Suolo e Salute

Mese: Ottobre 2025

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

AGRICOLTURA RIGENERATIVA E RISCHIO GREENWASHING

Slogan di marketing o vera sostenibilità?

 

Da qualche tempo, per aggiungere confusione al consumatore, al residuo zero, al prodotto locale (km zero), alla non meglio determinata “agricoltura sostenibile” si è affiancata l’”agricoltura rigenerativa”.

Parafrasando il Così fan tutte di Mozart, “Che vi sia, ciascun lo dice; cosa sia, nessun lo sa”: dovrebbe trattarsi di un approccio agricolo che mira a ripristinare e migliorare la salute del suolo, la biodiversità e l’ecosistema, ma l’analisi della Food and Land Use Coalition “Aligning regenerative agricultural practices with outcomes to deliver for people, nature and climate” sulla letteratura scientifica (centinaia di pubblicazioni) e sui documenti di alcune multinazionali agroalimentari già nel 2023 aveva identificato la bellezza di 44 “agricolture rigenerative”, tutte diverse: Bayer ha la sua, Cargill ha la sua, Syngenta ha la sua.  Hanno la loro anche Nestlè, Barilla, Illy, tutte diverse, tutte tagliate su misura.

L’agricoltura no-tillage e le minime lavorazioni sono eccellenti tecniche agronomiche, ma se si affiancano all’uso di erbicidi han poco di eco-sostenibile e di rigenerativo.

Prima sarebbe necessario stabilire di cosa parliamo: naturalmente senza nulla togliere a chi è impegnato davvero nella transizione verso sistemi agricoli realmente sostenibili, ora come ora la massima parte delle autodefinite agriculture rigenerative non fornisce informazioni trasparenti, pertinenti e affidabili ed è grande il rischio che si tratti solo di claim autoreferenziali di marketing.
In ambito ISO è stato istituito un gruppo di lavoro che dovrebbe stabilire una volta per tutte cosa sia davvero “agricoltura rigenerativa”.

Paolo Bàrberi, professore ordinario di Agronomia e coltivazioni erbacee presso l’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, e tra i fondatori di Agroecology Europe, in un acuto editoriale su Terra e Vita n. 17/2025 mette in guardia sul rischio di scrivere regole per l’agricoltura rigenerativa che strizzino l’occhio al marketing più che alla vera sostenibilità.

 

Leggi qui l’editoriale: https://terraevita.edagricole.it/agricoltura-conservativa/lagricoltura-rigenerativa-eviti-il-rischio-greenwashing/

Qui il sito di Agroecology Europe: www.agroecology-europe.org.

FRANCIA, IL NOCCIOLO DURO DEI CONSUMATORI BIO HA TRA I 30 E I 50 ANNI

FRANCIA, IL NOCCIOLO DURO DEI CONSUMATORI BIO HA TRA I 30 E I 50 ANNI

Il bio è attrattivo nella fascia 30/50enni, lo è meno per gli under 30

La testata specializzata francese Biolineaires nel suo dossier «Mieux vieillir» del 2024 ha indagato presso una novantina di negozi biologici delle diverse aree del Paese e sostanzialmente in media come dimensioni (247 mq di superficie di vendita contro una media nazionale di 274 sull’intero universo dei punti vendita biologici) per identificare l’età dei consumatori e il peso delle diverse fasce di età sul fatturato.

Dall’indagine risulta che gli over 50 anni rappresentano il 73% dei clienti. Il dato non è in linea con quelli dell’ISTAT francese (INSEE, Institut national de la statistique et des études économiques), secondo i quali gli over 50 rappresentano solo il 41% della popolazione; la clientela è un po’ agè…

 

Più in dettaglio, i consumatori dai 50 ai 70 anni rappresentano il 37% dei clienti dei negozi biologici (contro il 25% dei dati statistici INSEE), ma a loro si deve il 40% del fatturato.

Gli over 70 sono il 15% (in linea con le statistiche nazionali, che dicono il 16%), quelli tra i 30 ai 50 anni il 36% (mentre nella società francese rappresentano il 25%) e gli under 30 sono solo il 13%, pur se in questa fascia d’età è compreso il 34% dei francesi.

 

I dati meritano delle valutazioni: tra gli acquirenti biologici i 30/50enni sono molti di più rispetto ai dati anagrafici nazionali, ma mentre un terzo della popolazione è sotto i trent’anni, i consumatori biologici in questa fascia d’età sono molto meno.

Ciò da un lato cozza con la percezione di una gioventù attenta alle tematiche ambientali, del benessere animale e della salute, dall’altro può avere molte chiavi di lettura.

Per quanto in Francia il regime di protezione sociale sia più generoso e articolato di quello italiano il contesto generale è di calo delle assunzioni, con tassi di disoccupazione giovanile sì inferiori a quelli italiani, ma grazie a contratti flessibili e precari: redditi bassi non si coniugano nel migliore dei modi a scelte d’acquisto di qualità.

 

La fotografia di Biolineaires è con l’obiettivo puntato al canale specializzato e non indaga gli acquisti biologici non tanto nella GDO (dove non necessariamente i prezzi sono più bassi), quanto nei discount, che sono in costante crescita come fatturato anche biologico e presso i quali è lecito attendersi si orientino consumatori con minor disponibilità economiche.

In ogni caso, molti motivi d’attenzione per le aziende che commercializzano soltanto o prevalentemente nel canale specializzato: la fascia forte dei clienti è tra i 30/50enni e si fatica a attrarre i giovani adulti, sono necessarie scelte strategiche per estendere la platea ai junior.

 

Per saperne di più: https://www.biolineaires.com/dossier-mieux-vieillir-un-angle-majeur-pour-le-reseau-bio

UK, IL BIO VEDE ROSA

UK, IL BIO VEDE ROSA

Tesco e Waitrose ampliano la linea biologica

In Gran Bretagna la domanda di prodotti biologici sta crescendo rapidamente e i retailer ne stanno prendendo atto. Anche Tesco (terzo retailer al mondo e primo nel Regno Unito, dove ha una quota di mercato compresa tra il 25 e il 30%) aumenta gli investimenti nel settore, come ha annunciato in occasione dell’Organic September.

La catena rinnova e amplia la sua linea biologica Tesco Organic, che pone la qualità, la trasparenza e l’ampiezza di gamma al centro dello shopping.

Perché proprio ora? “Perché la domanda di prodotti biologici sta crescendo più rapidamente rispetto al mercato dei prodotti non biologici e i nostri clienti ci dicono che ne vogliono di più”, la risposta della catena.

 

A partire da fine settembre il nuovo packaging Tesco Organic, progettato per distinguersi, dare un’immagine di alta qualità e rendere più facile individuare i prodotti biologici si può vedere sia nei negozi che online.

Non si tratta solo di un restyling: Tesco sta lanciando nuovi prodotti in categorie chiave dei prodotti freschi; l’obiettivo dichiarato è rendere il biologico accessibile e non esclusivo.

Dal canto suo Waitrose ha annunciato l’ampliamento della gamma a marchio Duchy Organic (partnership tra la catena e Duchy Originals Limited, società fondata da Carlo quand’era principe del Galles).

La linea, che conta oltre 280 referenze, vedrà 24 nuovi inserimenti; anche qui cambierà il packaging (col passaggio alla carta si risparmieranno 20 tonnellate l’anno di plastica) e verrà messa mano al logo.

 

Asda, Sainsbury’s e Morrison staranno a guardare?

 

Vedi qui la linea biologica a marchio Tesco: https://www.tesco.com/groceries/en-GB/search?query=organic&inputType=suggested