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PIÙ AGGREGAZIONE E UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE

PIÙ AGGREGAZIONE E UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE

I punti di forza per sostenere il mercato del bio in una congiuntura difficile. Gli interventi di Gabriele Canali e Carlo Hausmann al workshop della Rete Rurale nazionale

Più aggregazione dell’offerta e una migliore distribuzione per rilanciare i consumi dei prodotti biologici. Sono le esigenze espresse nella seconda parte del workshop “Le prospettive del biologico nel 2023-2027” organizzato dalla Rete Rurale nazionale l’11 maggio (clicca per accedere alle relazioni e alla diretta streaming) presso la Domus Australia, in Via Cernaia a Roma (nel precedente articolo abbiamo fatto il punto sui sostegni al bio del Piano strategico nazionale per l’attuazione della Pac).

La necessità di premiare chi produce

«Gli obiettivi della Farm to Fork e quelli della Pac – mette in evidenza nella sua relazione Gabriele Canali dell’Università Cattolica di Piacenza – fanno sempre riferimento alle «superfici» a biologico». «Questo approccio – continua- è però inadeguato, perché c’è il rischio che il sostegno alle superfici si traduca in una rendita per “agricoltori” non producono prodotti bio». Uno “spreco di risorse” che secondo Canali può determinare la distorsione della concorrenza, determinando una maggiore concorrenza con prodotti bio d’importazione. «Negli ultimi anni – ha aggiunto – anche a causa della carenza di materie prime agricole nazionali bio, è andato crescendo l’interesse e l’attenzione verso produzioni certificate bio e provenienti da paesi extra Ue, con il rischio di atteggiamenti speculativi e opportunistici». Proprio come capita per l’agricoltura convenzionale, alle prese con la globalizzazione e i listini internazionali di commodity governati da variabili indipendenti da quanto accade nel nostro Paese.

Aggregarsi per spuntare migliori remunerazioni

La soluzione per uscire da questo cul de sac è rappresentato, secondo Canali, dall’aggregazione. «La competizione su produzioni agroalimentari di qualità -raccomanda il docente – richiede necessariamente l’adozione di strumenti atti a raccordare gli anelli della filiera, sia in termini di requisiti qualitativi che quantitativi». Le forme di aggregazione sono quindi necessarie anche nel bio. «Innanzitutto per ottenere migliori condizioni economiche nelle fasi contrattuali con gli anelli a monte e a valle della produzione agricola, all’interno della filiera». Secondo il ricercatore le alternative rappresentate da vendita diretta e chilometro zero, per quanto importanti, non consentono l’aumento adeguato dei volumi e del valore che le filiere bio possono generare a beneficio dell’agricoltura italiana.

Serve una rete di distribuzione alleata

Per realizzare questo disegno occorre però poter contare su una rete di distribuzione che sia alleata del bio.

«Certo – stigmatizza Carlo Hausmann, Esperto di Politiche di sviluppo rurale con un’esperienza di direttore generale dell’Azienda Romana mercati- occorre aggregare e migliorare in prodotto. Ma poi occorre saperlo vendere, ovvero distribuire».

Il posizionamento ideale si ottiene, secondo il relatore, tutelando la reputazione del bio. «Oggi il mercato di riferimento – obietta – è però caratterizzato da una difficoltà di lettura, con una remunerazione incerta e prospettive non chiare».

Occorre partire dai punti certi: un valore complessivo solido (3,66 mld), il grande ruolo del fresco (quasi la metà degli acquisti) e la crescita delle uova e delle specialità zootecniche.

Occhio all’hard discount

Il valore è però condizionato da una divergenza tra i canali di vendita, con il grande veicolo dei supermercati (63,5%), un valore che rimane però stabile, il ruolo decisamente da ridisegnare per i negozi specializzati e l’esplosione dei discount, con tutti i rischi connessi.

Un canale da presidiare, tenendo conto «che il consumatore acquista bio in discount solo perché è presente, ma non ha interesse a premiare altro che il prezzo e che non vuole marchi superflui».

NASCE IL PROGETTO DI FILIERA SOSTENIBILE DELL’ASIAGO DOP

NASCE IL PROGETTO DI FILIERA SOSTENIBILE DELL’ASIAGO DOP

Tipicità e sostenibilità a braccetto: il progetto del Consorzio che coinvolge mille allevatori, 34 caseifici e 6 distributori

Nasce il progetto Filiera sostenibile dell’Asiago Dop, un percorso che prosegue nelle scelte avviate da tempo di recupero degli elementi originari della denominazione ed è destinato a migliorare l’efficienza dell’intero ciclo del formaggio Asiago.

Una filiera articolata

L’azione del Consorzio di Tutela veneto-trentino punta con decisione a potenziare i suoi elementi di sostenibilità coinvolgendo per la prima volta l’intera filiera produttiva composta da oltre mille allevatori, 34 caseifici e 6 confezionatori.

La presentazione a Roma

Il progetto di ricerca verrà presentato in anteprima a Italia Next Dop, il Simposio dedicato all’alta formazione e diffusione della ricerca scientifica nel settore agroalimentare a Indicazione Geografica organizzato da Fondazione Qualivita il prossimo 22 febbraio a Roma.