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L’ITALIA PROMETTE PIÙ IMPEGNO SUL FRONTE DEL LEGAME TRA CIBO E CLIMA

L’ITALIA PROMETTE PIÙ IMPEGNO SUL FRONTE DEL LEGAME TRA CIBO E CLIMA

La sicurezza alimentare si basa sulla sostenibilità della produzione agroalimentare: l’intervento di Vincenzo Grassi, Rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, in occasione del Consiglio sui Diritti umani a Ginevra

Il forte rapporto di interdipendenza tra i cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare è stato al centro dell’intervento del Rappresentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite. A Ginevra l’Ambasciatore Vincenzo Grassi è intervenuto infatti al Consiglio Onu dei Diritti umani.

L’impatto del climate change

In particolare, nell’ambito del Dialogo Interattivo sul diritto al cibo, Grassi ha ribadito le preoccupazioni dell’Italia per «l’impatto dei cambiamenti climatici e dei conflitti sul diritto al cibo e sulla sicurezza alimentare, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo».

«Le crescenti disuguaglianze nella distribuzione del cibo – ha osservato il diplomatico – colpiscono in particolare le popolazioni indigene e le persone povere e vulnerabili».

Al riguardo Grassi ha ricordato che la Dichiarazione di Matera, adottata durante la Presidenza italiana del G20, ha riconosciuto per la prima volta che la sicurezza alimentare costituisce una priorità dell’agenda internazionale, evidenziando che «l’Italia attribuisce grande importanza al diritto di ogni persona a un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata e sufficiente».

Ridurre fame e povertà

«L’attuale Presidenza italiana del G7 – ha rassicurato – continuerà ad occuparsi del nesso cibo-clima e a promuovere iniziative sulla sicurezza alimentare e sulla tutela dell’agrobiodiversità, favorendo diete sane e la trasformazione sostenibile dei sistemi agroalimentari».

«È con questi obiettivi- ha concluso l’Ambasciatore – che l’Italia, in stretta collaborazione con Fao, Ifad e Programma Alimentare Mondiale, continuerà a contribuire attivamente agli sforzi internazionali per ridurre la povertà e la fame nelle aree più svantaggiate del mondo».

“TRANSIZIONE 5.0” PUNTA A CONIUGARE SMART E GREEN

“TRANSIZIONE 5.0” PUNTA A CONIUGARE SMART E GREEN

Tredici miliardi legati al Pnrr per favorire gli investimenti del comparto agroalimentare su modelli produttivi sostenibili. L’annuncio del ministro Adolfo Urso

«Il Piano “Transizione 5.0”, con i suoi 13 miliardi a disposizione delle imprese, contribuisce a sostenere la rivoluzione verde e digitale».

Lo ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenendo con un messaggio dal Senato all’evento “Ricerca e tecnologie per il futuro dell’industria agroalimentare”, promosso dall’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari (Otan) e da Federalimentare.

Un tavolo interministeriale per il comparto food

Transizione 5.0 è uno dei capitoli del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) ed è dettagliato in un recente intervento normativo (Decreto Legge 2 marzo 2024, n.19).

Urso ha aperto, insieme al pari grado del ministero dell’agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, un tavolo dedicato specificamente al settore agroalimentare.

Le garanzie del bio

«Grazie alla ricerca e alla tecnologia, negli ultimi anni – ha sottolineato il ministro Urso – la sicurezza alimentare è cresciuta e i costi di produzione sono diminuiti, portando sia a significative riduzioni dei prezzi che a una larga diffusione di un’alimentazione completa, varia ed equilibrata».

L’impegno in favore della sostenibilità proprio di sistemi di produzione come l’agricoltura biologica certificata fa sì che il cibo che oggi è sulle nostre tavole offra le migliori garanzie riguardo alla sanità, qualità e tutela dell’ambiente

« Il Governo è consapevole – ha concluso Urso – è consapevole che il settore vive in questo momento una fase di crisi ed è pronto a sostenerne l’impegno in termini di investimenti per favorire modelli produttivi in grado di coniugare efficienza e sostenibilità».

 

UN MONDO SEMPRE PIÙ BIO

UN MONDO SEMPRE PIÙ BIO

La corsa dell’agricoltura biologica nel mondo continua ad accelerare. Lo certificano i dati registrati da Fibl e Ifoam nel 25° rapporto “Il mondo dell’agricoltura biologica” e diffusi a Norimberga in occasione del Biofach

L’agricoltura biologica è praticata in 188 paesi e oltre 96 milioni di ettari di terreni agricoli sono gestiti biologicamente da almeno 4,5 milioni di agricoltori. Una crescita che riguarda anche il lato del consumo, visto che le vendite globali di alimenti e bevande biologici hanno raggiunto quasi 135 miliardi di euro.

Il mappamondo del settore compie 25 anni

È quanto certifica la 25a edizione di “Il mondo dell’agricoltura biologica”, pubblicata dall’Istituto di ricerca sull’agricoltura biologica FiBL e IFOAM – Organics International (clicca qui per scaricare).

Una pubblicazione che offre una rassegna completa dei recenti sviluppi nell’agricoltura biologica globale. I dati, relativi a fine 2022, sono stati presentati da Fibl e Ifoam all’ultimo Biofach.

Dai dati emerge che la crescita del biologico continua sia in Europa che nel mondo.

Più 5,1% in Europa

La superficie in biologico è infatti cresciuta del 5,1% nei Paesi UE, assestandosi a 16,9 milioni di ettari. Mentre la superficie agricola utilizzata in bio in tutto il vecchio continente è di 18,5 milioni di ettari.

L’Italia si conferma tra i Paesi più biologici d’Europa, con 2,3 milioni di ettari, dopo la Francia (2,9 milioni di ettari) e la Spagna (2,7 milioni di ettari), con una SAU bio del 18,7% circa il doppio della media europea. Il biologico italiano ha fatto registrare nel 2022 una crescita di 0,2 milioni di ettari rispetto al 2021. L’Italia mantiene il primato per quanto concerne il numero di produttori bio con oltre con 82.593 unità sui 480.000 attivi in Europa e anche per quanto riguarda il numero di trasformatori e produttori-trasformatori, quasi 24.000. Inoltre, il nostro Paese ha il primato per la variabilità di prodotti e referenze bio certificate. Qualche scatto da Biofach 2024.

Il rapporto include alcuni contributi di rappresentanti del settore biologico di tutto il mondo sul mercato globale degli alimenti biologici, importazioni biologiche, normative e politiche. Offre approfondimenti sulle tendenze attuali ed emergenti dell’agricoltura biologica in Africa, Asia, Europa, America Latina, Nord America e Oceania e riferisce su diversi paesi.

LE FUGHE IN AVANTI NORMATIVE PENALIZZANO IL BIOLOGICO ITALIANO

LE FUGHE IN AVANTI NORMATIVE PENALIZZANO IL BIOLOGICO ITALIANO

La nuova legge italiana dei controlli sul bio ci penalizza rispetto ai partner europei. Dal Biofach le considerazioni di Alessandro d D’Elia (Direttore generale di Suolo e Salute): «Serve un’armonizzazione delle norme di settore»

L’Italia è battistrada del biologico in Europa, ma le fughe in avanti normative possono compromettere quanto di buono è stato fatto finora sulla strada della sostenibilità della produzione agricola. Una riflessione che è emersa con chiarezza anche dall’ultima edizione di Biofach a Norimberga (Germania), dove Assocertbio ha organizzato un incontro sul tema della certificazione.

Legge sui controlli nel mirino

Un’assise da cui sono emerse numerose critiche riguardo alla nuova legge sui controlli nel bio (D. Lgs. N° 148 del 6.10.2023). Una legge che danneggia il settore perché, come avevamo già scritto qui: esaspera i giri di carte, ad esempio per le notifiche, introduce meccanismi perversi come quello del rating delle aziende e interviene su tariffe e sanzioni nonostante i dati mettano in luce che il settore sia in realtà tra i più virtuosi.

L’intervento di D’Elia

Al margine dell’iniziativa di Assocertbio Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute ha rilasciato a Elena Consonni le considerazioni pubblicate dal sito Geenplanet.net.

«Per sostenere il biologico italiano – afferma D’Elia – serve una completa armonizzazione delle norme». «Quando si fanno le leggi nazionali – continua – bisogna sempre conoscere come gli altri Stati europei gestiscono i medesimi aspetti, per non creare sperequazioni tra i nostri agricoltori bio e quelli di altri Paesi Ue».

Le fughe in avanti sono infatti controproducenti. «Se le nostre leggi sono più restrittive, si rischia di mantenere i produttori italiani un passo indietro agli altri, di far perdere loro delle opportunità. La nostra proposta è che ci sia una armonizzazione vera delle norme dei singoli Paesi, al là dei Regolamenti comunitari».

 

Anche perché, come certifica il Report sui controlli dell’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (Icqrf): «Il biologico dà garanzie importanti, ma deve essere messo nelle condizione di lavorare con serenità». «Nell’attuale situazione di mercato – sostiene D’Elia – non si possono disseminare paletti normativi ingiustificati che complicano la vita a enti certificatori e aziende». L’inasprimento del quadro sanzionatorio rischia infatti solo di allontanare i piccoli agricoltori dalla produzione bio. «Invece è proprio sul biologico e sulle produzioni di qualità che il nostro Paese dovrebbe puntare, perché non possiamo competere sui grandi numeri che riescono a fare altri Paesi europei».

PRODOTTI A DENOMINAZIONE PROTETTA, LA UE NE RAFFORZA LA PROTEZIONE

PRODOTTI A DENOMINAZIONE PROTETTA, LA UE NE RAFFORZA LA PROTEZIONE

Via libera da parte dell’EuroParlamento al nuovo regolamento sulle indicazioni geografiche. Diventa più difficile emulare le nostre produzioni di qualità all’interno dei confini dell’Unione

Stop alla registrazione di menzioni tradizionali identiche o che richiamino nomi di Dop e Igp, come nel caso del Prošek, il vino croato che evoca il Prosecco italiano.

Via libera da Strasburgo

L’EuroParlamento ha dato infatti il via libera definitiva alla riforma delle normative sulle Indicazioni Geografiche (IG) per il vino, le bevande alcoliche e i prodotti agricoli. Il nuovo regolamento è passato con 520 voti favorevoli, 19 contrari e 64 astensioni e contiene anche misure per proteggere le Indicazioni Geografiche online e conferire maggiori poteri ai produttori semplificando il processo di registrazione delle IG.

Tutelare la qualità e il reddito degli agricoltori

Dopo quasi tre anni di negoziato si avvia così alla conclusione il percorso di riforma del sistema delle Indicazioni Geografiche. Al più tardi in aprile e dopo il passaggio in Consiglio Agrifish, verrà pubblicato il regolamento che disciplinerà tutte le produzioni di qualità a livello europeo. Sarà quindi obbligatorio indicare il nome del produttore sull’etichetta di una Denominazione di Origine Protetta (Dop) o di una Indicazione Geografica Protetta (Igp), al fine di garantire la massima trasparenza ai consumatori. “L’obiettivo del nuovo regolamento – ha commentato il Ministro Francesco Lollobrigida è quello di difendere i prodotti certificati dai tentativi di imitazione ed emulazione».

Secondo Paolo De Castro, ex Ministro e relatore del provvedimento, «è una risposta alle domande degli agricoltori riguardo alla tutela dei prezzi dei loro prodotti».

IL CORN BELT AMERICANO AFFRONTA LA SFIDA DELLA TRANSIZIONE AL BIO

IL CORN BELT AMERICANO AFFRONTA LA SFIDA DELLA TRANSIZIONE AL BIO

Portare l’equilibrio delle rotazioni bio anche dentro i grandi appezzamenti monocolturali Usa. La sfida della conferenza scientifica Ograin 2024

L’America del Corn Belt e dei grandi appezzamenti a monocoltura di mais e soia guarda al biologico. La transizione sostenibile richiede infatti una pianificazione strategica, con una diversificazione mirata delle colture. È quanto emerge da Ograin 2024, la conferenza scientifica organizzata in Wisconsin (Usa) dall’Università di Madison (capitale di questo Stato che costeggia da ovest il lago Michigan),

I ricercatori Taylor Stewart, Michael O’Donnell e Angie Coxworth hanno condiviso preziose informazioni sulle complessità della conversione delle aziende agricole convenzionali per abbracciare pratiche agricole organiche e rigenerative, sottolineando l’importanza di strategie specifiche per località e i vantaggi economici e ambientali a lungo termine.

Pianificare la transizione organica

Secondo questi docenti la transizione all’agricoltura biologica è un processo meticoloso che varia in modo significativo in base alla posizione geografica e alle richieste del mercato. Ad esempio, Belltown Farms, che gestisce oltre 28.000 acri negli Stati Uniti, adatta le proprie strategie di rotazione e transizione delle colture per soddisfare le esigenze del mercato locale e le condizioni del terreno. «Grano e altri cereali vernini, erba medica, trifoglio e mais biologico emergono come colture preferite in un approccio di transizione graduale, dimostrando l’adattabilità necessaria per avere successo nell’agricoltura biologica».

Superare le sfide attraverso l’innovazione

Gli aspetti sfidanti della conversione riguardano la protezione delle derrate in post-raccolta, il più elevato ricorso a manodopera e gli investimenti in meccanizzazione. Ma sono problemi che possono essere risolti investendo nella creazione di reti di competenze agronomiche e cercando di migliorare la resilienza e la flessibilità della rotazione colturale.

La conferenza Ograin del 2024, secondo quanto riporta il sito Bnnnews, si è rilevato un evento fondamentale per la comunità dell’agricoltura biologica, costituendo una piattaforma per condividere esperienze, strategie e approfondimenti sulla transizione all’agricoltura biologica.