Suolo e Salute

Mese: Ottobre 2017

Il biologico nel mondo: in crescita superfici e aziende specializzate

Una fotografia dell’agricoltura sostenibile dell’intero pianeta. È stata appena pubblicata l’edizione 2017 del quaderno “La Bio dans le monde”, il biologico nel mondo. Il testo è stato redatto attraverso l’elaborazione di dati di FIBL e dell’Ue, e realizzato da Agence Nio, l’Osservatorio francese dell’agricoltura biologica.

Scopriamo i dati più interessanti.

Il biologico nel mondo: la panoramica mondiale presente nel documento

I dati presenti nel rapporto sono elaborati in riferimento al 2015. In quell’anno, la superficie mondiale coltivata seguendo tecniche sostenibili era stimata a circa 51 milioni di ettari. Un dato che porta a più 18,1 punti percentuale rispetto al 2014. Si tratta dell’1,1% del territorio agricolo totale presente nei 179 Paesi presi in esame.

Sempre in riferimento al 2015, le aziende biologiche certificate si attestavano a più di 2,4 milioni. Una crescita del 7% rispetto all’anno precedente. Il valore del mercato del bio nel mondo era infine stimato a 80,2 miliardi di euro.

Dati in crescita per il biologico globale

In 15 anni (dal 2000 al 2015) il biologico nel mondo è cresciuto a una velocità sempre maggiore. Anche in Asia e in Africa, aree dove lo sviluppo del settore è partito proprio agli inizi del nuovo millennio.

Dopo una crescita modesta di quasi 59.600 ettari tra il 2013 e il 2014 (+ 0,1%), l’areacoltivata seguendo i dettami del bio è aumentata di oltre 7,8 milioni di ettari tra il 2014 e il 2015 (+ 18,1%). Una crescita che ha interessato quasi tutti i continenti: le superfici coltivate hanno visto una diminuzione solo in America Latina (-86.639 ha).

Nel 2015, quasi il 76% delle superfici bio presenti nel Mediterraneo risultavano distribuite tra Spagna, Italia e Francia. La crescita maggiore si è avuta in Spagna. È la Polonia invece a essersi interessatada un maggior declino di territori (77.000 ha in meno).

Il posto dell’agricoltura biologica nel totale della superficie agricola utilizzata dei diversi paesi di quell’anno ha raggiunto la sua quota più alta in Italia con il 12%, seguita dalla Slovenia (9,0%) e dalla Grecia (8,4%).

Le coltivazioni che vanno più forte in Italia

Globalmente, nel 2015 sono stati stimati quasi 3,9 milioni di ettari coltivati a cereali biologici. I dati sono comunque sottostimati perché i valori presenti sulla superficie indiana non sono noti e quelli della zona russa sono parziali.

Il riso è una delle principali coltivazioni indiane. In Europa la produzione biologica si concentra principalmente in Italia (12.425 ha nel 2015).

Dal rapporto, emerge che il Bel Paese si è difeso bene anche nella coltivazione di uliveti biologici. Nella fotografia scattata dal documento, e ferma al 2015, il 79% degli uliveti biologici si trovava in Europa e il 19% in Africa(soprattutto in Nord Africa).

I principali produttori di olive biologiche erano Spagna(197.136 ettari), Italia (179.886 ettari) e Tunisia (127.250 ettari). Degli uliveti presenti in Italia, il 15,7% era coltivato secondo i principi dell’agricoltura biologica.

Nello stesso anno, circa 50 paesi avevano un vigneto biologico. I primi tre Paesiproduttori di uve biologiche erano la Spagna, l’Italia e la Francia (un totale del 79% dei vigneti biologiciMondiale).

È possibile scaricare la pubblicazione completa di “La Bio dans le monde – Il Biologico nel mondo” a questo link: http://www.agencebio.org/sites/default/files/upload/documents/4_Chiffres/BrochureCC/carnet_monde_2017.pdf

FONTI:

http://www.sinab.it/bionovita/bio-nel-mondo-edizione-2017

http://www.agencebio.org/sites/default/files/upload/documents/4_Chiffres/BrochureCC/carnet_monde_2017.pdf

Cimice asiatica: è invasione. In Piemonte catturati con le trappole 50mila esemplari

La Coldiretti lancia l’allarme. La cimice asiatica ha invaso il Nord Italia, arrecando danni ai raccolti dei frutteti. Ma le soluzioni esistono e il Piemonte ha attuato un progetto di lavoro per dare risposte e soluzioni concrete.

Cimice asiatica: il flagello che distrugge frutteti e orti

La cimice asiatica è un insetto infestante, altamente polifago. Appartenente alla famiglia dei Pentatonidae, è conosciuto con il nome scientifico di Halyomorpha Halys.

Proviene principalmente da Cina e Giappone. In Italia, il primo esemplare sembra sia stato ritrovato in provincia di Modena nel 2012.

Gli adulti hanno una caratteristica forma a scudo e una colorazione dal bruno al grigio, a tratti più scura nella parte superiore. La femmina deposita in media 250 uova, almeno due volte all’anno, e lo sviluppo degli esemplari adulti varia molto in base a temperatura e dieta.

La cimice asiatica causa gravi danni alla frutticoltura e all’agricoltura. L’elenco delle piante di cui si nutre è molto vasto: si parla di oltre 300 specie coltivate.

L’invasione in Italia

L’allarme lanciato da Coldiretti è chiaro: la cimice asiatica sta invadendo i campi settentrionali, con grosse perdite dei raccolti.

L’autunno particolarmente mite ha portato a una maggiore proliferazione dell’insetto che sta attaccando non solo i frutteti, ma anche le grandi coltivazioni di mais e soia del Nord Italia. Le regioni particolarmente colpite, quest’anno, sono state Friuli e Veneto. Riscontri della presenza dell’infestante sono stati trovati anche in altre zone dell’Italia, dalla Lombardia, all’Emilia, fino a toccare il Piemonte.

Si parla di oltre il 40% di perdite, nei raccolti di mele, pere e pesche nelle zone più colpite. Non solo. L’attacco della cimice causa un’impennata della percentuale di frutti deformi (in alcuni casi addirittura superiore al 50%). Questo genera a sua volta un forte deprezzamento del prodotto o la sua non commerciabilità.

La risposta del Piemonte all’invasione della cimice asiatica

Il Piemonte, unica regione in Italia, ha avviato un progetto coordinato, finalizzato a dare risposte concrete alle aziende interessate dall’invasione.

Secondo Coldiretti Torino, però, per combattere veramente la cimice asiatica è necessaria la collaborazione di tutti. Lo spiega Michele Mellano, direttore della sezione torinese:

«Occorre fare filiera, per attuare una corretta lotta integrata all’insetto, adottando metodi sostenibili, al fine di salvaguardare l’agricoltura del nostro territorio. Il primo passo è il monitoraggio del parassita. Sinora, con le trappole, sono già state catturate 50mila cimici asiatiche».

Il fatto che la cimice asiatica sia un insetto particolarmente prolifico, e che in Italia non ci siano antagonisti naturali, rende la lotta molto difficile. Gli esemplari adulti sono in grado di percorrere lunghe distanze in cerca di cibo.

FONTI:

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41592/mercati-e-imprese/piemonte-50mila-cimici-asiatiche-catturate-con-le-trappole

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41517/mercati-e-imprese/coldiretti-invasione-di-cimici-asiatiche-nei-frutteti

Diserbante glifosato: arriva il no definitivo del governo italiano

In vista del voto definitivo del Paff in Europa, gli Stati membri chiariscono la propria posizione in merito al rinnovo delle autorizzazioni per il diserbante glifosato.

La Francia ha più volte ribadito il proprio no. La Germania, invece, tentenna anche perché la coalizione che sosterrà il futuro governo non è stata ancora chiarita, dopo le elezioni del 24 settembre scorso.

Una buona notizia c’è: grazie alla pressione di Greenpeace e alle attività della coalizione #StopGlifosato arriva il no definitivo del governo Gentiloni. Tutte le ultime novità.

Diserbante glifosato: il no della Lorenzin

Un aperitivo al glifosato per il ministro. Con questa singolare protesta, gli attivisti di Greenpeace hanno manifestato di fronte al ministero della Salute per opporsi al rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida più utilizzato al mondo.

Beatrice Lorenzin, titolare del dicastero, ha confermato la posizione più volte espressa dal ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina.

«Non è un mistero – ha dichiarato Lorenzin –l’Italia vota no: noi abbiamo già votato due volte no, perché dovremmo votare sì questa volta?».

Riferendosi poi agli altri stati membri favorevoli all’approvazione, o ancora in forse, il ministro ha proposto ai manifestanti di “andare in Unione Europea: andate dai tedeschi, dai finlandesi, dagli svedesi, dagli spagnoli dai greci, dai portoghesi. Perché il no è sempre stata la nostra posizione”.

Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura per Greenpeace Italia, ha commentato le dichiarazioni del ministro:

«Siamo molto soddisfatti: finalmente la posizione del Governo italiano è chiara e inequivocabile».

Monsanto diserta il dibattito

Proseguono intanto le discussioni a livello europeo, in attesa del voto definitivo sulla ri-autorizzazione del diserbante glifosato. L’11 ottobre, la commissione parlamentare europea Envi (Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare) ha fissato un’audizione sui cosiddetti “Monsanto Papers”, ovvero le presunte interferenze che la multinazionale avrebbe operato durante il processo di regolamentazione europeo. Un dibattito a cui i vertici dell’azienda hanno deciso di non partecipare.

Il confronto è stato quindi sostenuto dalla dottoressa Kathryn Guyton, specialista dell’Oms e quindi dello Iarc, che ha spiegato le basi su cui l’organismo ha affermato la possibile cancerogenicità dell’erbicida. Presente anche Jose Tarazona, dell’Efsa, Agenzia europea sulla sicurezza alimentare che aveva invece negato la connessione tra il diserbante glifosato e il cancro.

Su quest’ultima valutazione, però, sono emerse di recente novità che ne avrebbero messo in dubbio l’imparzialità. Secondo un’inchiesta del Guardian, il rapporto Efsa conteneva circa 100 pagine (su un totale di 4.300) copiate direttamente dai documenti presentati da Monsanto. Pagine che trattano il nesso tra glifosato e genotossicità, cancerogenicità e pericolosità per l’apparato riproduttivo.

Su questo e altre presunte ingerenze della multinazionale nel processo autorizzativo, Greenpeace ha richiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta di livello europeo.

Autorizzazione diserbante glifosato: si vota il 25 ottobre

Il 5 e 6 ottobre scorsi il Paff, il comitato Ue per i prodotti fitosanitari, si era riunito, creando una certa attesa su una possibile votazione per la ri-autorizzazione decennale del glifosato. Una votazione che era però stata escluso dall’ordine del giorno.

Il voto potrebbe ora arrivare il prossimo 25 ottobre, data in cui è stata fissata una nuova riunione del comitato. Per bloccare la nuova autorizzazione, sarà necessario il voto contrario del 45% degli Stati membri o di 4 Paesi che ospitano almeno il 35% della popolazione europea.

Il no dell’Italia va ad aggiungersi a quello di Francia, Lussemburgo e Austria. Ci sono però circa 12 Paesi membri orientati al voto favorevole. Sarà importante l’atteggiamento della Germania, che non ha ancora espresso una posizione chiara. Un sì al diserbante glifosato potrebbe ostacolare il cammino verso una coalizione con i Verdi, che insieme alla CDU di Angela Merkel e i liberali dell’Fpd dovrebbero formare il nuovo governo tedesco.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3536

http://www.ow7.rassegnestampa.it/RassegnStampaCia/PDF/2017/2017-10-18/2017101837297852.pdf

https://altreconomia.it/glifosato/

http://www.slowfood.it/vietare-il-glifosato-e-una-questione-di-civilta/

https://www.theguardian.com/environment/2017/sep/15/eu-report-on-weedkiller-safety-copied-text-from-monsanto-study

 

Uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: il ruolo del bio e dei Psr

Il 26 e il 27 ottobre, presso VILLA VITTORIA – Palazzo dei Congressi a Firenze in Piazza Adua, si terrà un’iniziativa volta ad affrontare il ruolo dei PSR e dell’agricoltura biologica nel quadro della strategia PAN “uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”.

La due giorni è promossa dal Centro di Politiche e Bioeconomia del CREA nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020 (Progetto 5.1) – Autorità di Gestione Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf), e in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Mattm) e la Regione Toscana.

L’iniziativa prevede sessioni tecniche di lavoro e interventi da parte di esperti del settore. Ma vediamo nel dettaglio come si svolgeranno le attività.

Uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: priorità per lo sviluppo rurale in UE

Secondo la Direttiva 2009/128/CE, gli Stati Membri devono garantire l’implementazione di politiche e azioni volte alla riduzione dei rischi e degli impatti che l’utilizzo dei prodotti fitosanitari può avere sulla salute dell’uomo, sull’ambiente e sulla biodiversità. Politiche che devono assicurare un minor utilizzo di prodotti di sintesi, un maggiore ricorso alla difesa integrata e all’Agricoltura Biologica. Gli obiettivi di queste politiche sono indicati chiaramente in un apposito Piano d’Azione Nazionale, il PAN per l’appunto.

L’applicazione di questi interventi deve essere realizzata con strumenti, direttive e dispositivi della Politica Agricola Comune (PAC). Questo perché l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari non può non essere una priorità strategica della politica di sviluppo rurale UE. Tra gli strumenti messi a disposizione, ci sono i PSR (Programmi di sviluppo rurale) volti a sostenere e promuovere i metodi di produzione biologica.

Affinché però gli strumenti previsti all’interno dei PSR e gli obiettivi presenti nel PAN diventino efficaci e realizzabili, è necessario incentivare il confronto tra i diversi interlocutori del settore. L’evento fiorentino ha proprio questo obiettivo: creare un’occasione di confronto e condivisione tra i diversi stakeholder.

Durante la due giorni sarà infatti possibile ricevere aggiornamenti sulle iniziative avviate dalle Istituzioni centrali e regionali, coinvolte nell’attuazione del PAN; condividere best practice e proposte; raccogliere indicazioni utili per avviare un percorso di revisione dello stesso PAN.

Gli appuntamenti

L’evento si divide in due fasi distinte. Durante la giornata del 26 ottobre, sarà possibile prendere parte a sessioni plenarie, alternate a sessioni tecniche e dibattiti. Il 27 ottobre, invece, sarà un momento di confronto, che consentirà di riportare i risultati dei lavori svolti durante il primo giorno. Sarà inoltre possibile prendere parte a interventi introduttivi di esperti e dibattiti sulle tematiche trattate. I temi delle sessioni saranno:

  • L’agricoltura Biologica nei PSR oltre la Misura 11
  • Verso la revisione del PAN: prospettive per Agricoltura Biologica e nuovi percorsi di policy
  • Approcci sistemici all’Agricoltura Biologica: strategie territoriali, filiere, forme organizzate di domanda e offerta
  • Innovazione tecnica: offerta e domanda di innovazione per l’Agricoltura Biologica e dall’Agricoltura Biologica

L’evento si aprirà con la registrazione dei partecipanti e i saluti istituzionali.

Le sessioni

Alle 10:30 e fino alle 13:00 si terrà la prima sessione plenaria tecnica che affronterà la tematica del supporto dato dai PSR all’agricoltura biologica. Il dibattito sarà volto a sostenere la necessità di valorizzare anche altre Misure diverse dalla 11, per favorire la strutturazione e la conversione al bio.

Dopo una breve pausa pranzo, si riprenderà alle 14:00 con le sessioni parallele. La prima sarà focalizzata su un primo confronto informale per il processo di revisione del PAN. Seguiranno dibattiti con interlocutori privilegiati e un panel selezionato di portatori di interesse.

La seconda sessione tratterà degli approcci sistemici all’agricoltura biologica. Si parlerà dei biodistretti, del possibile ruolo dei leader nella facilitazione di strategie ambientali d’area, dei PSR, della strategia PAN e di altre tematiche collegate. In apertura, brevi interventi da parte di esperti e presentazione di casi studio.

La terza sessione tratterà di innovazione tecnica. L’obiettivo sarà quello di fare il punto sulla ricerca e sulla sua interazione con il fabbisogno di innovazione dei produttori.

Venerdì 27, dopo il confronto e la discussione dei risultati ottenuti dalle sessioni tecniche del primo giorno, è prevista la conclusione dei lavori, fissata verso le ore 12:30.

Per info e registrazione:

www.reterurale.it/pan/firenze2017

 

FONTI:

http://www.feder.bio/agenda.php?nid=1229

http://www.feder.bio/files/2040.pdf

http://www.feder.bio/files/2041.pdf

http://www.reterurale.it/pan/firenze2017

Carta di Bergamo: è il bio la strada per garantire il diritto al cibo

Agricoltura biologica come modello per garantire il diritto al cibo entro il 2030 e sostenibilità per salvare 500 milioni di persone dalla fame.

Sono queste, in sintesi, le priorità emerse durante il G7 Agricoltura.Priorità che trovano diretta connessione con la Carta di Bergamo.

I principi presenti nel documento sonofinalizzati a garantire il rispetto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica del sistema agricolo e alimentare.

Carta di Bergamo: il cammino ‘verde’ per garantire il diritto al cibo

La Carta di Bergamo è frutto dell’accordo tra tutti i Ministri presenti al G7.

Tra le priorità espresse nel documento, la protezione dei suoli e della biodiversità, la maggiore trasparenza nella determinazione del prezzo degli alimenti, la riduzione dello spreco alimentare, la difesa dei redditi degli agricoltori dalle crisi climatiche ed economiche.

I principi contenuti nella Carta di Bergamo sono frutto del dialogo e delle proposte avanzate dai protagonisti internazionali dell’agricoltura biologica, tra cui anche FederBio. Una dichiarazione comune che fa del bio lo strumento capace di rispondere alla grande sfida del diritto al cibo.

«A due anni da EXPO Milano 2015, le ragioni economiche, sociali e ambientali che rendono il modello agricolo biologico l’innovazione per rispondere alle grandi sfide globali sono ancora più evidenti. Così come è ancora più evidente l’urgenza di soluzioni efficaci e di lungo periodo alle crisi climatiche che impattano sull’agricoltura e quindi sulla sicurezza alimentare. È altrettanto evidente che il biologico è la più autentica espressione del modello agricolo italiano, che valorizza la biodiversità e opera secondo regole internazionali e di tracciabilità. Non posso dunque non rilanciare al ministro Martina la sfida positiva di una collaborazione fattiva su questo versante, in continuità con quanto abbiamo fatto assieme a Bergamo durante la settimana che ha preceduto il vertice dei ministri del G7 agricolo». Queste le parole di Paolo Carnemolla, presidente di FederBio.

Gli impegni della comunità mondiale

Ci sono cinque importanti priorità, individuate durante il summit a cui hanno partecipato i rappresentanti dei più potenti Paesi Mondiali, che possono essere attuate attraverso i punti esplicitati nella Carta di Bergamo.

La prima è difendere i redditi dei produttori agricoli, soprattutto i piccoli produttori, dai disastri climatici.

Il secondo punto è favorire l’aumento della cooperazione agricola in Africa, dove il 20% della popolazione non vede garantito il diritto al cibo.

La terza priorità è aumentare la trasparenza nella formazione dei prezzi e la difesa del ruolo degli agricoltori nelle filiere. Soprattutto nei casi di crisi di mercato e volatilità dei prezzi.

Attuare efficaci politiche volte a combattere lo spreco alimentare e, infine, favorire attraverso azioni concrete la tracciabilità e lo sviluppo di sistemi produttivi legati al territorio.

In tutto questo, spiega il Ministro Maurizio Martina, «il ruolo della cooperazione agricola sarà decisivo per raggiungere questo traguardo, perché la maggioranza delle persone che soffrono la fame vive in aree rurali. La fame è una questione prima di tutto agricola. Per questo abbiamo deciso di aumentare gli sforzi per favorire la produttività sostenibile in particolare in Africa, attraverso la condivisione di buone pratiche per aumentare la resilienza e accompagnare lo sviluppo delle comunità locali».

I punti della Carta di Bergamo

La Carta di Bergamo è chiara: per garantire il diritto al cibo a tutti, favorendo un modello agricolo sostenibile, è necessario sostenere a livello internazionale alcuni punti essenziali.

Come inserire e sostenere la transizione al modello produttivo biologico nelle strategie politiche messe in campo dai vari Paesi del mondo.

Per questo, il bio deve essere considerato un approccio efficace ed efficiente per contrastare il cambiamento climatico e garantire la fertilità dei suoi agricoli.

In ambito scientifico, normativo e commerciale, è importante favorire la cooperazione, al fine di consentire l’adozione delle best practice, aumentare le garanzie di integrità del mercato, sulla base di standard che rispondano ai principi dell’agricoltura biologica.

Il dialogo internazionale, soprattutto nei Paesi in ritardo di sviluppo, deve essere una priorità. In tale contesto, l’agricoltura biologica deve diventare una possibilità allettante ed economicamente praticabile, soprattutto da parte dei giovani. Un bene comune, per la tutela e salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio rurale.

La Carta del Biologico di Bergamo è consultabile al link: http://www.feder.bio/files/2045.pdf

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1232

http://www.feder.bio/files/2045.pdf

http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/10/15/news/g7_agricoltura_bergamo-178352010/?refresh_ce

 

Olio di oliva italiano: la produzione tiene

Buone notizie per l’olio di oliva italiano. I timori di una produzione in forte calo a causa dei cambiamenti climatici in atto sono, almeno in parte, smentiti. Arrivano infatti dati incoraggianti dagli esperti del COI, il Consiglio oleicolo internazionale, che si è riunito a Madrid a fine settembre.

L’Italia metterebbe a segno addirittura una campagna di raccolta con segno positivo. Ma non bisogna dimenticare le tante criticità che ancora penalizzano il settore.

Scopriamo nel dettaglio gli ultimi dati.

Olio di oliva italiano: +75% in un anno

La siccità che ha colpito la penisola nei mesi estivi non sembra aver intaccato la produzione di olio di oliva italiano. Secondo il COI, infatti, l’Italia dovrebbe arrivare a una produzione, nel 2017, di 320mila tonnellate. La crescita registrata rispetto all’anno precedente è del 75%.

Si tratta di un risultato chiaramente positivo, ma bisogna tener conto di un fattore. La crescita esponenziale è dovuta infatti anche al terribile calo registrato nel 2016, quando l’olio di oliva italiano faceva registrare un secco -62% sulla precedente campagna, per appena 182.300 tonnellate.

Anche icompetitor diretti dell’Italia registrano risultati in chiaroscuro. La Spagna, per esempio, rimane saldamente il primo produttore mondiale, con le sue 1.150.000 tonnellate, ma il trend negativo non si arresta. Se nel 2016 la produzione è calata dell’8,5%, quest’anno dovrebbe scendere ancora di 10 punti percentuale.

Buon risultato invece per la Grecia, terza per produzione a livello mondiale. Se nel 2016 il trend era negativo (-40% rispetto alla precedente campagna), nel 2017 c’è stata una ripresa significativa: +54%. La produzione totale dovrebbe attestarsi sulle 300mila tonnellate.

Olio extravergine di oliva: Italia quinta

Malgrado le notizie positive, molto resta ancora da fare per recuperare il prestigio di un tempo. Già a giugno, infatti, la Commissione europea attestava la perdita della leadership italiana nel settore dell’olio extravergine di oliva. Se per decenni il nostro Paese è rimasto capofila del mercato, negli ultimi anni ha dovuto cedere il passo.

Come dicevamo, l’olio di oliva evo Made in Italyè stato superato per quantità – secondo le stime CE relative al periodo ottobre 2016-settembre 2017 – da Spagna, Grecia, Tunisia e Siria. In particolare, gli iberici deterrebbero il 53% del mercato globale. Negli ultimi 6 anni, il prodotto italiano ha visto un tracollo del 31% in termini di produzione.

Secondo il Cno (Consorzio nazionale degli ovicoltori), il trend negativo potrebbe essere definitivamente invertito con l’impianto di 150 milioni di nuovi olivi e l’inserimento di 25mila nuovi addetti del settore. In questo modo, l’olio Made in Italy potrebbe risalire la china in maniera definitiva.

Per la verità, anche per l’extravergine si prevede un anno non troppo disastroso. Le stime più recenti sono dell’Unasco, consorzio nazionale dei coltivatori e produttori olivicoli. La campagna 2017, spiega il presidente Luigi Canino, “dovrebbe attestarsi sulle 230.000 tonnellate, che hanno già acceso gli appetiti dei compratori internazionali”. Nel 2016, che Canino definisce annushorribilis, ci eravamo fermati ad appena 160.000 tonnellate. Un buon risultato quello di quest’anno, quindi, anche se contenuto: la produzione media italiana si attesta infatti sulle 400.000 tonnellate. Ci si consola “con una qualità di olio davvero significativa”.

Olio di oliva: la situazione in Puglia

Com’è noto, la Puglia è la principale regione nel comparto. In particolare, nel barese si concentra il 60% della produzione nazionale di olio di oliva. La regione ha dovuto affrontare, oltre alla siccità, anche il dramma Xylella, anche se oggi viene definito “sotto controllo” da Gaetano Bonasia, agronomo del Cno.

Ma la situazione non è ottimale: il calo per quest’anno potrebbe arrivare a quasi il 50%. Anche in questo caso, il focus è sulla qualità elevata del prodotto:

«La siccità – spiegava Bonasia in agosto –sta dando il colpo di grazia a un’annata già difficile per le piante di ulivo. Il calo della produzione dovrebbe essere intorno al 30% tuttavia la qualità è salva. Lo possiamo dire fin da adesso, sarà un’annata eccezionale sotto quel profilo».

Nel frattempo, le aziende agricole salentine corrono ai ripari e chiedono risarcimenti danni causati dal batterio. Sono state 1.650 le imprese che si sono avvalse delle misure previste nel decreto legislativo 102/2004. Le aziende potranno ora, da qui alla fine del mese di ottobre, inserire i necessari parametri per la valutazione del danno, ottenendo così il calcolo della corrispettiva compensazione. È stato loro messo a disposizione un portale web dedicato.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3528

http://www.ilfattoalimentare.it/olio-extravergine-oliva-produzione.html

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3525

http://bari.repubblica.it/cronaca/2017/08/20/news/l_annata_orribile_dell_olio_in_puglia_calo_del_50_per_cento_ma_qualita_ottima-173447406/

http://www.askanews.it/cronaca/2017/09/14/unasco-olio-extravergine-italiano-in-2017-sar%C3%A0-poco-ma-buono-pn_20170914_00041/