Suolo e Salute

Category: Bio News

Docenti giapponesi presso la sede ligure di Suolo e Salute per studiare l’esperienza della Val di Vara

Un gruppo di docenti dell’università giapponese di Kagoshima (http://www.kagoshima-u.ac.jp/) ha fatto visita nei giorni scorsi alla sede di Suolo e Salute di Varese Ligure (SP), nell’ambito di uno studio che l’ateneo nipponico sta compiendo riguardo ad alcune realtà rurali dell’Unione Europea particolarmente interessanti quale modello di sviluppo compatibile con l’ambiente e la tutela del territorio. In particolare gli scienziati giapponesi erano interessati a comprendere meglio i meccanismi di gestione delle risorse, utilizzo degli aiuti economici comunitari e di promozione delle politiche legate all’agricoltura biologica. Pur non trattandosi di una missione con dichiarate finalità politiche, non di meno l’esperienza riportata dagli accademici potrà servire alle autorità giapponesi come spunto per indirizzare al meglio successive scelte politiche e di governance su scala regionale o nazionale. In particolare, la missione giapponese si riprometteva di raccogliere elementi utili allo sviluppo delle comunità rurali del Sol Levante grazie ad un confronto e ad uno scambio di esperienze e informazioni. La Val di Vara è diventata pertanto meta del viaggio di studi degli accademici di Kagoshima grazie al report elaborato recentemente da Jetro (http://www.jetro.go.jp/italy/), un ente semi-governativo giapponese per la promozione del commercio e degli investimenti che aveva concentrato la propria attenzione proprio sulla realtà di Varese Ligure. Nell’ambito della visita, oltre alla Val di Vara la delegazione ha visitato anche la vicina Garfagnana. Della specifica realtà di  Varese Ligure ha particolarmente colpito i visitatori il fatto che la scelta del biologico abbia riguardato un intero comparto territoriale, tant’è che nel comune di Varese Ligure la SAU coltivata a bio è superiore a quella destinata a colture convenzionali, unitamente al fatto che l’iniziativa fosse derivata dall’azione delle autorità locali (nella fattispecie, il compianto sindaco Caranza) e non dall’iniziativa privata. Proprio la lungimiranza di Mauro Caranza, ex Sindaco del comune ligure, ha colpito i docenti giapponesi, unitamente alla sua perseveranza nel perseguire il suo obiettivo, che ha dato frutti di cui ancor oggi  beneficia l’intero comprensorio. Oltre all’investimento sul biologico e alla rivalutazione e rivitalizzazione del centro storico, ottenute grazie ai contributi dei Piani Organici di Intervento, la delegazione è stata favorevolmente impressionata  dalla scelta delle energie rinnovabili, grazie alla quale attualmente nel territorio di Varese Ligure viene prodotta più energia di quanta ne venga consumata).

Per quanto riguarda la specifica esperienza di Suolo e Salute, che da molti anni certifica la stragrande maggioranza delle aziende biologiche della Valle, i sei docenti hanno avuto modo di parlare in particolare con Antonio Spinelli, direttore della sede Piemonte e Liguria della società, per meglio comprendere le modalità di controllo delle aziende agricole e della filiera e per approfondire alcuni dati statistici relativi alle aziende bio certificate da Suolo e Salute. La delegazione ha inoltre incontrato l’attuale sindaco di Varese Ligure Michela Marcone che ha raccontato la storia del progetto Valle del Biologico e le attuali prospettive per il territorio, e Sergio Traverso, direttore della Cooperativa Casearia Val di Vara e direttore di ARS Food, importante stabilimento di yogurt bio insediato nella valle e più volte premiato con diversi riconoscimenti nazionali ed europei per la qualità dei propri prodotti. Tra le personalità incontrate nel corso della visita, anche il Fulvio Gotelli, presidente della Coop. Carni S. Pietro Vara.

Un’esperienza, quella del distretto del biologico della Val di Vara,  che i sei delegati giapponesi sperano di poter replicare anche in madrepatria, dove al momento non esistono esperienze paragonabili. Il Giappone da questo punto di vista è sicuramente un territorio che si può prestare a replicare l’esperienza di Varese Ligure, anche se l’estrema frammentazione della proprietà agricola costituisce un indubbio ostacolo al sorgere di progetti analoghi.  Un frazionamento eccessivo che crea non poche difficoltà alle aziende di produzione zootecnica interessate ad avvicinarsi al bio. Sette anni fa, nel 2006, è stata introdotta dal Governo di Tokio una normativa nazionale concepita per incentivare il settore del biologico, ma si tratta a detta dei docenti di un provvedimento in cui alcune lacune particolarmente evidenti rendono ancora poco “attraente” questo tipo di coltivazione. Anche a livello di contributi, la realtà giapponese è assai diversa da quelle europee, dal momento che i contributi si limitano a supportare la sola fase di transizione dal convenzionale al biologico, terminata la quale non sono previsti ulteriori finanziamenti. Né esistono situazioni assimilabili al concetto di Distretto Rurale Bio come accade invece in realtà quale quella di Varese Ligure. Ferrei invece i controlli, con ben 60 Organismi di Controllo muniti, come in Italia, di un Comitato di Certificazione che valuta le pratiche delle singole aziende agricole.

Fonte: Suolo e Salute

A Nairobi il Consiglio dellUnep e il Forum dei Ministri dell’Ambiente. Ban Ki-moon: sono maturi i tempi per progredire nella direzione della sostenibilità

E’ in corso a Nairobi da lunedì scorso 18 febbraio e fino a domani, venerdì 22) il Consiglio direttivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). L’incontro ha la duplice valenza di costituire una sessione ordinaria del Consiglio Unep e di svolgere anche la funzione di Forum ministeriale mondiale sull’ambiente. Un’occasione importantissima per fare il punto sul post-Rio +20, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo sostenibile svoltasi nel giugno dell’anno scorso in Brasile, nel corso della quale è stato deciso un rafforzamento del Programma Unep, l’introduzione dell’adesione universale e le valutazioni sul contributo dell’Unep al processo di realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile decisi a Rio.

Uno degli obiettivi del Consiglio è proprio quello di rafforzare il ruolo dell’Unep, in maniera tale da poter costituire effettivamente uno strumento di supporto fondamentale nella direzione della sostenibilità dello sviluppo.

«Nel trovare la formula ottimale per un rafforzato e aggiornato Unep – ha dichiarato in apertura dei lavori Achim Steiner, direttore esecutivo dell’Unep – abbiamo anche bisogno di riflettere e concordare un impegno maggiore dei grandi gruppi e delle parti interessate che hanno concluso una pre-riunione ieri. Abbiamo bisogno della creatività e la visione di molti settori della società compresa la società civile, gli scienziati e le imprese, se l’obiettivo di Unep è quello di raggiungere il suo pieno potenziale di cambiamento».

«Oggi e per i prossimi quattro giorni la città di Nairobi può essere definita la “capitale ambientale del Mondo“- ha proseguito Steiner – Le decisioni dei Capi di Stato e dei governi prese a Rio+20, inclusa la partecipazione universale ad Unep, segna un nuovo punto di partenza per le nazioni in tutto il mondo rispetto alla cooperazione internazionale in materia ambientale. Oggi ci sono molti volti nuovi che partecipano al Consiglio direttivo per la prima volta insieme a quelli familiari. A questo proposito stiamo collettivamente facendo una piccolo ma significativo pezzo di “storia” a sostegno del futuro che vogliamo».

Steiener ha anche ricordato la nuova campagna delle Nazioni Unite “Think-Eat-Save: Reduce Your Foodprint“, nata con l’intento di riunire intorno al tema dell’”impronta alimentare” agricoltori, consumatori, e distributori di tutto il Pianeta.

Nell’’ambito dei lavori dell’Unep è intervenuto anche il generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che nel celebrare  il 40° anniversario della nascita dell’Unep ha dichiarato che «il momento è maturo per far avanzare l’agenda dello sviluppo sostenibile» soffermandosi in particolare sui temi della green economy e del quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile, all’interno del quale ha esortato i ministri dell’ambiente a lavorare allo scopo di aumentare la loro influenza a livello decisionale nella prospettiva di cogliere appieno le grandi opportunità offerte dalla sostenibilità. «Trovare soluzioni a lungo termine per i nostri problemi economici, sociali e ambientali non è un compito facile – ha dichiarato il Segretario –  Collegare i vari aspetti tra acqua, cibo, la sicurezza energetica, il cambiamento climatico, l’urbanizzazione, la povertà, la disuguaglianza e l’emancipazione delle donne di tutto il mondo significa avere coraggio e risoluta volontà da parte di tutti i settori della società».

Fonte: Greenreport

La più grande mobilitazione ambientalista della storia americana per chiedere l’impegno di Obama contro il global warming e le multinazionali del petrolio

Dopo le promesse, i fatti. E’ questo che hanno invocato a gran voce le oltre 40.000 persone che, lo scorso week end, si sono date appuntamento a Washington, davanti alla Casa Bianca, proprio nei giorni del President’s Day, dando vita a quella che è considerata la più imponente iniziativa ambientalista nell’intera storia degli Stati Uniti. Oltre alla capitale, i cortei infatti hanno coinvolto oltre 20 città americane e oltre un milione di attivisti on line che tramite blog e social media hanno rilanciato i contenuti della campagna.

Coinvolte tutte le principali organizzazioni ambientaliste (americane e non),  da Greenpeace al Sierra Club, da 350.org fino all’Indigenous Environmental Network: uno schieramento senza precedenti per invocare da parte di Barak Obama il mantenimento della promessa fatta nel suo recente discorso sullo stato dell’Unione, durante in quale il presidente degli Stati Uniti aveva dichiarato che «Per il bene dei nostri figli e del nostro futuro, dobbiamo fare di più per combattere il cambiamento climatico».

Simbolo della lotta ambientalista, il controverso progetto che prevede la realizzazione dell’oleodotto Keystone XL, un’infrastruttura gigantesca che, nelle intenzioni dei progettisti, dovrebbe convogliare il petrolio dal Canada fino alle coste del Texas, per poi essere spedito all’estero partendo dal Golfo del Messico (già peraltro drammaticamente deturpato dalla ben nota tragedia della Deepwater Horizon).

La posta in gioco è elevatissima: nei piani delle Big Oil, le grandi compagnie petrolifere nordamericane, l’oleodotto costituisce infatti l’elemento centrale di un piano che intende triplicare la produzione di petrolio da sabbie bituminose dagli attuali 2 milioni di barili al giorno fino a 6 milioni di barili al giorno entro il 2030 e, nel lungo periodo, giungere a superare la quota di 9 milioni di barili al giorno. Le minacce all’ambiente sono molteplici e di enorme entità, come sottolineato da un rapporto dell’Nrdc, il Natural Resources Defense Council americano. Innanzitutto, la natura stessa della risorsa indicherebbe una scommessa a lungo termine su una forma di investimento energetico basata non solo su un combustibile fossile, ma addirittura uno dei più sporchi del pianeta (quello appunto proveniente dalle sabbie bituminose). Secondariamente, attraverserebbe in pieno quella parte degli Stati Uniti considerata il vero e proprio “granaio d’America”, con ovvi e pesanti impatti sul territorio; infine, comporterebbe impatti climatici assai gravosi che porterebbero ad un importante aumento delle emissioni di anidride carbonica, vanificando gli sforzi che faticosamente la comunità internazionale sta producendo per ridurre l’impatto dell’uomo sul clima e ridurre gli effetti del global warming. «Sarebbe un disastro per il nostro clima – hanno dichiarato alcuni portavoce dell’iniziativa – la produzione di tar sands crude emette  due o tre volte più inquinamento da CO2 prodotto dal greggio convenzionale».

Molto chiare le parole di Bill McKibben, fondatore di 350.org, che ha stigmatizzato l’atteggiamento dei precedenti governi USA auspicando un deciso, concreto cambio di rotta: «Per 25 anni il nostro governo ha sostanzialmente ignorato la crisi climatica: ora un gran numero di persone stanno finalmente chiedendo che si metta al lavoro».

I problemi ambientali sono oramai al centro anche dell’agenda politica americana, come dimostrato da numerosi studi e sondaggi. Secondo le rilevazioni effettuate da Public Policy Polling subito dopo il discorso di Obama sullo stato dell’Unione, il 65% degli americani considera il cambiamento climatico un problema serio e la  maggioranza degli americani sostiene l’impegno del presidente per ridurne la causa principale, costituita appunto dalle emissioni di gas climalteranti, prima fra tutte l’anidride carbonica. .

«Fra 20  anni, nel  President’s Day, la gente vorrà sapere che cosa ha fatto il presidente di fronte all’innalzamento del livello del mare, alla siccità record ed alle furiose tempeste causati dalla distruzione del clima. Il presidente Obama ha in mano una penna e il potere di mantenere le sue promesse di speranza per i nostri figli. Oggi siamo qui per chiedergli di usare quella penna per respingere la Keystone XL tar sands pipeline e di garantire che questo sporco, pericoloso oleodotto non sarà mai costruito», ha dichiarato Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club.

Fonte: Greenreport.it

Aperta la seconda fase della consulta sugli effetti dei pesticidi sulle api

L’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, riguardo alla bozza di linee guida sulla valutazione d’impatto dei prodotti fitosanitari sulle apiha inaugurato una seconda fase della consultazione pubblica avviata l’anno scorso. L’obiettivo è quello di raccogliere il parere di scienziati, ricercatori e addetti ai lavori sulle linee guida proposte.

L’EFSA infatti è stata incaricata dalla Commissione europea di elaborare un documento di orientamento sulla valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari sulle api, con l’obiettivo di fornire una guida nell’ambito della revisione dei prodotti fitosanitari (i cosiddetti PPP, Plant Protection Products) e dei loro principi attivi ai sensi del regolamento (CE) 1107/2009. Il parere scientifico nel merito dei criteri da adottare per una corretta valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari sulle api (Apis mellifera, Bombus spp. E api solitarie) ha pertanto fornito la base scientifica necessaria per l’elaborazione delle linee guida sulle quali ora l’EFSA stessa chiede un confronto aperto. C’è tempo fino al 18 marzo p.v. per inviare il proprio contributo. Il testo della bozza delle linee guida è consultabile al seguente link (file pdf).

 

Fonte: AIOL

Oggi a Roma il Workshop Inea sulla spesa pubblica in agricoltura

E’ in programma oggi 21 febbraio a partire dalle 9.15 presso l’Aditorium di Via Nomentana 41 a Roma il Workshop “Spesa pubblica in agricoltura: strumenti e metodologie per l’analisi delle politiche di settore”, organizzato dall’Inea, l’Istituto Nazionale di Economia Agraria. Il workshop si propone come occasione di confronto e aggiornamento in merito alle attività e agli strumenti che riguardano la spesa pubblica nel comparto agricolo, a cominciare dall’evoluzione normativa e dall’aggiornamento degli strumenti di analisi della spesa agricola da parte dell’Inea per le varie regioni. Aggiornamento propedeutico alla revisione della Banca dati regionale (Bdr), all’elaborazione di Linee Guida per la riclassificazione della spesa (Lg) e alla costruzione di un una Banca dati sul sostegno complessivo in agricoltura. All’incontro parteciperanno Paola D’Avena, Direttore Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Stefano Vaccari, Direttore Generale del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Cinzia Simeone, dell’Ispettorato Generale per la Finanza delle Pubbliche Amministrazioni del MEF, Antonello Turturiello, in rappresentanza delle Regioni e Pdelle Pubbliche Amministrazioni e Antonio Leoni, del Consiglio d’Amministrazione dell’INEA. Ii lavori saranno quindi chiusi dagli interventi del gruppo di lavoro INEA sulla spesa pubblica in agricoltura.

Quello della spesa pubblica in agricoltura – ha dichiarato Tiziano Zigiotto, Presidente dell’Inea – è un ambito di ricerca che l’Istituto sta sviluppando da oltre un ventennio, provvedendo ad elaborare annualmente il quadro complessivo dell’intervento pubblico in agricoltura con lo scopo di predisporre informazioni sull’entità e le caratteristiche del finanziamento erogato e delle agevolazioni fiscali di cui beneficia il settore. Questo ha consentito di quantificare e qualificare le voci che compongono, in maniera diretta o indiretta, l’ammontare del sostegno pubblico al settore e di creare, attraverso una rete di monitoraggio decentrata, la Banca dati Inea sulla spesa pubblica in agricoltura. In questo modo è stato possibile seguire i molteplici cambiamenti verificatisi nel sistema di intervento in agricoltura“.

Fonte: AIOL

Il bio raggiunge quota 47 miliardi, ma l’Italia non sfrutta al meglio le potenzialità del mercato tedesco

47 miliardi di euro, a tanto ammontano le vendite di prodotti biologici registrate nel corso del 2011. A dichiararlo Gerald A. Herrmann, direttore dell’Organic Services di Monaco di Baviera, che ha presentato le statistiche più recenti nel corso dell’edizione appena conclusa del Biofach di Norimberga.

A guidare la classifica l’Europa, con  21 miliardi di euro di prodotti biologici venduti. Stessa cifra raggiunta complessivamente da Stati Uniti e Canada, mentre il mercato Asiatico si attesta a 2,5 miliardi di euro. A completare il quadro internazionale gli 800 milioni di euro dell’Australia e i 500 dei Paesi Arabi e dei paesi dell’America Latina.

Per quanto riguarda il vecchio continente, le analisi fornite da Herrmann rivelano che la costante crescita del biologico degli ultimi dieci anni è legata in particolare alla sempre maggiore presenza di prodotti biologici nella distribuzione convenzionale, anche se con differenze molto marcate da paese a paese.

In Svezia, per esempio, bel il 90% dei prodotti biologici è venduto attraverso canali convenzionali; dato simile anche per la Danimarca (80%), la Svizzera (77%), la Gran Bretagna (72%) e l’Austria (67,5%). La situazione cambia in maniera significativa in tre mercati molto significativi quali la Germania (che, ricordiamo, è il principale consumatore europeo di prodotti biologici), in cui “solo” il 49% del ventuo proviene dalla distribuzione convenzionale, la Francia (39%) e l’Italia (il 45%).

Dati che meglio si comprendono nella loro importanza analizzando anche i dati relativi al consumo pro-capite: riferendosi al 2010, i paesi al mondo in cui vengono consumati il maggior numero di prodotti bio sono nell’ordine Svizzera, Danimarca, Austria, Svezia, Germania, Stati Uniti, Canada e Francia.

In merito al mercato tedesco, il biologico nel 2012 ha rappresentato una quota di mercato pari a 7,04 miliardi di euro, con una crescita del 6% rispetto al 2011, che conferma un trend positivo già registrato tra il 2010 e il 2011 (+9%). Ogni anno, un cittadino tedesco ha speso in media 87 euro nel 2012, contro i 74 che spendeva nel 2010.

Come già ricordato in un altro articolo apparso sul nostro sito e sulla nostra newsletter (http://www.suoloesalute.it/?p=859) grazie ai dati elaborati dall’ICE, l’Istituto per il Commercio Estero, e relativi proprio alla Germania, il paese rappresenta un importantissimo mercato per i prodotti biologici nostrani che però non è sfruttato fino in fondo, malgrado le cifre lascino presupporre un potenziale di crescita di mercato pari al 120%. Riprendendo quanto affermava il rapporto ICE, “in Italia si dovrebbe organizzare un punto di raccolta con un coordinamento centrale in cui confluiscono gli articoli di diversi produttori. Si dovrebbe nominare un referente per i clienti in Germania per la raccolta e il coordinamento delle richieste”. Un punto di vista condiviso dallo stesso Hermann secondo il quale l’Italia ha un potenziale notevole e assolutamente inespresso per quanto riguarda in particolare proprio il mercato tedesco.

Fonte: GreenPlanet, ICE