetto che un gruppo di agricoltori, insieme a Greenpeace, sta portando avanti nel Bihar, stato dell’India conosciuto per l’arretratezza e l’estrema povertà. Una zona che potrebbe rinascere grazie all’esempio dei contadini del villaggio di Kedia.

Tutto è partito nel 2013, quando Greenpeace ha avviato l’iniziativa ‘Living Soil’ (suolo vivente) in diverse parti del Bihar, per informare le persone sull’impatto negativo di pesticidi e fertilizzanti. Ai coltivatori veniva proposto un modo di pensare diverso: la strada della sostenibilità. I residenti di Kedia si sono mostrati da subito entusiasti all’idea e sono riusciti, nel tempo, a riportare speranza a tutto il settore agricolo indiano. Negli ultimi anni, infatti, il Paese vive una profonda crisi che sta devastando vite e campi coltivati; difficoltà nate anche a causa di un programma governativo, il BGREI Bringing Green Revolution to Eastern India (Portiamo la Rivoluzione Verde in India), che avrebbe aumentato l’utilizzo di agenti chimici nei campi.

Kedia è la dimostrazione che c’è ancora speranza, se si persegue un modello di sviluppo sostenibile.

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Negli ultimi 3 anni, i coltivatori locali hanno avviato forme di produzione biologica utilizzando il vermicompost e diverse soluzioni naturali per aumentare la fertilità del terreno e allontanare i fitofagi: tutti i pesticidi sono stati già eliminati, mentre l’utilizzo di fertilizzanti chimici è stato ridotto del 70%.

L’aspetto più straordinario è che la resa dei terreni non è diminuita, o lo ha fatto in maniera marginale. La produzione di grano è rimasta la stessa, così come quella di cipolle e patate. Qualche differenza è stata riscontrata in alcuni campi di riso, con una leggere diminuzione della produzione.

Il programma della ‘Green Revolution’ aveva lasciato in eredità un sistema agricolo guasto, costringendo i coltivatori ad accettare il pesante sfruttamento delle risorse naturali, invece di lavorare in armonia con l’ambiente naturale, come hanno sempre fatto nella loro storia”, ha spiegato Ishteyaque Ahmed (Greenpeace), che ha seguito l’avventura del villaggio fin dall’inizio. “Da quando abbiamo avviato questo cambiamento a Kedia, siamo stati testimoni dei bellissimi risultati della collaborazione rispettosa ed equilibrato tra la natura, gli agricoltori e gli strumenti messi a disposizione dal Governo”.

In meno di 20 mesi, i coltivatori locali hanno costruito quasi 300 unità per la produzione di vermicompost, creato un combustibile da biomasse (usato in cucina) utilizzando 11 diversi tipi di piante, raccolto letame e urine dal bestiame per realizzare pesticidi naturali e trasformato gli escrementi umani in fertilizzanti. Grazie all’utilizzo di tecniche tradizionali e biologiche, il progetto Kedia è riuscito anche a creare un terreno che trattiene maggiormente l’acqua, attenuando l’impatto della devastante siccità che la regione ha sofferto negli ultimi mesi.

Rajkumar Yadav, uno degli agricoltori coinvolti, ha spiegato che il progetto gli “ha permesso di ridurre significativamente i costi di produzione”. Non solo: “Ora siamo certi di essere protetti dagli effetti dannosi dei prodotti chimici che avremmo usato in alternativa”, ha raccontato.

Il progetto Kedia non smette di affrontare nuove sfide. Nei giorni scorsi, Ishteyaque Ahmed e Greenpeace India hanno avviato una raccolta fondi online per installare un sistema di immagazzinamento a freddo, completamente alimentato dal fotovoltaico, per aumentare le capacità di conservazione dei prodotti agricoli del villaggio. Ad oggi, più del 40% degli alimenti coltivati in India deve essere buttato a causa della carenza di siti di immagazzinamento: gli abitanti di Kedia stanno cercando una strada sostenibile per ovviare anche a questo problema.

FONTI:

http://www.merinews.com/article/from-droughts–chemical-fertilisers-to-thriving-organic-agriculture-kedias-journey-with-greenpeace/15918476.shtml&cp

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/The-Kedia-Model-Is-Here/https://greenpeaceindia.ketto.org/fundraiser/support-indias-farming-future?utm_campaign=kedia&utm_source=greenpeace-india&utm_medium=facebook&utm_content=post

http://timesofindia.indiatimes.com/city/patna/Bihars-Kedia-village-an-iconic-success-story-in-the-Eco-Agri-Revolution/articleshow/52606587.cms

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/Greenpeace-Launches-Food-For-Life-Campaign-On-World-Environment-Day-/

http://www.greenpeace.org/india/en/Blog/Community_blogs1/hope-in-bihar/blog/56283/

 

Rotazione delle colture cerealicole riduce l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici

La sostenibilità dei sistemi agricoli biologici si basa su un utilizzo razionale ed equilibrato dei fattori di produzione che compongono l’ecosistema: l’acqua, il suolo, l’aria e gli esseri viventi. La pratica della rotazione delle colture può fornire una valida alternativa all’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici, proprio nel rispetto di questi principi.

La rotazione consente infatti una corretta gestione della fertilità del suolo, il controllo delle piante infestanti e di eventuali problemi fitosanitari. Inserire i cereali in un’adeguata rotazione consente di raggiungere questi risultati, senza la necessità di ricorrere a prodotti di sintesi.

Nell’agrosistema di produzione biologica il cereale rappresenta un componente importante: la sua coltivazione infatti contribuisce all’equilibrio dell’avvicendamento colturale.

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I fattori di forza di una rotazione delle colture cerealicole sono legati innanzitutto al fatto che l’apparato radicale delle piante è di tipo fascicolato ed ha la capacità di contrastare il progressivo compattamento dei terreni. Non solo: i cereali occupano la superficie dei suoli durante il periodo di maggior intensità delle piogge, contenendo di fatto sia i fenomeni di erosione che di lisciviazione dei nutrienti. Le stoppie, infine, cioè i residui colturali dei cereali, risultano molto importanti per la formazione di humus e il miglioramento della struttura e della tessitura del terreno.

Alcuni coltivatori biologici in Iowa, nella contea di Polk, hanno deciso di ricorrere all’antica pratica della rotazione delle colture cerealicole per contrastare la proliferazione dei parassiti nei campi.

L’agricoltore Aaron Lehman, uno dei primi che ha deciso di adottare questo sistema, ha spiegato che il segreto è di far crescere le altre colture, di solito avena e trifoglio, per un anno intero, in modo tale da creare un ambiente ostile ai parassiti, impedendogli di insediarsi nuovamente nei campi.

Scegliere una rotazione delle colture cerealicole ha inoltre un notevole vantaggio per la terra e per la gestione delle malattie, eliminando la necessità di ricorrere a prodotti chimici.

Una soluzione che, secondo Lehman, potrebbe andare bene anche per gli orti casalinghi.

Fonti:

http://www.publicnewsservice.org/2016-06-13/environment/old-idea-in-farming-made-new-to-reduce-pesticides-chemical-fertilizers/a52363-1

http://www.conmarchebio.it/wp-content/uploads/2014/10/BIOMARCHE-opuscolo-2.pdf

Cambiamenti climatici: fertilizzanti chimici tra i maggiori responsabili. Lo studio

Le aziende produttrici di fertilizzanti sono tra i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici nel mondo. Questo, almeno, quanto affermato in un recente rapporto pubblicato da GRAIN, un’organizzazione internazionale non-profit che lavora per sostenere i piccoli agricoltori e la difesa della biodiversità.

Secondo l’organizzazione, i fertilizzanti potrebbero essere responsabili fino al 10% delle emissioni di gas serra globali, per non parlare dei danni creati ai corsi d’acqua, al suolo e allo strato di ozono.

Nel rapporto diffuso da GRAIN, si evidenzia come il contributo complessivo dei fertilizzanti chimici al cambiamento climatico sia stato fino adesso sottovalutato.

I calcoli sulle emissioni di protossido di azoto derivanti dall’uso di fertilizzanti chimici, effettuati dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), sarebbero da 3 a 5 volte inferiori rispetto alle stime reali.

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I fertilizzanti richiedono una quantità enorme di energia per poter essere prodotti. Una produzione che cresce di anno in anno. Si pensa che, nel prossimo decennio, le forniture di fertilizzanti azotati cresceranno del 4%.

La produzione, tuttavia, rappresenta solo una piccola frazione delle emissioni di gas serra generate dai fertilizzanti chimici. La maggior parte delle emissioni si verificano una volta che questi prodotti sono applicati al suolo.

Si stima che, per ogni 100 kg di fertilizzanti azotati applicati al terreno, un kg finisce nell’atmosfera sotto forma di protossido di azoto (N2O). Nel 2014, il quantitativo ha uguagliato il numero di emissioni medie annuali di 72 milioni di automobili utilizzate in USA.

Devlin Kyyek, ricercatore del GRAIN ha affermato: “Ora possiamo dire che l’uso di fertilizzanti chimici quest’anno genererà più emissioni di gas serra delle emissioni totali prodotte da tutte le auto e camion guidati negli Stati Uniti. La buona notizia è che c’è una soluzione rapida a questo problema: una conversione globale a pratiche agroecologiche che possono raggiungere gli stessi rendimenti senza l’utilizzo di prodotti chimici”.

A dicembre, i leader mondiali si incontreranno a Parigi per la ventunesima Conferenza sul clima (COP21). Tra le varie iniziative intergovernative, solo una affronterà la tematica del cambiamento climatico collegato all’agricoltura e, secondo l’organizzazione, il dibattito sarà controllato dalle maggiori aziende produttrici di fertilizzanti del mondo.

Fonti:

http://www.ifoam.bio/en/news/2015/11/02/new-report-exxons-agriculture-says-contribution-chemical-fertilisers-climate-change

https://www.grain.org/article/entries/5270-the-exxons-of-agriculture

https://www.grain.org/