Suolo e Salute

Autore: admin

IL CORN BELT AMERICANO AFFRONTA LA SFIDA DELLA TRANSIZIONE AL BIO

IL CORN BELT AMERICANO AFFRONTA LA SFIDA DELLA TRANSIZIONE AL BIO

Portare l’equilibrio delle rotazioni bio anche dentro i grandi appezzamenti monocolturali Usa. La sfida della conferenza scientifica Ograin 2024

L’America del Corn Belt e dei grandi appezzamenti a monocoltura di mais e soia guarda al biologico. La transizione sostenibile richiede infatti una pianificazione strategica, con una diversificazione mirata delle colture. È quanto emerge da Ograin 2024, la conferenza scientifica organizzata in Wisconsin (Usa) dall’Università di Madison (capitale di questo Stato che costeggia da ovest il lago Michigan),

I ricercatori Taylor Stewart, Michael O’Donnell e Angie Coxworth hanno condiviso preziose informazioni sulle complessità della conversione delle aziende agricole convenzionali per abbracciare pratiche agricole organiche e rigenerative, sottolineando l’importanza di strategie specifiche per località e i vantaggi economici e ambientali a lungo termine.

Pianificare la transizione organica

Secondo questi docenti la transizione all’agricoltura biologica è un processo meticoloso che varia in modo significativo in base alla posizione geografica e alle richieste del mercato. Ad esempio, Belltown Farms, che gestisce oltre 28.000 acri negli Stati Uniti, adatta le proprie strategie di rotazione e transizione delle colture per soddisfare le esigenze del mercato locale e le condizioni del terreno. «Grano e altri cereali vernini, erba medica, trifoglio e mais biologico emergono come colture preferite in un approccio di transizione graduale, dimostrando l’adattabilità necessaria per avere successo nell’agricoltura biologica».

Superare le sfide attraverso l’innovazione

Gli aspetti sfidanti della conversione riguardano la protezione delle derrate in post-raccolta, il più elevato ricorso a manodopera e gli investimenti in meccanizzazione. Ma sono problemi che possono essere risolti investendo nella creazione di reti di competenze agronomiche e cercando di migliorare la resilienza e la flessibilità della rotazione colturale.

La conferenza Ograin del 2024, secondo quanto riporta il sito Bnnnews, si è rilevato un evento fondamentale per la comunità dell’agricoltura biologica, costituendo una piattaforma per condividere esperienze, strategie e approfondimenti sulla transizione all’agricoltura biologica.

LA FRANCIA STANZIA 90 MILIONI PER IL BIO, MA PER GLI AGRICOLTORI È POCO

LA FRANCIA STANZIA 90 MILIONI PER IL BIO, MA PER GLI AGRICOLTORI È POCO

A Parigi in un salone internazionale dell’agricoltura assediato dalla protesta dei trattori, il ministro Marc Fesneau annuncia un piano per il bio transalpino. Ma gli agricoltori del Fnap calcolano che i fondi raggiungeranno solo il 15% del settore

Durante una conferenza stampa al Salone Internazionale dell’Agricoltura di Parigi, il ministro francese dell’Agricoltura Marc Fesneau ha annunciato un nuovo piano di sostegno all’agricoltura biologica con un pacchetto di aiuti di 90 milioni di euro, bissando l’analogo provvedimento del 2023 (che però aveva una dotazione di 118 milioni). Ne dà notizia la rivista digitale Freshplaza.

I criteri di ammissione

I fondi saranno attribuiti secondo i seguenti criteri digressivi di ammissibilità:

  • Aziende 100% biologico e/o in conversione;
  • il 100% della produzione agricola primaria deve essere certificata biologica e/o in conversione;
  • più dell’85% in agricoltura biologica, con vendite da agricoltura biologica che rappresentano più dell’85% delle vendite totali dell’azienda agricola per l’esercizio finanziario per il quale viene pagata la compensazione.

L’azienda agricola deve aver subito il seguente degrado dei suoi indicatori economici:

– perdita di profitto operativo lordo (EBITDA) nel 2023 maggiore o uguale a 20% rispetto alla media degli esercizi chiusi tra giugno 2018 e maggio 2020;

– oppure una perdita di fatturato nel 2023/24 maggiore o uguale al 20% nell’anno finanziario compensato rispetto alla media degli esercizi chiusi tra giugno 2018 e maggio 2020.

«Non basta»

Secondo Philippe Camburet, presidente della Federazione francese dell’agricoltura biologica (FNAP), «questo fondo di aiuto biologico non è ancora sufficiente a soddisfare le esigenze del settore, che affronta una situazione di crisi. Con un importo simile, probabilmente riusciremo ad aiutare solo il 15% delle aziende agricole».

RIPRISTINO DELLA NATURA, COLPO DI CODA DEL GREEN DEAL

RIPRISTINO DELLA NATURA, COLPO DI CODA DEL GREEN DEAL

L’EuroParlamento approva a sorpresa, in una Bruxelles infiammata dalle proteste agricole, uno dei dispositivi più significativi dell’architettura verde voluta da questa legislatura ormai agli sgoccioli. L’obiettivo è contrastare il cambiamento climatico ripristinando il 30% degli habitat naturali europei entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050

Là dove c’era l’erba, tornerà. E questo grazie ad un ben assestato colpo di coda del Green deal. A sorpresa lo scorso 27 febbraio l’EuroParlamento ha approvato l’evocativo regolamento sul ripristino della natura.

Ambienti degradati da recuperare

Circa l’80% dell’habitat naturale del Vecchio Continente versa infatti in pessime condizioni, soprattutto a causa di uno sfruttamento intensivo dei mari e della terra che distrugge gli ecosistemi.  Secondo uno studio pubblicato su PNAS nel maggio 2023,  popolazione degli uccelli selvatici cala in Europa a un ritmo di 20 milioni all’anno.

Secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), per limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C sarebbe necessario ripristinare almeno il 30-50% degli ecosistemi ricchi di carbonio.

Per questo, attraverso la nuova normativa, Bruxelles punta a recuperare almeno il 30% degli habitat naturali europei (foreste, praterie e zone umide, fiumi, laghi e coralli) in cattive condizioni entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050.

Obiettivi diversificati

Per raggiungere questo obiettivo, sono stati fissati obiettivi specifici per gli insetti impollinatori, gli ecosistemi forestali, gli ecosistemi urbani, gli ecosistemi agricoli, gli ecosistemi marini e la continuità della rete di connettività fluviale.

Un clima da guerriglia urbana

Il Parlamento europeo ha approvato la normativa con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti, chiudendo definitivamente il trilogo con Commissione Ue e Consiglio. Un esito tutt’altro che scontato, visto il clima da guerriglia per le proteste agricole che hanno bloccato Bruxelles proprio nella giornata dell’Assemblea Plenaria e nonostante le elezioni europee incombenti. Lo stesso Manfred Weber, coordinatore del gruppo parlamentare del Ppe e co-negoziatore della legge, aveva provato a nascondere la mano che aveva tirato il sasso dichiarando solo una settimana prima della sua approvazione che «la legge sul r

ipristino della natura è redatta male e non è mai stata all’altezza del compito che avevamo davanti». In effetti una prima versione del dispositivo era stata bocciata solo due anni fa perché considerata troppo “ambiziosa”. Ora però la coalizione parlamentare tra centrodestra, estrema destra e nazional-conservatori non è riuscita a bloccarla principalmente, come riporta il giornale digitale Euractiv, a causa delle divisioni all’interno del gruppo liberale e di quello dei conservatori.

Pareri discordanti

Negativo il commento delle principali associazioni agricole italiane e del ministro Francesco Lollobrigida che all’Ansa ha dichiarato: «La legge sul ripristino della natura è l’elemento cardine dell’impostazione ideologica che ha messo in ginocchio il nostro mondo produttivo e rischia di ucciderlo».

«Il ripristino della natura – aveva invece dichiarato Jan Plagge , Presidente di IFOAM Organics Europe, all’indomani dell’approvazione da parte della Commissione Ambiente del Pe – dà speranza che si possa tutti insieme arrivare ad un migliore equilibrio tra agricoltura e natura». «L’agricoltura biologica -aveva aggiunto- è la prova che possiamo produrre cibo a sufficienza preservando la biodiversità, il suolo e l’acqua, e che non c’è motivo di polarizzare la protezione della natura rispetto all’agricoltura».

I punti salienti del provvedimento

L’EuroParlamento, attraverso i suoi emendamenti, ha dato priorità, entro il 2030 alle zone Natura 2000 (una larga fetta dell’agricoltura del Belpaese è praticata in queste zone). I paesi dell’Ue dovranno garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo. Inoltre, dovranno adottare piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio in che modo intendono raggiungere gli obiettivi. Tra gli indici da considerare vi è l’inversione del declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 al più tardi, per poi puntare a un aumento misurato almeno ogni sei anni.

Altri indicatori fissati per migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli vi è quello dell’incremento della popolazione delle farfalle e dell’avifauna, importanti sintomi del grado di biodiversità; l’aumento della percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio ed elevata biodiversità; l’incremento dello stock di carbonio organico nei terreni coltivati.

Per quest’ultimo obiettivo Bruxelles punta in modo particolare al ripristino delle torbiere:  almeno il 30% delle torbiere entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato). La riumidificazione continuerà a essere volontaria per agricoltori e proprietari terrieri privati.

Come richiesto dal Parlamento, la legge sul ripristino della natura prevede un freno di emergenza che, in circostanze eccezionali, consentirà di sospendere gli obiettivi relativi agli ecosistemi agricoli qualora questi obiettivi riducano la superficie coltivata al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dell’Ue.

A SLOW WINE FAIR L’APPELLO PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

A SLOW WINE FAIR L’APPELLO PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

Grande successo per la terza edizione della manifestazione enologica organizzata da Slow Food e BolognaFiere. Il vino dei piccoli produttori diventa così un esempio positivo: «Produrre in maniera più rispettosa dell’ambiente si può: occorre investire in progetti di ricerca indipendenti»

«Un modello alternativo è possibile, ma serve investire in una ricerca scientifica indipendente per aiutare chi vuole fare un’agricoltura sostenibile».

È l’appello lanciato dai produttori vinicoli di Slow Wine Fair, la manifestazione organizzata da BolognaFiere con la direzione artistica di Slow Food, conclusa il 27 febbraio presso i padiglioni di piazza Costituzione, dopo tre giorni di approfondimenti e assaggi di oltre 5.000 etichette in degustazione.

L’attenzione al suolo

L’obiettivo principale della fiera bolognese, che per la terza edizione ha riunito più di 1.000 produttori, è cambiare l’approccio all’agricoltura, partendo da un fronte cruciale – la viticoltura – e mettendo al centro la fertilità del suolo.

«L’industrializzazione dell’agricoltura – spiegano gli organizzatori – ha compromesso la salute dei suoli attraverso un uso eccessivo di sostanze chimiche di sintesi e lavorazioni profonde». A questo si aggiunge la cementificazione, che procede senza tregua.

«Ogni cinque secondi si perde una porzione di suolo fertile, equivalente a un campo di calcio. Continuando a questo ritmo si calcola che il 90% dei suoli del mondo sarà a rischio entro il 2050. Ma senza terreno fertile non c’è agricoltura e senza agricoltura non c’è cibo».

La terra è anche fondamentale per mitigare la crisi climatica: «costituisce il più grande serbatoio naturale di carbonio del pianeta e la sua capacità di stoccaggio è direttamente proporzionale alla sua fertilità».

L’esempio del vino

«Il vino, grazie al suo radicamento territoriale, la sua storia e presenza in molte nazioni, può essere un testimonial importante di questa nuova agricoltura, e i dati di crescita degli ettari vitati a biologico lo dimostrano”. In Italia, il biologico certificato ha raggiunto il 19% della superficie destinata alla viticoltura, e negli ultimi 10 anni le superfici di vite coltivate a bio sono aumentate di oltre il 145%.

IL BRAND DEL BIOLOGICO 100% ITALIANO SI FARÀ

IL BRAND DEL BIOLOGICO 100% ITALIANO SI FARÀ

È uno degli obiettivi più importanti del Piano d’azione del settore e il sottosegretario Luigi D’Eramo ne assicura il successo in una riunione al Masaf con la filiera del bio

«Sono stati avviati i passaggi previsti per realizzare il marchio biologico italiano che vogliamo sia pronto quanto prima».

Lo ha detto il sottosegretario all’Agricoltura, Luigi D’Eramo, al termine dell’incontro con i rappresentanti di settore, in cui, si legge in una nota del Masaf, «si è fatto un punto su diverse questioni, dalle Organizzazioni interprofessionali di filiera a iniziative che aiutino a comunicare il valore aggiunto dei prodotti bio».

Il rilancio parte dalla comunicazione efficace

Il rilancio del settore, ha precisato D’Eramo, «passa anche da una comunicazione efficace».

«Accanto alle campagne istituzionali credo sia utile coinvolgere soggetti come gli enti locali o la Federazione italiana dei Parchi e delle Riserve naturali. Si raggiungerebbe così un duplice risultato: favorire  il rilancio dei consumi e si cogliere le opportunità legate ad esempio ai distretti biologici».

Una spinta per superare la crisi

Come il resto dell’agricoltura – ha ricordato – anche il settore sta attraversando un periodo di difficoltà causato dai costi di produzione, da una battuta d’arresto della domanda e dagli effetti dei cambiamenti climatici. Come fatto finora continueremo a offrire il nostro sostegno alla filiera. «L’obiettivo comune è consolidare la leadership italiana e rafforzare un comparto strategico per il Paese e per la nostra agricoltura».

È BIOLOGICO IL 38% DEI VIGNETI DELLA TOSCANA

È BIOLOGICO IL 38% DEI VIGNETI DELLA TOSCANA

La Regione di Chianti, Vino Nobile e Montalcino è la locomotiva della viticoltura bio, rappresentando il 17% della superficie vitata a biologico in Italia

Su quasi 61mila ettari del vigneto toscano, 23mila sono certificati bio, ovvero il 38% del totale regionale, pari al 17% della superficie vitata a biologico in Italia.

Le anteprime delle nuove annate

Un record emerso da PrimAnteprima, l’evento che, a Firenze, apre la Settimana delle Anteprime in Toscana, con la presentazione delle nuove annate pronte ad andare in commercio.

Un dato che rende la viticoltura toscana la locomotiva italiana per il raggiungimento dell’obiettivo posto dal New green deal dell’Unione europea di toccare il 15% di sau bio entro il 2030.

Filari sostenibili in crescita

Per ora la percentuale italiana è arrivata al 19% (circa il doppio della media Ue).

La più recente fotografia della produzione vitivinicola toscana registra anche una superficie vitata in crescita da quattro anni, destinata per il 95,7% a vini a Doc e Docg, rispetto a una media nazionale che non supera il 65%. Oltre 12mila le aziende attive nella regione, per una media di cinque ettari ciascuna e una modesta propensione al modello cooperativo (18%, contro il 50% a livello nazionale).