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CRESCONO SUPERFICI E OPERATORI, FRENA IL CONSUMO

CRESCONO SUPERFICI E OPERATORI, FRENA IL CONSUMO

I dati Sinab relativi al 2021 presentati al Sana mostrano un aumento del 4,4% delle superfici e del 5,4 degli operatori. La crisi inflattiva innesca però la frenata dei consumi soprattutto nei negozi specializzati. In crescita mercatini e hard discount

Escono i dati ufficiali del bio aggiornati al 31 dicembre 2021 elaborati dal Sinab. Li ha presentati Pietro Gasparri, dirigente Mipaaf dell’Ufficio per l’Agricoltura biologica e sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali, in occasione della 34a edizione del Sana di Bologna.

Arrivano così a 86mila gli operatori e a 2.186.570 gli ettari del biologico italiano (17,4% della Sau italiana). Pari a una crescita annuale del +4,4% (+96,3% in 11 anni) per le superfici e +5,4% (+80,7) per gli operatori.

Il confronto europeo

Un ritmo che non tiene però il passo della crescita registrata in Germania e Francia dove le superfici crescono rispettivamente del 9 e 5,9%. Riguardo al numero di operatori fa meglio solo la Francia (+9,7). I dati strutturali premiano il biologico, visto che la superficie media di un’azienda biologica italiana è di 28,8 ha (poco più di 11 ha nel convenzionale). Ancora più estese le realtà bio europee: (Spagna 54,8 ha; Germania 49,6; Francia 47,5).

Le regioni più biologiche sono Sicilia, Puglia, Toscana, Calabria ed Emilia-Romagna che nel loro insieme contano per il 55,3% delle superfici bio nazionali.

Mandrie bio

Riguardo alla zootecnia bio l’aggiornamento Sinab registra una crescita del 20,6% del settore avicolo; +13% per l’apicoltura, +3% per i bovini; mentre gli ovicaprini scendono del 6% circa. L’incidenza degli animali bio sul totale della zootecnia vede in testa i caprini (9,4%) seguiti da ovini (8,6%), bovini (7%), pollame (4,8%) e suini (0,7%).

Produzione ed import

Il valore alla produzione complessivo del biologico nazionale è di 3,96 miliardi di euro, in crescita dell’11% rispetto al 2020 e del, 7,3% rispetto al 2019. Vite e seminativi biologici crescono in maniera continuativa da oltre un triennio. Le colture permanenti perdono invece valore nonostante l’aumento delle superfici in conseguenza delle basse rese produttive del 2020 e 2021. A fronte di questi dati le importazioni di biologico in Italia si sono concentrate su cereali (54.113 tonnellate), frutta fresca e secca (40.940) e colture industriali (35.518).

Consumi in frenata

Le note più negative, e si sapeva, vengono dal mercato interno. La crisi inflattiva colpisce infatti anche la domanda agroalimentare e i prodotti più colpiti sono quelli di alta qualità. Per questo il consumo di biologico  si attesta nel 2021 di 3,38 miliardi di euro, in flessione del 4,6% rispetto al 2020 (ma la crescita è del 4,5% se facciamo il confronto col 2019, anno prepandemico). Purtroppo nel periodo gennaio-maggio di quest’anno si è assistito a un ulteriore calo dei consumi dell’1,9% mentre da giugno si registra una ripresa.

Il carrello della spesa

La composizione del carrello della spesa è rimasta inalterata rispetto al 2020. L’ortofrutta bio si attesta sul 9,3% del totale. Nel carrello la spesa dell’ortofrutta è quella merceologicamente più rappresentata  (46,1% nel bio contro il 20% del convenzionale). Crescono i vini (+5,7%) e le carni (+13%) che però hanno una bassa incidenza rispetto alle corrispettive categorie dell’agroalimentare convenzionale.

La crescita dell’hard discount

Per quanto riguarda i canali di vendita la grande distribuzione, anche se in leggera flessione, si conferma il canale più importante di vendita per il bio, mentre i negozi specializzati subiscono un importante rallentamento pur mantenendo un peso fondamentale per il settore. Una frenata equilibrata dalle performance positive dei mercatini e dell’hard discount che rappresentano l’unico canale di vendita che cresce a doppia cifra anche nel 2021. Mancano le rilevazioni della vendita diretta e del canale Horeca.

LA SFIDA DELLA RIVITALIZZAZIONE DEL BIO

LA SFIDA DELLA RIVITALIZZAZIONE DEL BIO

Biologico a due velocità: crescono le superfici ma calano i consumi. Sono le tendenze emerse a Roma nell’evento promosso da Mipaaf, Ismea e Ciheam. Ma secondo l’economista Alberto Mattiacci non c’è da temere: il bio rappresenta ancora la risposta più solida e convincente per la richiesta di “identità” del cittadino consumatore

Biologico a due velocità in Italia. Prosegue la crescita delle superfici coltivate (2,2 milioni di ettari a fine 2021) e del numero di operatori coinvolti (oltre il 5% rispetto al 2020), ma calano – per la prima volta – i consumi, come probabile riflesso alla perdita di potere d’acquisto delle famiglie aggravata dalla spinta inflazionistica degli ultimi mesi.

L’evento romano

Questa l’istantanea scattata durante il convegno sulle prospettive del settore organizzato lo scorso 6 luglio da Ismea a Roma. Un evento organizzato da Mipaaf, Ismea e Ciheam Bari (vedi QUI il programma) con la presenza di Angelo Frascarelli e Fabio Del Bravo di Ismea; Francesco Battistoni, sottosegretario alle Politiche agricole con delega al biologico, le relazioni di Del Bravo sulla struttura produttiva e il mercato del biologico in Italia (il documento si può scaricare QUI); il punto sull’evoluzione normativa del settore fatto da Pietro Gasparri del Mipaaf; l’interessante analisi di Alberto Mattiacci, Ordinario di economia e gestione d’impresa alla Sapienza di Roma. La tavola rotonda con i rappresentanti delle associazioni di categoria è stato moderato dal giornalista Gianni Convertini.

La flessione della domanda

Affrontiamo subito le note dolenti, ovvero la flessione sul fronte della domanda. Dopo l’ottima performance del 2020 (+9,5%), sostenuta da una maggiore propensione delle famiglie italiane all’acquisto di alimenti genuini e salutari nel periodo del primo confinamento domiciliare indotto dal lockdown, lo scorso anno il valore della spesa si è infatti contratto del 4,6%, portandosi a 3,38 miliardi di euro, anche se è rimasta invariata l’incidenza del bio sul totale degli acquisti agroalimentari (3,9%).

Le evidenze sui primi 5 mesi del 2022, limitate ai soli acquisti presso la Gdo, evidenziano un’ulteriore riduzione dell’1,9% su base annua, peraltro in un contesto di generalizzata crescita dei prezzi. A preoccupare, in questo caso, è il confronto con l’agroalimentare convenzionale che segna nello stesso periodo un incoraggiante +1,8%.

Un nuovo livello di consapevolezza

C’è da preoccuparsi? Non secondo l’analisi di Alberto Mattiacci che, nella relazione “il bio fra vecchi atteggiamenti e nuove sensibilità”, ha messo in evidenza il progresso irreversibile del passaggio dalla società post-industriale a quella digitale che ha trasmesso un nuovo livello di consapevolezza al cittadino- consumatore non più disposto a rinunciare alla propria affermazione come persona anche nelle scelte d’acquisto.

Una nicchia affollata

Scelte che convergono sul messaggio portato avanti dal bio, che continua a rappresentare una “nicchia contesa”, con un messaggio e un’identità chiara, una promessa di valore a cui viene riconosciuto un prezzo premium. Una nicchia un po’ affollata a dire il vero a causa dell’affiancamento di una pletora di marchi e definizioni (km0, sostenibile, naturale, vegano, senza-qualcosa, equo e solidale, ecc) che insistono sullo stesso segmento distraendo l’attenzione del consumatore.

Il ritorno alla semplicità

La soluzione è, secondo il docente di marketing, il ritorno alla semplicità e alla trasparenza del messaggio, rappresentando la solidità senza uguali dei vantaggi assicurati da questa categoria di prodotti per vincere la sfida della “rivitalizzazione” del bio.

Una sfida da vincere innanzitutto nel nome della coerenza di scelte politiche come il “green deal”, un pacchetto di iniziative che vedono nello sviluppo dell’agricoltura biologica uno dei cardini della transizione green in agricoltura. Indirizzi che sono stati richiesti, anzi pretesi, solo pochi anni fa proprio dai cittadini-consumatori europei.