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VERSO LA TRANSIZIONE ECOLOGICA CON UN CIBO BUONO, PULITO E GIUSTO, PER TUTTI

VERSO LA TRANSIZIONE ECOLOGICA CON UN CIBO BUONO PULITO E GIUSTO PER TUTTI

Ripartire da una narrazione nel tentativo di sfatare una bugia e scoprire così verità diverse. La bugia? Quella che con il cibo biologico, non si può alimentare tutti, ma solo un èlite.

Questo uno dei punti di partenza alla base de Il Grande trasloco. Progetto narrativo di prima nascita – promosso da Fa la cosa giusta e Terre di mezzo Editorecon l’ambiziosa finalità di aprire, per esplorare meglio, quegli ambiti della nostra vita che oggi abbiamo la preziosa possibilità di ripensare.

L’idea è quella di canalizzare questo ripensamento dentro parole scelte bene, nell’ambito di capitoli inseriti all’interno di un romanzo-evento on line che avrà vita di qui all’autunno 2021. Perché dentro le parole? Forse perché il linguaggio, come uno specchio, se scelto con cura può investire di nuova forma gli interstizi della società in cui viviamo.

Ad alimentare e contribuire al progetto con parole e pensieri accurati è il fondatore di Slow Food e Terra Madre Carlo Petrini, che il 10 marzo ha aperto Il Grande Trasloco con il primo di cinque capitoli dal titolo: Nutrire. Il prologo di questo è andato in onda il 3 marzo accompagnato da Michele Serra, che ha messo in luce una riflessione legata proprio alle parole e al loro potere.

La strada verso una Transizione legata all’agricoltura di tipo sostenibile, secondo Petrini, si apre dentro una scommessa dai presupposti limpidi: l’impostazione di nuovi paradigmi su cui appoggiarla. Il rispetto dell’ambiente e uno sguardo lucido nei confronti di una disuguaglianza tra gli esseri non più accettabile e di cui bisogna prendere in mano le cause, sono i principali.

Disuguaglianza nell’accesso al cibo dunque, ma come fare per aprire l’immaginario a un cibo buono, pulito e giusto che possa essere alla portata di tutti?

Il Grande Trasloco è diviso in cinque capitoli, racconta Petrini, che sono: Nutrire, Abitare, Viaggiare, Curare e Lavorare. Di queste parole chiave esalta la connessione e in particolare lo strettissimo rapporto tra Nutrizione e Cura. Cura è la conditio sine qua non di un’alimentazione sostenibile, perché non solo significa difesa della biodiversità dei suoli, ma la scelta di un pensiero legato alla coltivazione che possa essere connesso al giusto allevamento abbinato a un territorio piuttosto che a un altro. Poiché l’obiettivo al primo posto dell’umanità, secondo il gastronomo, è rendere veramente forte la produzione locale, in ogni angolo del Pianeta.

Ciascun territorio dovrebbe realizzare una propria, cospicua, sovranità alimentare compatibile nella produzione con l’ambiente circostante. Difatti l’intero sistema alimentare incide al 24% sulla produzione globale di gas climalteranti.

Lo sguardo di Petrini disvela senz’altro smarriti i valori della società e cultura contadina, ma non persi del tutto. La sua esperienza, infatti, affonda le radici a partire dalla Langa di Nuto Revelli, la fine di una società contadina di fine anni ’70, denunciata anche da Pierpaolo Pasolini. Queste importanti figure segnalavano come superficiale l’abbandono di determinati valori e principi; abbandono che si è verificato, ma che – sottolinea Petrini – non è perso.

Solo ricostruendo, riconoscendo e restituendo dignità al legame con i 500 milioni di aziende a conduzione familiare che partecipano significativamente al nutrimento del 75% dell’umanità, possiamo recuperare e ridisegnare veramente le geografie alimentari.

L’identikit del contadino del futuro? Un o una giovane che sappia valorizzare l’alleanza tra il proprio lavoro e quello del cittadino che lo consuma, affinché nasca un modello di Co-produzione dove il consumatore sia complice partecipe e consapevole del processo.

È rafforzando le economie locali della produzione alimentare che ci riapproprieremo della nostra capacità di favorire un’alimentazione sana diffusa. Senza contare che i nuovi ristoratori, possono fare molto in questo senso: difatti il mantenimento della memoria viva di una cucina distintiva locale, va di pari passo con la trasformazione e il mantenimento di materie prime di qualità. Per un cibo buono, pulito e giusto, dall’impronta caratteristica, ma destinato a tutti.

Fonte: Il Manifesto

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