Suolo e Salute

Autore: admin

Dai pesticidi e fertilizzanti chimici all’agricoltura biologica: il miracolo indiano di Kedia

Agricoltura biologica, un sistema completamente autonomo e sostenibile dal punto di vista energetico, rimozione quasi completa di pesticidi e fertilizzanti chimici, valorizzazione degli antichi saperi degli agricoltori: è questo il progetto che un gruppo di agricoltori, insieme a Greenpeace, sta portando avanti nel Bihar, stato dell’India conosciuto per l’arretratezza e l’estrema povertà. Una zona che potrebbe rinascere grazie all’esempio dei contadini del villaggio di Kedia.

Tutto è partito nel 2013, quando Greenpeace ha avviato l’iniziativa ‘Living Soil’ (suolo vivente) in diverse parti del Bihar, per informare le persone sull’impatto negativo di pesticidi e fertilizzanti. Ai coltivatori veniva proposto un modo di pensare diverso: la strada della sostenibilità. I residenti di Kedia si sono mostrati da subito entusiasti all’idea e sono riusciti, nel tempo, a riportare speranza a tutto il settore agricolo indiano. Negli ultimi anni, infatti, il Paese vive una profonda crisi che sta devastando vite e campi coltivati; difficoltà nate anche a causa di un programma governativo, il BGREI Bringing Green Revolution to Eastern India (Portiamo la Rivoluzione Verde in India), che avrebbe aumentato l’utilizzo di agenti chimici nei campi.

Kedia è la dimostrazione che c’è ancora speranza, se si persegue un modello di sviluppo sostenibile.

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Negli ultimi 3 anni, i coltivatori locali hanno avviato forme di produzione biologica utilizzando il vermicompost e diverse soluzioni naturali per aumentare la fertilità del terreno e allontanare i fitofagi: tutti i pesticidi sono stati già eliminati, mentre l’utilizzo di fertilizzanti chimici è stato ridotto del 70%.

L’aspetto più straordinario è che la resa dei terreni non è diminuita, o lo ha fatto in maniera marginale. La produzione di grano è rimasta la stessa, così come quella di cipolle e patate. Qualche differenza è stata riscontrata in alcuni campi di riso, con una leggere diminuzione della produzione.

Il programma della ‘Green Revolution’ aveva lasciato in eredità un sistema agricolo guasto, costringendo i coltivatori ad accettare il pesante sfruttamento delle risorse naturali, invece di lavorare in armonia con l’ambiente naturale, come hanno sempre fatto nella loro storia”, ha spiegato Ishteyaque Ahmed (Greenpeace), che ha seguito l’avventura del villaggio fin dall’inizio. “Da quando abbiamo avviato questo cambiamento a Kedia, siamo stati testimoni dei bellissimi risultati della collaborazione rispettosa ed equilibrato tra la natura, gli agricoltori e gli strumenti messi a disposizione dal Governo”.

In meno di 20 mesi, i coltivatori locali hanno costruito quasi 300 unità per la produzione di vermicompost, creato un combustibile da biomasse (usato in cucina) utilizzando 11 diversi tipi di piante, raccolto letame e urine dal bestiame per realizzare pesticidi naturali e trasformato gli escrementi umani in fertilizzanti. Grazie all’utilizzo di tecniche tradizionali e biologiche, il progetto Kedia è riuscito anche a creare un terreno che trattiene maggiormente l’acqua, attenuando l’impatto della devastante siccità che la regione ha sofferto negli ultimi mesi.

Rajkumar Yadav, uno degli agricoltori coinvolti, ha spiegato che il progetto gli “ha permesso di ridurre significativamente i costi di produzione”. Non solo: “Ora siamo certi di essere protetti dagli effetti dannosi dei prodotti chimici che avremmo usato in alternativa”, ha raccontato.

Il progetto Kedia non smette di affrontare nuove sfide. Nei giorni scorsi, Ishteyaque Ahmed e Greenpeace India hanno avviato una raccolta fondi online per installare un sistema di immagazzinamento a freddo, completamente alimentato dal fotovoltaico, per aumentare le capacità di conservazione dei prodotti agricoli del villaggio. Ad oggi, più del 40% degli alimenti coltivati in India deve essere buttato a causa della carenza di siti di immagazzinamento: gli abitanti di Kedia stanno cercando una strada sostenibile per ovviare anche a questo problema.

FONTI:

http://www.merinews.com/article/from-droughts–chemical-fertilisers-to-thriving-organic-agriculture-kedias-journey-with-greenpeace/15918476.shtml&cp

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/The-Kedia-Model-Is-Here/https://greenpeaceindia.ketto.org/fundraiser/support-indias-farming-future?utm_campaign=kedia&utm_source=greenpeace-india&utm_medium=facebook&utm_content=post

http://timesofindia.indiatimes.com/city/patna/Bihars-Kedia-village-an-iconic-success-story-in-the-Eco-Agri-Revolution/articleshow/52606587.cms

http://www.greenpeace.org/india/en/Press/Greenpeace-Launches-Food-For-Life-Campaign-On-World-Environment-Day-/

http://www.greenpeace.org/india/en/Blog/Community_blogs1/hope-in-bihar/blog/56283/

 

Psr 2007-2013: bilancio positivo per giovani e agricoltura sostenibile

PianetaPSR, il giornale dello sviluppo rurale realizzato grazie a contributi FEASR, ha pubblicato un interessante report sui risultati del Psr 2007/2013. Nel documento sono stati analizzati i dati finali delle Autorità italiane di gestione dei programmi di sviluppo rurale.

Complessivamente, nell’arco dei 7 anni considerati, sono stati destinati allo sviluppo rurale oltre 17 miliardi di euro (3 mld l’anno), di cui il 55% indirizzato a quattro misure in particolare: le compensazioni per le aree con svantaggi naturali; i pagamenti per le azioni agro-climatico-ambientali e quindi l’agricoltura sostenibile e il biologico; il sostegno all’innovazione, all’ammodernamento aziendale e agli investimenti; la nascita di nuove imprese gestite da giovani agricoltori.

Tra gli interventi di maggior successo, ricordiamo la misura 214, specificatamente concentrata sull’agricoltura sostenibile. Un impegno che ha visto molti imprenditori agricoli in primo piano nella creazione di metodi di produzione biologici, nella conservazione delle risorse naturali, della biodiversità e del patrimonio rurale. I contratti stipulati grazie al Psr 2007/2013 sono stati quasi 190mila, interessando circa tre milioni di ettari di terreno, per un totale di 4 miliardi di euro di spesa pubblica erogata.

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Per quanto riguarda nello specifico l’agricoltura biologica, sono stati 60mila i contratti stipulati e 1,3 milioni gli ettari interessati; per la produzione integrata, invece, si parla di 50mila i contratti e 600mila ettari; per la gestione di paesaggi e pascoli a elevata valenza naturale, infine, 23mila contratti e 441mila ettari interessati.

Altro fenomeno rilevante che ha riguardato l’agricoltura in generale, e che ha avuto una forte spinta dagli interventi del Psr, è stato il ricambio generazionale del settore. La spesa pubblica erogata a favore degli Under 40 è arrivata a sfiorare i 700 milioni di euro in 7 anni, per un totale di 22mila domande complessive, di cui il 39% è stato presentato da giovani imprenditrici. Mediamente, il contributo per ogni nuovo insediamento è stato di 30mila euro. L’agricoltura giovane vince soprattutto in Puglia (2.495 domande), seguita da Veneto, Piemonte, Sicilia e Sardegna.

Per quanto riguarda l’ammodernamento aziendale (misura 121), sono state finanziate quasi 51mila domande, con un’erogazione media di 84mila euro a impresa, grazie anche al forte intervento del capitale privato. I maggiori benefici sono stati registrati nel centro-nord (35mila domande istruite), mentre il centro-sud resta al palo (15mila domande), soprattutto a causa delle difficoltà di accesso al credito del sistema imprenditoriale.

Le misure 211 e 212, infine, hanno contribuito a sostenere gli imprenditori agricoli in aree con svantaggi naturali o in zone montuose. Le aziende interessate sono state 127mila, con un totale di indennità compensative erogate che ha superato gli 1,5 miliardi di euro.

FONTE:

http://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1625

Manuale di Corretta Prassi Igienica per Stoccaggio e Distribuzione di Prodotti Alimentari

AssICCPubblichiamo questo manuale della AssICC ( Associazione Italiana Commercio Chimico ), redatto per garantire la sicurezza dei prodotti destinati all’industria alimentare. Il manuale intende costituire un riferimento per l’applicazione delle normative con la finalità di favorire l’implementazione da parte degli Operatori del Settore alimentare che consentano il pieno rispetto dei requisiti in materia di igiene nonché la corretta applicazione dei principi del sistema HACCP e dei cosiddetti prerequisiti o prescrizioni di base.

E’ possibile leggere il documento integrale a questo link

 

Aflatossine, il riscaldamento globale mette a rischio le coltivazioni di mais

Una recente ricerca condotta dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), dall’Ispa (Istituti di scienze delle produzioni alimentari) e dall’Ibimet (Istituto di Biometeorologia), mette in guardia agricoltori e consumatori sugli effetti del riscaldamento globale sulla produzione cerealicola europea, in particolare del mais.

A destare preoccupazione è il rischio di contaminazione da aflatossine, che aumenterebbe a causa del costante innalzamento delle temperature. Le aflatossine sono delle micotossine presenti soprattutto nei cereali (mais, frumento, riso, etc.) e nei loro derivati, ma anche nei semi di arachidi e girasole, nella frutta secca e in legumi, spezie, caffè e cacao. Alcuni tipi di aflatossine (B1, B2, G1, G2) e i loro derivati metabolici (M1, M2) possono avere un’azione tossica, mutagena e cancerogena sul fegato e interferire con le risposte del sistema immunitario umano. La più pericolosa è la B1.

A causa del riscaldamento globale, “l’Aspergillus flavus, il fungo responsabile della produzione di aflatossine, si trova nelle condizioni ideali per prosperare“, spiega Antonio Moretti (Ispa-Cnr), in un’intervista. “Immaginando un aumento della temperatura di due gradi da qui al 2050 l’intero areale produttivo che si affaccia sul Mediterraneo vedrebbe incrementato di oltre il 50% il rischio di contaminazione.

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Il più colpito sarebbe il mais“. Al momento dunque l’area più a rischio è la costa del Mediterraneo, ma il riscaldamento globale potrebbe portare a una diffusione dell’Aspegillus anche nell’Europa dell’Est e nel Sud-Est europeo.

Si tratta di un processo già in atto da tempo, come spiega Piero Toscano (Ibimet-Cnr): “In anni recenti, ad esempio nel 2003, 2012 e 2015, le persistenti anomalie termiche del periodo estivo hanno fatto impennare le contaminazioni da aflatossine del mais; la conseguenza è stata una sensibile riduzione dei raccolti e l’impossibilità di utilizzarli per l’alimentazione umana e animale”.

Per contrastare la diffusione di questo pericoloso fungo, che prospera nei climi secchi e caldi, bisogna immediatamente limitare l’innalzamento della temperatura globale. In secondo luogo, suggerisce Moretti, occorre “diffondere le migliori pratiche agronomiche. Lo strumento più promettente per la lotta alle aflatossine è l’uso di popolazioni di Aspergillus flavus non tossigene per contrastare quelle che producono micotossine“.

Non basta quindi il recente accordo di Parigi sul contenimento delle temperature globali fino a un massimo di +1,5°C: “Se da punto di vista politico l’accordo ha rappresentato un successo, altrettanto non può dirsi per l’emergenza tossine: a tale livello di riscaldamento, infatti, corrisponderebbe un aumento molto significativo di aflatossina B1”, conclude Toscano.

FONTI:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/07/29/aflatossine-coi-cambiamenti-climatici-mais-a-rischio/49720

http://www.cnr.it/sitocnr/almanacco_view.html?id=525

http://www.treccani.it/enciclopedia/aflatossina_%28Dizionario-di-Medicina%29/

Riparte l’Accademia Bio. Primo appuntamento: la certificazione biologica

Ripartono i corsi di formazione dell’Accademia Bio, la scuola di specializzazione in agricoltura biologica e biodinamica, organizzata da FederBio.

Il percorso formativo per l’anno accademico 2016-2017 riprenderà a settembre e sul sito della Federazione sono già disponibili tutti i corsi programmati dall’autunno al prossimo aprile.

Per un’impresa agroalimentare avvicinarsi al settore degli alimenti biologici può essere impegnativo e rischioso se non c’è la necessaria conoscenza dei suoi elementi caratterizzanti“, scrivono gli organizzatori sul sito di FederBio. “Come tutti i sistemi della qualità, infatti, anche il biologico presuppone un’organizzazione aziendale e un’attenzione ad aspetti sostanziali che non si limitano alla cura dell’alimento in sé, ma che riguardano la tracciabilità, l’organizzazione dei cicli di produzione, le attività di sanificazione e le prescrizioni sulla sicurezza alimentare e, naturalmente, l’etichettatura degli alimenti“.

La formazione diventa quindi un prerequisito essenziale per la buona riuscita di un’azienda agricola biologica.

Il primo corso si intitolerà “La gestione della certificazione biologica per le aziende agroalimentari” e si terrà a Bologna il 29 e il 30 settembre prossimi, presso la sede dell’Associazione Seneca, in piazza dei Martiri, 8. Le iscrizioni sono già aperte e si chiuderanno il 16 settembre.

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L’evento di formazione è aperto a tutti, anche se è pensato specificatamente per titolari di aziende agricole, responsabili della qualità, personale impiegato nella produzione e consulenti aziendali.

L’obiettivo principale del corso è di trasmettere le conoscenze necessarie alla creazione di un sistema di gestione aziendale che sia in grado di produrre alimenti biologici conformi, spiegando nel dettaglio i relativi sistemi di controllo e certificazione.

Il corso sarà diviso in due parti. Durante la prima giornata si discuterà di:

  • “Principi e obiettivi della normativa biologica”
  • “Gestione della certificazione biologica: fase di ottenimento”
  • “Gestione della certificazione biologica: fase di mantenimento”

La seconda giornata di lavori sarà invece focalizzata su:

  • “Sistema di controllo e certificazione”
  • “Certificazione di un alimento biologico: la formulazione di una ricetta biologica (ingredienti, ausiliari e additivi utilizzabili); l’etichettatura dei prodotti alimentari”.

Tutti gli appuntamenti dell’Accademia Bio dell’autunno di quest’anno si terranno a Bologna, mentre dal prossimo anno saranno attivati dei corsi anche a Roma.

Per iscriversi al corso, è necessario collegarsi al sito di Federbio e compilare il form di iscrizione: http://www.feder.bio/Form-iscrizione-Accademia-Bio.php

FONTI:

http://www.feder.bio/Calendario_Corsi_Accademia_Bio.php

http://www.feder.bio/Corso_La_gestione_della_certificazione_biologica_per_le_aziende_agroalimentari.php

http://www.feder.bio/files/1756.pdf

Crolla il prezzo del frumento, ma il biologico certificato traina il settore

Mentre in Italia imperversa la cosiddetta ‘guerra del grano’, con prezzi sui campi che a luglio sono calati fino al 50%, c’è un settore che mantiene le proprie quotazioni e garantisce il giusto reddito per gli agricoltori: il frumento biologico. La ricetta del successo è presto detta: le aziende presenti sul mercato investono sempre di più sulla tracciabilità e la distintività delle filiere, garantendo in questo modo standard qualitativi migliori, che giustificano prezzi alla produzione più soddisfacenti.

Il sistema di certificazione dei cereali biologici è nato per iniziativa di ACCREDIA e FederBio, la federazione del settore biologico e biodinamico nazionale, a partire dai raccolti 2016. Una piattaforma, unica nell’UE, che sfrutta gli strumenti  “della tracciabilità informatica delle produzioni e delle transazioni a sistema e che da mesi attende di essere approvata anche dal MiPAAF, affinché venga estesa a tutti gli operatori del comparto“, spiega il Presidente di FederBio Paolo Carnemolla.

ACCREDIA, l’Ente italiano di Accreditamento, sta lavorando inoltre per adeguare le procedure di certificazione rispetto a rischi più elevati, “per uniformare e migliore le procedure di controllo affinché gli operatori che acquistano prodotti biologici per trasformarli siano intransigenti nel verificare i propri fornitori, continuando a offrire la garanzia per i consumatori, la tracciabilità e la trasparenza che devono essere impegni di tutti i protagonisti del mercato“. Uno sforzo che FederBio sta seguendo e sostenendo con attenzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I risultati di mercato del frumento biologico, grazie anche a queste procedure, sono stati incoraggianti. Ma si tratta solo di un punto di partenza e occorre aumentare ancora di più la vigilanza. Ecco perché FederBio e AssoBio hanno attivato, già nel maggio scorso, un Piano d’azione per il rafforzamento del sistema di certificazione e si attiveranno per estendere i controlli anche sul versante dei prezzi.

La cerealicoltura convenzionale, infatti, è in difficoltà proprio a causa delle speculazioni sui prezzi e della disorganizzazione a livello logistico e produttivo.

Dobbiamo evitare che i prezzi troppo bassi e ingiusti del grano convenzionale vengano utilizzati come pretesto per abbassare anche quelli del prodotto biologico, senza tenere conto dei costi di produzione e di un mercato che chiede sempre più prodotto bio“, ha affermato il Presidente di AssoBio Roberto Zanoni.

Secondo Zanoni, a rendere troppo variabile l’andamento dei prezzi di acquisto delle materie prime è “l’attuale organizzazione delle borse merci e l’assenza di un organismo interprofessionale di settore. Per questo motivo AssoBio, che associa i principali operatori nazionali della trasformazione e distribuzione, ha deciso di aprire la propria base sociale anche alla GDO e di attivare un monitoraggio sui contratti di acquisto dei propri associati“.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1054 http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/le-storie/2016/07/17/news/guerra_del_grano_in_italia_prezzi_in_picchiata_basta_import_selvaggio_-144171368/