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RIPRISTINO DELLA NATURA, COLPO DI CODA DEL GREEN DEAL

RIPRISTINO DELLA NATURA, COLPO DI CODA DEL GREEN DEAL

L’EuroParlamento approva a sorpresa, in una Bruxelles infiammata dalle proteste agricole, uno dei dispositivi più significativi dell’architettura verde voluta da questa legislatura ormai agli sgoccioli. L’obiettivo è contrastare il cambiamento climatico ripristinando il 30% degli habitat naturali europei entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050

Là dove c’era l’erba, tornerà. E questo grazie ad un ben assestato colpo di coda del Green deal. A sorpresa lo scorso 27 febbraio l’EuroParlamento ha approvato l’evocativo regolamento sul ripristino della natura.

Ambienti degradati da recuperare

Circa l’80% dell’habitat naturale del Vecchio Continente versa infatti in pessime condizioni, soprattutto a causa di uno sfruttamento intensivo dei mari e della terra che distrugge gli ecosistemi.  Secondo uno studio pubblicato su PNAS nel maggio 2023,  popolazione degli uccelli selvatici cala in Europa a un ritmo di 20 milioni all’anno.

Secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), per limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C sarebbe necessario ripristinare almeno il 30-50% degli ecosistemi ricchi di carbonio.

Per questo, attraverso la nuova normativa, Bruxelles punta a recuperare almeno il 30% degli habitat naturali europei (foreste, praterie e zone umide, fiumi, laghi e coralli) in cattive condizioni entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050.

Obiettivi diversificati

Per raggiungere questo obiettivo, sono stati fissati obiettivi specifici per gli insetti impollinatori, gli ecosistemi forestali, gli ecosistemi urbani, gli ecosistemi agricoli, gli ecosistemi marini e la continuità della rete di connettività fluviale.

Un clima da guerriglia urbana

Il Parlamento europeo ha approvato la normativa con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti, chiudendo definitivamente il trilogo con Commissione Ue e Consiglio. Un esito tutt’altro che scontato, visto il clima da guerriglia per le proteste agricole che hanno bloccato Bruxelles proprio nella giornata dell’Assemblea Plenaria e nonostante le elezioni europee incombenti. Lo stesso Manfred Weber, coordinatore del gruppo parlamentare del Ppe e co-negoziatore della legge, aveva provato a nascondere la mano che aveva tirato il sasso dichiarando solo una settimana prima della sua approvazione che «la legge sul r

ipristino della natura è redatta male e non è mai stata all’altezza del compito che avevamo davanti». In effetti una prima versione del dispositivo era stata bocciata solo due anni fa perché considerata troppo “ambiziosa”. Ora però la coalizione parlamentare tra centrodestra, estrema destra e nazional-conservatori non è riuscita a bloccarla principalmente, come riporta il giornale digitale Euractiv, a causa delle divisioni all’interno del gruppo liberale e di quello dei conservatori.

Pareri discordanti

Negativo il commento delle principali associazioni agricole italiane e del ministro Francesco Lollobrigida che all’Ansa ha dichiarato: «La legge sul ripristino della natura è l’elemento cardine dell’impostazione ideologica che ha messo in ginocchio il nostro mondo produttivo e rischia di ucciderlo».

«Il ripristino della natura – aveva invece dichiarato Jan Plagge , Presidente di IFOAM Organics Europe, all’indomani dell’approvazione da parte della Commissione Ambiente del Pe – dà speranza che si possa tutti insieme arrivare ad un migliore equilibrio tra agricoltura e natura». «L’agricoltura biologica -aveva aggiunto- è la prova che possiamo produrre cibo a sufficienza preservando la biodiversità, il suolo e l’acqua, e che non c’è motivo di polarizzare la protezione della natura rispetto all’agricoltura».

I punti salienti del provvedimento

L’EuroParlamento, attraverso i suoi emendamenti, ha dato priorità, entro il 2030 alle zone Natura 2000 (una larga fetta dell’agricoltura del Belpaese è praticata in queste zone). I paesi dell’Ue dovranno garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo. Inoltre, dovranno adottare piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio in che modo intendono raggiungere gli obiettivi. Tra gli indici da considerare vi è l’inversione del declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 al più tardi, per poi puntare a un aumento misurato almeno ogni sei anni.

Altri indicatori fissati per migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli vi è quello dell’incremento della popolazione delle farfalle e dell’avifauna, importanti sintomi del grado di biodiversità; l’aumento della percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio ed elevata biodiversità; l’incremento dello stock di carbonio organico nei terreni coltivati.

Per quest’ultimo obiettivo Bruxelles punta in modo particolare al ripristino delle torbiere:  almeno il 30% delle torbiere entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato). La riumidificazione continuerà a essere volontaria per agricoltori e proprietari terrieri privati.

Come richiesto dal Parlamento, la legge sul ripristino della natura prevede un freno di emergenza che, in circostanze eccezionali, consentirà di sospendere gli obiettivi relativi agli ecosistemi agricoli qualora questi obiettivi riducano la superficie coltivata al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dell’Ue.

ADDIO ALL’USO SOSTENIBILE DEI PESTICIDI

ADDIO ALL’USO SOSTENIBILE DEI PESTICIDI

L’EuroParlamento in sessione plenaria boccia senza appello la proposta di regolamento sugli usi sostenibili degli agrofarmaci, uno dei principali strumenti per l’obiettivo Green deal del loro dimezzamento entro il 2030. Mammuccini: «Si rischia di tornare all’anno zero delle politiche di sostenibilità agricola»

Green deal, un orizzonte che rischia di allontanarsi sempre di più. Il 22 novembre scorso il Parlamento europeo, convocato in Assemblea plenaria a Strasburgo, ha infatti respinto la proposta di riforma della regolamentazione Ue sugli usi sostenibili dei pesticidi (Sustainable Use of Plant Protection Products Regulation, SUR), principale strumento per arrivare a un loro dimezzamento entro il 2030. La proposta di regolamento voluta da Frans Timmermans, ex vicepresidente della Commissione europea, è stata respinta con 299 voti a favore 207 contrari e 121 astenuti.

Un clima da restaurazione di fine legislatura

Si tratta di un clamoroso stop per uno dei testi legislativi più ambiziosi della Strategia Farm to Fork: lo stop è infatti definitivo, non rimanda alle Commissioni competenti per l’elaborazione di un nuovo testo di compromesso. Obbliga invece la Commissione Ue a decidere se rilanciare la proposta con un testo alternativo e tempi di approvazione che si allungherebbero enormemente (un’ipotesi davvero poco plausibile, dopo il ritorno di Timmermans in Olanda per un confronto elettorale che ha visto il suo partito arrivare secondo dietro all’estrema destra di Geert Wilders) o se gettare la spugna.

In teoria, il Consiglio Ue potrebbe decidere di andare avanti comunque, «ma l’approssimarsi delle elezioni europee della prossima primavera – commenta Pascal Canfin, presidente della Commissione Ambiente –  rende impossibile l’approvazione di alcun regolamento in questo mandato».

«Difendere gli agricoltori non significa difendere i pesticidi»

A Strasburgo ha infatti prevalso l’idea che il regolamento Sur fosse una mannaia per la produttività agricola del vecchio continente (che è ancora oggi il primo esportatore agroalimentare al mondo). «Un’idea sbagliata – assicura Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – difendere gli agricoltori non significa difendere i pesticidi». «Il voto contro il regolamento finalizzato alla riduzione progressiva dei pesticidi di sintesi chimica nei nostri campi e altre decisioni di fine legislatura come il mancato stop alla proroga del discusso erbicida glifosate costituiscono un colpo di spugna che rischia di riportarci all’anno zero delle politiche di sostenibilità agricola».

Europarlamento dice stop agli OGM: “No al Mais geneticamente modificato”

L’Europarlamento si è espresso sulla possibilità di importare sul territorio dell’Unione cibo e sementi che contengono o derivano da mai geneticamente modificato: 426 voti a favore, 230 contrari e 38 astensioni.

La risoluzione approvata dai deputati era di netta contrarietà a tale possibilità.

Malgrado il parere Efsa, che esprimeva invece favore verso l’importazione, i deputati europei hanno bloccato 5 varietà di mais OGM. La parola definitiva spetta in ogni caso alla Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, dal momento che il provvedimento votato non ha valore vincolante.

La decisione dell’Europarlamento: le motivazioni

Sono 5 le varietà di mais OGM su cui l’Europarlamento ha dichiarato la propria contrarietà all’importazione: Bt11, 59122, MIR604, 1507 e GA21. Si tratta di varietà resistenti agli erbicidi a base di glufosinato ammonio, allo glifosato, nonché ad alcune specie di parassiti, come lepidotteri e coleotteri potenzialmente nocivi.

La motivazione principale allo stop, è da individuare nella presunta mancanza di sufficienti informazioni e dati sulle varietà considerate.

«Durante il periodo di consultazione di tre mesi», si legge nella risoluzione approvata, «gli Stati membri hanno presentato centinaia di osservazioni»: si tratta perlopiù di segnalazioni riferite «alla mancanza d’informazioni e di dati, studi mal eseguiti o mancanti». Si sottolinea inoltre come siano carenti alcuni dati riguardo «la digeribilità, alla mancata considerazione degli effetti combinati delle diverse proteine della tossina Bt nel valutare il potenziale di allergenicità e tossicità».

E ancora: la richiesta di autorizzazione da parte di Syngenta non prevedrebbe relazioni sulle attività di monitoraggio, sugli effetti negativi sull’ambiente, sulla valutazione «delle differenze statisticamente significative, ad esempio nella composizione nutrizionale». Mancherebbero infine «prove immunologiche in riferimento a un potenziale allergenico potenzialmente più elevato».

In definitiva, l’Europarlamento ritiene che l’approvazione di «varietà per le quali non siano stati forniti dati sulla sicurezza, che non siano neppure state sottoposte a test, o non siano ancora state create, contravvenga ai principi generali della legislazione alimentare».

Per queste ragioni, come già accaduto in passato, i parlamentari europei richiedono una riforma della procedura di autorizzazione per gli OGM. Come abbiamo accennato, infatti, la risoluzione approvata non è in alcun modo vincolante per la Commissione. Qualora quest’ultima approvi l’autorizzazione al mais OGM, malgrado il parere contrario dei deputati, gli Stati membri potranno però a loro volta vietarne la coltivazione sul proprio territorio.

Il parere EFSA e la “relazione di minoranza”

Il parere contrario dell’Europarlamento è arrivato malgrado l’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, abbia espresso nell’agosto 2016 una valutazione favorevole sulle domande di autorizzazione.

Come sottolineano gli eurodeputati, infatti, è lo stesso provvedimento dell’Efsa a riconoscere la carenza di informazioni, quando «riconosce che non sono stati presentati dati specifici sulle 20 sottocombinazioni(del granturco OGM, ndr), molte di queste non sono state ancora create e l’esame della letteratura specialistica non ha permesso di recuperare informazioni scientifiche su tali combinazioni».

Esiste inoltre un parere di minoranza, contrario a quello favorevole dell’Efsa, a firma di Jean-Michael Wal, membro del gruppo di esperti OGM della stessa Agenzia europea. Wal sottolinea che Syngenta «non ha addotto giustificazioni soddisfacenti per spiegare» la mancanza delle informazioni, né ha indicato per quale ragione ritenga che tali dati «non siano necessari ai fini della valutazione del rischio».

Nella risoluzione, gli europarlamentari concludono dunque che tale carenza possa «generare un rischio incontrollato per la salute di alcuni segmenti di popolazione».

La posizione dell’Italia

Sul mais OGM, negli ultimi mesi l’Italia ha avuto una posizione ondivaga. Il 27 gennaio, infatti, quando gli Stati membri dell’UE si sono riuniti per approvare l’ingresso nel continente di 3 tipologie di mais geneticamente modificato resistente ai parassiti, il nostro Paese ha votato per la prima volta a favore dell’autorizzazione. Poche settimane dopo, però, il governo italiano – rappresentato dai ministri della Salute, delle Politiche Agricole e dell’Ambiente –recuperava la sua posizione originaria, di netto rifiuto agli organismi geneticamente modificati.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3282

http://www.ilfattoalimentare.it/ogm-parlamento-ue-autorizzazioni-mais.html

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2017-0123+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

http://www.agi.it

http://www.suoloesalute.it/mais-ogm-italia-vota-favore-le-reazioni-carnemolla-greenpeace/

http://www.suoloesalute.it/mais-ogm-nuova-impasse-sulle-concessioni-litalia-vota/